È un territorio che non esce dalla notte. E che non troverà
soluzione. Quello che sta accadendo è grave, perché divengono
straordinari i diritti più semplici: avere una strada accessibile,
respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media
di un paese europeo. Vivere senza dovere avere l’ossessione di
emigrare o di arruolarsi.
E’ una notte cupa quella che cala su queste terre, perché morire
divorati dal cancro diviene qualcosa che somiglia ad un destino
condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi
amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale,
comete più vane delle discussioni bizantine e chi è all’opposizione
sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari
piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi.
Si muore di una peste silenziosa che ti nasce in corpo dove vivi e
ti porta a finire nei reparti oncologici di mezza Italia. Gli
ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un
aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni,
dotti biliari più del 12% rispetto alla media nazionale. La rivista
medica The Lancet Oncology già nel settembre 2004 parlava
di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle
discariche e le donne sono le più colpite. Val la pena ricordare
che il dato nelle zone più a rischio del nord Italia è un aumento
del 14%.
Ma forse queste vicende avvengono in un altro paese. Perché chi
governa e chi è all’opposizione, chi racconta e chi discute, vive
in un altro paese. Perché se vivessero nello stesso paese sarebbe
impensabile accorgersi di tutto questo solo quando le strade sono
colme di rifiuti. Forse accadeva in un altro paese che il
presidente della Commissione Affari Generali della Regione Campania
fosse proprietario di un’impresa – l’Ecocampania – che raccoglieva
rifiuti in ogni angolo della regione e oltre, e non avesse il
certificato antimafia.
Eppure non avviene in un altro paese che i rifiuti sono un enorme
business. Ci guadagnano tutti: è una risorsa per le imprese, per la
politica, per i clan, una risorsa pagata maciullando i corpi e
avvelenando le terre. Guadagnano le imprese di raccolta: oggi le
imprese di raccolta rifiuti campane sono tra le migliori in Italia
e addirittura capaci di entrare in relazione con i più importanti
gruppi di raccolta rifiuti del mondo. Le imprese di rifiuti
napoletane infatti sono le uniche italiane a far parte della EMAS,
francese, un Sistema di Gestione Ambientale, con lo scopo di
prevenire e ridurre gli impatti ambientali legati alle attività che
si esercitano sul territorio.
Se si va in Liguria o in Piemonte numerosissime attività che
vengono gestite da società campane operano secondo tutti i criteri
normativi e nel miglior modo possibile. A nord si pulisce, si
raccoglie, si è in equilibrio con l’ambiente, a sud si sotterra, si
lercia, si brucia. Guadagna la politica perché come dimostra
l’inchiesta dei Pm Milita e Cantone, dell’antimafia di Napoli sui
fratelli Orsi (imprenditori passati dal centrodestra al
centrosinistra) in questo momento il meccanismo criminogeno
attraverso cui si fondono tre poteri: politico imprenditoriale e
camorristico – è il sistema dei consorzi.
Il Consorzio privato-pubblico rappresenta il sistema ideale per
aggirare tutti i meccanismi di controllo. Nella pratica è servito a
creare situazioni di monopolio sulla scelta di imprenditori spesso
erano vicino alla camorra. Gli imprenditori hanno ritenuto che la
società pubblica avesse diritto a fare la raccolta rifiuti in tutti
i comuni della realtà consorziale, di diritto. Questo ha avuto come
effetto pratico di avere situazioni di monopolio e di guadagno
enorme che in passato non esistevano. Nel caso dell’inchiesta di
Milite e Cantone accadde che il Consorzio acquistò per una cifra
enorme e gonfiata (circa nove milioni di euro) attraverso
fatturazioni false la società di raccolta ECO4. I privati tennero
per se gli utili e scaricarono sul Consorzio le perdite. La
politica ha tratto dal sistema dei consorzi 13.000 voti e 9 milioni
di euro all’anno, mentre il fatturato dei clan è stato di 6
miliardi di euro in due anni.
Ma guadagnano cifre immense anche i proprietari delle discariche
come dimostra il caso di Cipriano Chianese, un avvocato
imprenditore di un paesino, Parete, il suo feudo. Aveva gestito per
anni la Setri, società specializzata nel trasporto di rifiuti
speciali dall’estero: da ogni parte d’Europa trasferiva rifiuti a
Giugliano-Villaricca, trasporti irregolari senza aver mai avuto
l’autorizzazione dalla Regione. Aveva però l’unica autorizzazione
necessaria, quella della camorra.
Accusato dai pm antimafia Raffaele Marino, Alessandro Milita e
Giuseppe Narducci di concorso esterno in associazione camorristica
ed estorsione aggravata e continuata, è l’unico destinatario della
misura cautelare firmata dal gip di Napoli. Al centro
dell’inchiesta la gestione delle cave X e Z, discariche abusive di
località Scafarea, a Giugliano, di proprietà della Resit ed
acquisite dal Commissariato di governo durante l’emergenza rifiuti
del 2003. Chianese – secondo le accuse – è uno di quegli
imprenditori in grado di sfruttare l’emergenza e quindi riuscì con
l’attività di smaltimento della sua Resit a fatturare al
Commissariato straordinario un importo di oltre 35 milioni di euro,
per il solo periodo compreso tra il 2001 e il 2003.
