Il coccodrillo dell’AGI ne parla come di un uomo saggio e pio, come il suo nome promette. Arriva a scrivere: «dal ‘76 all’ ‘80 nunzio in Argentina (dove i suoi tentativi di mitigare la durezza della dittatura militare furono criticati fino all’accusa di connivenza con i sanguinari generali)»…
Chi conosce la storia dell’ultima dittatura argentina, chi ha letto i libri di chi ha conservato la memoria di quell’orrenda stagione (parecchi dei quali usciti pure in italiano) sa che il comunicato dell’AGI restituisce una storia fallace, inaccettabile. Il 27 aprile 1995 il cardinale Laghi dichiarava: «come potevo supporre che stavo trattando con dei mostri, capaci di buttare persone dagli aerei e altre atrocità simili? Mi si accusa di delitti spaventosi per omissione di aiuto e di denuncia, quando il mio unico peccato era l’ignoranza di ciò che veramente capitava …».
Eppure il nunzio apostolico Laghi (all’epoca non ancora cardinale) disse: «Il Paese ha un’ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi che fronteggiano i germi: così nasce la violenza. I soldati adempiono al loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d’Aquino, il quale insegna che in casi del genere l’amore per la Patria si equipara all’amore per Dio».
Questo fu il manifesto d’appoggio al genocidio espresso dal nunzio apostolico Pio Laghi, intimo nonché compagno di tennis preferito dall’ammiraglio Emilio Eduardo Massera (tessera P2 numero 478) uno degli alti gradi del triumvirato (con Videla e Agosti) che instaurò la dittatura col golpe silenzioso del 24 marzo 1976.
Qualcuno ricorderà il sequestro delle suore francesi Alice Domon e Léonie Duquet. Il Capo della Marina e membro della Giunta Militare Emilio Eduardo Massera ordinò di simulare che le monache fossero state sequestrate dai Montoneros. Alice Domon fu obbligata sotto tortura a scrivere una lettera alla sua superiora della congregazione, lettera che fu scritta in francese, spiegando che erano state sequestrate da un gruppo oppositore al governo di Videla.
Qualcuno ricorderà il sequestro delle suore francesi Alice Domon e Léonie Duquet. Il Capo della Marina e membro della Giunta Militare Emilio Eduardo Massera ordinò di simulare che le monache fossero state sequestrate dai Montoneros. Alice Domon fu obbligata sotto tortura a scrivere una lettera alla sua superiora della congregazione, lettera che fu scritta in francese, spiegando che erano state sequestrate da un gruppo oppositore al governo di Videla.
In seguito furono scattate delle foto nelle quali si vedono le due religiose sedute davanti a una bandiera dei Montoneros e ad una copia del giornale La Nación. La foto, che mostra le due suore con apparenti segni di tortura, era stata scattata nel sottopiano del Casinò Ufficiali della ESMA, la Scuola di Meccanica della Marina (all’epoca centro clandestino di detenzione, tortura e sterminio, oggi centro della Memoria), e fu inviata alla stampa francese.
Una settimana dopo il sequestro delle suore francesi Alice e Léonie, il quotidiano la Nación pubblica una notizia dell’agenzia EFE con il titolo “Vive e in buona salute”. La Madre Superiora della Congregazione, si leggeva, dichiara dalla Francia che le sorelle Léonie e Alice erano state detenute e che si trovano vive e in buona salute. Veniva anche chiarito che l’informazione proveniva dal Nunzio in Argentina, Pio Laghi.
Una settimana dopo il sequestro delle suore francesi Alice e Léonie, il quotidiano la Nación pubblica una notizia dell’agenzia EFE con il titolo “Vive e in buona salute”. La Madre Superiora della Congregazione, si leggeva, dichiara dalla Francia che le sorelle Léonie e Alice erano state detenute e che si trovano vive e in buona salute. Veniva anche chiarito che l’informazione proveniva dal Nunzio in Argentina, Pio Laghi.
Ecco cosa disse di lui María Ignacia Cercos de Delgado, moglie del giornalista Julián Delgado, scomparso nel giugno 1978: “il Nunzio apostolico Pio Laghi era a conoscenza di tutto quello che accadeva nella Scuola di Meccanica della Marina, poteva verificare i nomi dei sequestrati che lì erano rinchiusi; il comandante in capo della Marina, Armando Lambruschini, lo consultò, chiedendogli se dovesse lasciare in vita un gruppo di quaranta sequestrati che aveva ricevuto, quando aveva assunto l’incarico, dal precedente Comandante della Marina, Emilio Eduardo Massera.”
Nel marzo 1997 le Madri di Plaza de Mayo presentarono denuncia all’allora Ministro di Grazia e Giustizia Flick e al Vaticano contro Pio Laghi.
Nel marzo 1997 le Madri di Plaza de Mayo presentarono denuncia all’allora Ministro di Grazia e Giustizia Flick e al Vaticano contro Pio Laghi.
Le Madres accusavano Pio Laghi di complicità con la dittatura. Nel documento ci sono testimonianze dì ex detenuti che hanno visto Pio Laghi visitare campi di concentramento, quindi lui sapeva e non denunciò.
Inoltre nella sua confessione, il capitano di corvetta Adolfo Scilingo (vedi: Horacio Verbitsky: “Il volo. Le rivelazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos” Feltrinelli 1996, ristampato da Fandango nel 2008) afferma che la decisione di buttare a mare vivi i detenuti da aerei dell’aviazione navale, fu comunicata dall’ex comandante delle operazioni navali, il vice ammiraglio Luis María Mendía. Scilingo afferma che questa decisione fu presa dopo aver consultato le autorità ecclesiastiche, che approvarono il metodo come “una forma cristiana di morte”.
Inoltre nella sua confessione, il capitano di corvetta Adolfo Scilingo (vedi: Horacio Verbitsky: “Il volo. Le rivelazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos” Feltrinelli 1996, ristampato da Fandango nel 2008) afferma che la decisione di buttare a mare vivi i detenuti da aerei dell’aviazione navale, fu comunicata dall’ex comandante delle operazioni navali, il vice ammiraglio Luis María Mendía. Scilingo afferma che questa decisione fu presa dopo aver consultato le autorità ecclesiastiche, che approvarono il metodo come “una forma cristiana di morte”.
tratto da www.gennarocarotenuto.it,11 gennaio 2009