ROMA – Questa settimana il Consiglio di amministrazione dell’Aifa, l’Agenzia del farmaco, darà il via libera definitivo alla pasticca di mifepristone (notoriamente conosciuta col nome di RU 486) che ha consentito a milioni di donne in tutto il mondo di interrompere la gravidanza senza entrare in sala operatoria. E il governo non può fare niente, ammette Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare. Questo perché la pillola di fatto aveva già ricevuto il passaporto lo scorso febbraio, autorizzata per procedura di mutuo riconoscimento dal comitato tecnico scientifico dell’Aifa durante il governo di Romano Prodi.
Il comitato allora presieduto dall’ex capo dell’Agenzia, Nello Martini, aveva espresso parere favorevole giudicando positivo il rapporto costi-benefici purché il suo impiego fosse coerente con la 194 e fosse previsto solo in ambito ospedaliero. Il meccanismo si è messo in moto e il prodotto è all’ordine del giorno della riunione di fine d’anno del Cda dell’Aifa: «Arrivati a questo punto, non ci sono motivi per dire di no», dicono le persone bene informate sui lavori dell’organismo da cui dipende il prontuario terapeutico del nostro Paese.
La ditta francese che la produce, l’Exelgyn, ha già trovato l’azienda cui appoggiarsi in Italia per distribuirla. Restano da stabilire solo il prezzo e le modalità di prescrizione. La Ru486 potrà essere data solo in ospedale e con obbligo di almeno un giorno di ricovero. Non sarà un farmaco da portare a casa, lontane dal controllo medico. L’unica motivazione che l’Aifa potrebbe avanzare per rimandare il via libera e rinviare le inevitabili polemiche da parte del mondo cattolico (soltanto l’altro giorno il Papa ha rinnovato la sua condanna) sarebbe di carattere economico. Ma sarebbe un arrampicarsi sugli specchi.
Una svolta epocale che però in Toiscana è già realtà da tempo grazie al professor Massimo Srebot, ex primario di Ginecologia, che per primo, tre anni fa, utilizzò la pillola, richiedendola in Francia attraverso la procedura prevista per l’ acquisizione di farmaci esteri non registrati in Italia e non, come avvenuto a Torino, col meccanismo della sperimentazione.In Toscana, la differenza sarà che gli ospedali avranno in magazzino la Ru 486. Questo significa dare alle donne la possibilità di riflettere una settimana in più, quella che oggi si perde tra la richiesta e la spedizione del farmaco dalla Francia.
A Pontedera è già stata utilizzata da 250 donne e solo nel 4% dei casi c’è stato bisogno di un intervento successivo, ma mai si sono verificate sepsi o è stata necessaria una trasfusione. Il Dott. Srebot nei confronti di chi critica la pillola per la sua perciolosità afferma che "tutti i farmaci sono perciolosi e questa non lo è più di altri".