I francesi che s’incazzano

PARIGI. Sarkozy, il presidente iperattivo, ieri aveva l’agenda vuota, come Luigi XVI che il 14 luglio del 1789 nella sua aveva scritto «niente». Ieri non c’è stata la presa della Bastiglia, il paese ha evitato la paralisi, ma lo sciopero generale è riuscito e le manifestazioni, 195 in tutta la Francia, «sono state le più grandi da vent’anni a questa parte», ha sottolineato il segretario della Cfdt, François Chérèque.
In provincia, secondo la Cgt, sono scesi in piazza due milioni e mezzo di persone, più di un milione per la polizia.
A Parigi, due ore dopo l’inizio della manifestazione a place de la Bastille c’era ancora gente ferma, tutte le strade laterali del percorso, fino all’Opéra, erano piene di persone, molte delle quali erano arrivate in centro con gli autobus organizzati dai sindacati. Come non si era visto da anni, i lavoratori del settore privato erano molto numerosi in tutti i cortei, a fianco della funzione pubblica.
Ogni categoria ha partecipato con il proprio cahier de doléances: insegnanti, ricercatori, ospedalieri, giornalisti della tv e delle radio pubbliche, magistrati, trasporti, operai dell’auto, cassiere dei supermercati, persino dei poliziotti hanno sfilato accanto ai dipendenti della Borsa e ai bancari.
I liceali erano ben presenti, anche se il governo ha disinnescato la miccia che poteva rivelarsi esplisiva sospendendo la riforma della secondaria.
Ma, al di là della proteste settoriali, c’era un sentimento comune, che non si è limitato soltanto a chiedere interventi a favore del potere d’acquisto e dell’occupazione: serpeggiava un’aria di rivolta contro il «disprezzo» con cui il potere tratta i cittadini. «Saldi all’Educazione nazionale» per gli insegnanti, «l’università promuove l’economia della conoscenza, il governo trae profitto dall’ignoranza» , diceva un cartello di un gruppo di universitari, dei ricercatori hanno chiesto «libertà per la ricerca». Le ragioni di inquietudine economica, con previsioni di una recessione duratura e di una disoccupazione che potrebbe arrivare al 10% tra un anno, si sono intrecciate con le preoccupazioni per gli attacchi alle libertà pubbliche (pene minime per i recidivi, ipotesi del carcere a 12 anni, arresti e incarcerazioni abusive come nel caso dei ragazzi di Tarnac, controllo della tv pubblica, ecc.). «Il governo deve rendersi conto di quello che succede – ha affermato Bernard Thibault, segretario della Cgt – non può limitarsi a pensare che è solo un brutto momento transitorio o un’angoscia che è legittimo esprimere». Per Thibault, bisogna «rivalutare il lavoro». Sindacati e opposizione chiedono concertazione sulle riforme, realizzate invece a passo di carica da Sarkozy, senza tener conto della qualità né del servizio né del lavoro. Ma, per il momento, Sarkozy resta fermo: «Le riforme continuano, ho un contratto morale con il paese», ha affermato la vigilia dello sciopero generale.
Ma Sarkozy da qualche giorno ha cambiato tono.
Si è detto comprensivo: «Cè sofferenza, la gente protesta», ha ammesso, quando solo pochi mesi fa faceva il fanfarone, «ormai, quando c’è sciopero, nessuno se ne accorge». Ma i suoi insistono: ieri, mentre a milioni protestavano, uno dei portavoce dell’Ump ha ancora chiesto «sanzioni» contro chi sciopera «in proporziomne al disturbo causato».
Sul seguito della giornata di ieri, molto dipendenderà dalla risposta del governo e dell’Eliseo. Il Ps, che per la prima volta da tempo era presente in forza alle manifestazioni, punta a una revisione della qualità e del ritmo delle riforme. «Il governo non ha sentito i segnali. Deve rimettere in causa il pacchetto fiscale» che nell’estate del 2007 ha regalato 15 miliardi di euro ai contribuenti più ricchi in sgravi fiscali, ha sottolienato il portavoce Benoït Hamon. La segretaria Martine Aubry ha affermato che i francesi erano in piazza per «dire basta al governo, per dire che pur lavorando non riescono ad arrivare alla fine del mese, i pensionati non ne possono più, c’è la paura dei licenziamenti» . I sindacati, che dal 2007 hanno accumulato sconfitte (35 ore, riforma dei regimi speciali delle pensioni, servizio minimo) dovranno decidere come proseguire.
Per il riformista Chérèque (Cfdt), «non potremo fare 10 manifestazioni contro la crisi». Ma Thibault (Cgt) mette in guardia: «è un avvertimento sociale di grande importanza e non una manifestazione passeggera, ci sarà un seguito». Sui luoghi di lavoro, in particolare alle ferrovie, il più radicale Sud a volte prende il sopravvento.
Per Olivier Besancenot, che la prossima settimana trasformerà la Lcr trotkista in un più allargato Nuovo Partito anticapitalista, «una giornata di sciopero non sarà sufficiente». Per il sociologo Denis Muzet, la pioggia di soldi promessa alle banche ha «alimentato un sentimento di ingiustizia che può sfociare in rivolta», fomentata dal comportamento ansiogeno di Sarkozy. Al termine della manifestazione, quando i sindacati avevano già abbandonato la piazza, ci sono stati alcuni tafferugli tra giovani e polizia che non hanno modificato il segno positivo della giornata.
Anna Maria Merlo (il manifesto, 29 gennaio).

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