Gli impianti utilizzati da Chianese avrebbero dovuto essere chiusi
e bonificati. Invece sono divenute miniere in tempo di emergenza.
Grazie all’amicizia con alcuni esponenti del clan dei Casalesi,
hanno raccontato i collaboratori di giustizia, Chianese aveva
acquistato a prezzi stracciati terreni e fabbricati di valore,
aveva ottenuto l’appoggio elettorale nelle politiche del 1994
(candidato nelle liste di Forza Italia, non fu eletto) e il nulla
osta allo smaltimento dei rifiuti sul territorio del clan.
La Procura ha posto sotto sequestro preventivo i beni riconducibili
all’avvocato-imprenditore di Parete: complessi turistici e
discoteche a Formia e Gaeta oltre che di numerosi appartamenti tra
Napoli e Caserta. L’emergenza di allora, la città colma di rifiuti,
i cassonetti traboccanti, le proteste, i politici sotto elezione
hanno trovato nella Resit con sede in località Tre Ponti, al
confine tra Parete e Giugliano, la loro soluzione.
Sullo smaltimento dei rifiuti in Campania ci guadagnano le imprese
del nord-est. Come ha dimostrato l’operazione Houdini del 2004, il
costo di mercato per smaltire correttamente i rifiuti tossici
imponeva prezzi che andavano dai 21 centesimi a 62 centesimi al
chilo. I clan fornivano lo stesso servizio a 9 o 10 centesimi al
chilo. I clan di camorra sono riusciti a garantire che 800
tonnellate di terre contaminate da idrocarburi, proprietà di
un’azienda chimica, fossero trattate al prezzo di 25 centesimi al
chilo, trasporto compreso. Un risparmio dell’80% sui prezzi
ordinari.
Se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati
diverrebbero una montagna di 14.600 metri con una base di tre
ettari, sarebbe la più grande montagna esistente ma sulla terra.
Persino alla Moby Prince, il traghetto che prese fuoco e che
nessuno voleva smaltire, i clan non hanno detto di no.
Secondo Legambiente è stata smaltita nelle discariche del
casertano, sezionata e lasciata marcire in campagne e discariche.
In questo paese bisognerebbe far conoscere Biùtiful cauntri
(scritto alla napoletana) un documentario di Esmeralda Calabria,
Andrea D’Ambrosio e Peppe Ruggiero: vedere il veleno che da ogni
angolo d’Italia è stato intombati a sud massacrando pecore e bufale
e facendo uscire puzza di acido dal cuore delle pesche e delle mele
annurche. Ma forse è in un altro paese che si conoscono i volti di
chi ha avvelenato questa terra.
E’ in un altro paese che i nomi dei responsabili si conoscono
eppure ciò non basta a renderli colpevoli. E’ in un altro paese che
la maggiore forza economica è il crimine organizzato eppure
l’ossessione dell’informazione resta la politica che riempie il
dibattito quotidiano di intenzioni polemiche, mentre i clan che
distruggono e costruiscono il paese lo fanno senza che ci sia un
reale contrasto da parte dell’informazione, troppo episodica,
troppo distratta sui meccanismi.
Non è affatto la camorra ad aver innescato quest’emergenza. La
camorra non ha piacere in creare emergenze, la camorra non ne ha
bisogno, i suoi interessi e guadagni sui rifiuti come su tutto il
resto li fa sempre, li fa comunque, col sole e con la pioggia, con
l’emergenza e con l’apparente normalità, quando segue meglio i
propri interessi e nessuno si interessa del suo territorio, quando
il resto del paese gli affida i propri veleni per un costo
imbattibile e crede di potersene lavare le mani e dormire sonni
tranquilli.
Quando si getta qualcosa nell’immondizia, lì nel secchio sotto il
lavandino in cucina, o si chiude il sacchetto nero bisogna pensare
che non si trasformerà in concime, in compost, in materia fetosa
che ingozzerà topi e gabbiani ma si trasformerà direttamente in
azioni societarie, capitali, squadre di calcio, palazzi, flussi
finanziari, imprese, voti. E dall’emergenza non si vuole e non si
po’ uscire perché è uno dei momenti in cui si guadagna di più.
L’emergenza non è mai creata direttamente dai clan, ma il problema
è che la politica degli ultimi anni non è riuscita a chiudere il
ciclo dei rifiuti. Le discariche si esauriscono. Si è finto di non
capire che fino a quando sarebbe finito tutto in discarica non si
poteva non arrivare ad una situazione di saturazione. In discarica
dovrebbe andare pochissimo, invece quando tutto viene smaltito lì,
la discarica si intasa.
Ciò che rende tragico tutto questo è che non sono questi i giorni
ad essere compromessi, non sono le strade che oggi solo colpite
delle "sacchette" di spazzatura a subire danno. Sono le nuove
generazioni ad essere danneggiate. Il futuro stesso è compromesso.
Chi nasce neanche potrà più tentare di cambiare quello che chi li
ha preceduti non è riuscito a fermare e a mutare. L’80 per cento
delle malformazioni fetali in più rispetto alla media nazionale
avvengono in queste terre martoriate.
Varrebbe la pena ricordare la lezione di Beowulf, l’eroe epico che
strappa le braccia all’Orco che appestava la Danimarca: "il nemico
più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che
lentamente ti abitua a non avere più nulla". Proprio così,
abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di
capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi.
Abituarsi a non avere più nulla.
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