Il colosso energetico russo del gas Gazprom ha chiesto nella notte fra sabato e domenica all’Ucraina di riprendere i negoziati per le forniture di gas, dopo il fallimento del 31 dicembre che ha portato al taglio delle consegne di gas russo al paese.
Prime conseguenze sulle forniture europee della guerra del gas tra Russia e Ucraina: Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria hanno accusato un calo dei rifornimenti del gas russo che transitano sul territorio ucraino.
fabbisogno di gas. Sono loro i clienti più importanti per Mosca. Da
giorni Gazprom ha avviato una campagna mediatica per tranquillizzare i
consumatori e spiegare loro il proprio punto di vista: non è nel suo
interesse ripetere l’esperienza del 2006, quando la crisi con l’Ucraina
e la conseguente riduzione delle forniture verso la Ue incrinarono
l’immagine di affidabilità che fin dai tempi sovietici era l’orgoglio
del ministero dell’Energia, antenato di Gazprom. «Il servizio ai
consumatori europei non sarà alterato», spiega una nota della compagnia
russa che assicura di fare il possibile perché le quantità di gas
destinate all’Europa arrivino intatte a destinazione.
La diminuzione non è tale da indurre ad allarmi, ma l’Unione europea si prepara ad affrontare una crisi che vorrebbe veder risolta al più presto ma che potrebbe durare anche a lungo: domani i rappresentanti dei 27 ne discuteranno in una riunione straordinaria a Bruxelles.
Alcune considerazioni:
La Russia, uno dei principali fornitori mondiali di energia, è praticamente monopolista nella zona, grazie alla compagnia di stato Gazprom. Essa fa dunque pressione su Georgia, Bielorussia e Ucraina, con evidenti finalità politiche, utilizzando il prezzo del gas e rimuovendo la strategia dei “prezzi politici” adottata verso le ex repubbliche sovietiche.
In ambito di “politica estera” dell’energia, grande rilievo vanno assumendo le posizioni dei paesi di transito degli oleodotti e dei gasdotti, che tendono a divenire soggetti sempre più incisivi nelle dinamiche politiche degli approvvigionamenti. Significativo è il caso delle ex repubbliche sovietiche, passaggio obbligato del gas e del petrolio russo in direzione dei grandi mercati di consumo: la loro volontà di pretendere prezzi “politici” e calmierati dalle Compagnie di Stato russe – espressione diretta di un’autorità statale con la quale negoziare in termini di relativa sovranità – scatena costanti tensioni nelle forniture che mettono in discussione la “sicurezza” di tali approvvigionamenti, tanto da rendere evidente l’esigenza improcrastinabile di una strategia energetica europea e non solo.
Sarà quindi la politica delle autorità moscovite a decidere quale indirizzo dare alla propria fondamentale politica energetica che ha indubbiamente bisogno di maggiori investimenti, divenuti, dopo la fine delle privatizzazioni, una posta del bilancio dello Stato e quindi tipico oggetto di scelte “pubbliche”. In breve, sarà lo Stato a decidere come garantire e posizionare la fondamentale produzione russa. Alla ripresa della centralità della politica si affianca, in maniera quasi naturale, il ruolo della presenza militare che spinge soprattutto gli Stati Uniti a fare pressioni su vari Stati per il rafforzamento delle proprie basi, o come nel caso della Polonia e della Repubblica ceca, per installare i sistemi anti-missili, legati al progetto delle “guerre stellari” e capaci di esercitare un’indubbia influenza sulle più generali condotte economiche.
Fonti: Ansa, Il Sole 24 ore
Considerazioni tratte da:
Alessandro Volpi, Più Stato e meno mercato?
Una mappa geopolitica delle nuove prospettive internazionali