Madoff, non ti dimenticheremo

Bernard Madoff, colto con le mani nel sacco di una truffa da 50 miliardi di dollari, ha dichiarato: “Non c’è nessuna spiegazione innocente”.

Bernard Madoff era fino a qualche tempo a il chief executive, il capo del Nasdaq Stock Exchange, cioè della borsa di New York. In parole povere, era la persona più affidabile sotto ogni punto di vista, perché gestiva buona parte del risparmio e degli investimenti finanziari. Era a capo della SEC, cioè dell’istituto di controllo della borsa di New York,quindi è stato facile per lui evadere i controllori, ammesso (e non concesso) che non ne sapessero nulla.

Non è il primo, non sarà l’ultimo caso di speculazione, che ancora una volta viene scaricata sulle banche di tutto il mondo, che come tutti capiscono scaricheranno a loro volta i costi effettivi sui risparmiatori di tutto il mondo.

Ci si comincia a chiedere quanti altri Madoff ci siano nel mondo. La risposta si chiama Cragnotti, Tanzi, Cecchi Gori, Coppola, Fiorani e Ricucci, per parlare solo dei nomi più recenti, prima di arrivare allo stesso Presidente del Consiglio,l’innominabile imprenditore di successo Berlusconi.

L’impressione è che molti “Schemi di Ponzi” stiano saltando, visto che questi meccanismi finanziari si basano sulla “fiducia” che chi chiede i soldi in prestito può offrire come “garanzia”, per poter chiedere altri prestiti senza per questo investire alcunché nell’economia reale.

Il sistema consente queste e molte altre elusioni delle regole del gioco, sempre a danno di chi non ha accesso alle informazioni giuste al momento giusto: i titoli derivati, le bolle immobiliari, i falsi in bilancio.

Molti in queste settimane hanno chiesto a gran voce una riforma moralizzatrice della finanza mondiale, con regole chiare e condivise. Sono gli stessi che fino a ieri hanno avallato più o meno nel silenzio le trasformazioni dell’economia globale di fine millennio, che ha portato delocalizzazioni in Cina, precarietà diffusa, crisi del risparmio, aumento del debito per il consumo privato.

Cinquanta miliardi di dollari. Se fossero il PIL di una nazione, si collocherebbero all’ottantesimo posto nel mondo, fra Cuba e il Turkmenistan. A metà classifica.

È difficile pensare che il sistema che regge la candela a un simile furto possa essere “moralizzato”. Forse è meglio ribadire ancora una volta le dimensioni del furto di Madoff. Cinquanta miliardi di dollari. La stampa non è ha parlato poi molto, questa notizia è uscita come un semplice elemento di ulteriore crisi del sistema. Ma qui c’è in dubbio la stessa “esigenza” di un sistema che consente questo furto e le necessarie collusioni che lo hanno potuto permettere.

Il piano di salvataggio americano delle grandi metalmeccaniche si aggirava qualche giorno fa sui quindici miliardi di dollari, una cifra che sembrava enorme. La stessa Unione Europea chiede che le misure prese dall’Italia per sostenere i costi della crisi siano “più sostanziosi”.

Nel frattempo la situazione del mondo del lavoro si fa drammatica: se la FIAT è lo specchio dell’Italia, coi suoi cinquantamila e più cassintegrati, allora le previsioni di Confindustria rischiano di essere non solo fosche, ma minimaliste, quando afferma che centinaia di migliaia di lavoratori staranno a casa non solo per Natale, ma per tutto il primo semestre del 2010.

Anche qui viene il dubbio. Dov’è la truffa? Quanto ci si può fidare, La crisi non è solo economica, ma soprattutto di fiducia verso l’economia, verso la politica, accentua la crisi che già da anni percorre e devasta il tessuto sociale dell’Occidente. Perché questa crisi dovrebbe aver raggiunto la sua fase più acuta, come continua a strillare il governatore della Banca d’Italia?

Cinquanta miliardi di dollari. Madof ha detto: “Non c’è una spiegazione innocente”. A dispetto dei giornali, non ce lo dimenticheremo.

 

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