Riportiamo di seguito la risposta del Gruppo di studio Campagna BDS Pisa alle accuse di antisemitismo che alcuni politici hanno rivolto al gruppo in seguito alla petizione inviata a Unicoop Firenze attraverso la quale si chiede trasparenza nell’informazione rispetto alla presenza di prodotti israeliani nei propri punti vendita.
Il 4 febbraio 2009 è stata inviata a UniCoop Firenze (e per conoscenza agli organi di stampa) una petizione in cui un centinaio di soci della stessa sollecitava una maggior trasparenza nell’informare i consumatori relativamente alla precisa provenienza dei prodotti israeliani presenti nei propri punti vendita.
Testo e firme sono disponibili su Internet: www.petitiononline.com/278hyel9/petition.html La nostra semplice richiesta di informazione, necessaria per valutare l’opportunità di successive forme di mobilitazione dei soci e i consumatori Unicoop, ha sollevato reazioni scandalizzate da parte di alcuni politici, che non hanno esitato a gettarci addosso l’accusa infamante dell’antisemitismo. Poiché siamo stati apertamente ingiuriati dobbiamo ribattere in primo luogo che questa accusa è assolutamente infondata e ridicola: aborriamo la persecuzione e la discriminazione degli ebrei nel mondo e riconosciamo il diritto all’esistenza dello Stato di Israele nei confini sanciti dall’ONU (linea verde del 1967). Collaborando attivamente con pacifisti ebrei e israeliani, condividiamo la loro forte preoccupazione per l’abuso del termine "antisemitismo" che viene oggi associato a qualunque critica verso le politiche dei governi israeliani e diviene un modo per troncare ogni dibattito sulle scelte politiche e militari dello stato d’Israele. In merito alla nostra richiesta di informazioni all’Unicoop, crediamo che l’accusa di antisemitismo sia strumentale a una precisa strategia: nascondere la natura ed entità dei rapporti commerciali che intessiamo con l’economia di guerra Israeliana, e demonizzare i cittadini che scelgano la non-collaborazione con chi viola sistematicamente i diritti umani, le risoluzioni delle Nazioni Unite e le Convenzioni di Ginevra. I politici che con colpevole leggerezza rilasciano dichiarazioni così gravi mostrano altresì di avere una visione assolutistica e totalitaria della politica. Nessuno di costoro intende dialogare con noi cittadini sulla natura del problema che solleviamo, nessuno si è premurato di dirci cosa sta facendo per ottenere il rispetto dei diritti umani per la popolazione palestinese e il rispetto delle risoluzioni ONU che impongono a Israele la fine dell’occupazione. La politica italiana non può continuare a negare le radici del conflitto israelo-palestinese se intende contribuire alla soluzione di una crisi che solo nelle ultime settimane ha visto l’esercito Israeliano provocare più di 1300 morti, di cui oltre un terzo bambini. La reticenza della politica non de-responsabilizza i cittadini, per cui abbiamo deciso di prendere posizione accogliendo la chiamata all’azione della società civile palestinese e di centinaia di pacifisti israeliani. La campagna internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) a cui aderiamo ha ricevuto ampia risposta in Europa, in Nord e Sud-America e in Sudafrica da parte di associazioni, sindacati, chiese e personalità accademiche difficilmente sospettabili di antisemitismo. Ancora meno lo è la Federazione degli Ebrei Europei per una Pace Giusta (European Jews for a Just Peace) che già nel 2005 affermava: "non vi è niente di antisemita in sé nell’effettuare boicottaggi e campagne di disinvestimento contro l’occupazione israeliana. Intraprendiamo invero questa azione essendo convinti che la fine dell’occupazione sia negli interessi a lungo termine del popolo israeliano". E’ chiaro che il boicottaggio è un’iniziativa impegnativa e delicata, per questo in Italia ci stiamo muovendo con prudenza chiedendo previa informazioni sui prodotti. Siamo coscienti che questo strumento d’azione, se gestito in modo oculato, può portare a risoluzioni pacifiche anche in situazioni di estrema tensione, come fu per la campagna internazionale contro il Sudafrica dell’Apartheid negli anni 80. A noi interessa esercitare una pressione civile e politica a difesa dei diritti umani e del diritto internazionale, nella convinzione che questo favorirà la convivenza e la pace fra i popoli che vivono nelle zone martoriate del Medio Oriente. Gruppo di studio Campagna BDS Pisa