BOLOGNA 9 FEBBRAIO 2008: CORTEO NAZIONALE PER ROMPERE IL SILENZIO

A Bologna 5 compagni da
oltre tre mesi sono in carcere, in uno stato di detenzione aggravato
dall’elevato indice di vigilanza (EIV) e dalla censura sulla corrispondenza,
per aver cercato di opporsi a un TSO in una piazza del centro; altri due stanno
scontando pene da 10 mesi, non ancora definitive, per una scritta sui muri del
centro fatta in solidarietà con gli altri arrestati.

E questi sono solo gli ultimi di un lungo elenco di episodi che nei mesi
recenti hanno segnato la fitta “cronaca repressiva” bolognese.
La città è satura di divieti e il centro storico è ormai massicciamente
presidiato da polizia e vigili urbani. Vengono sgomberate case e spazi sociali,
demoliti con le ruspe gli accampamenti e le baracche dei nomadi, criminalizzate
tutte le forme di dissenso politico e sociale.
Tutto ciò in nome della “sicurezza” e della lotta al degrado, ritornelli che da
tempo riempiono le prime pagine dei giornali con l’effetto, e lo scopo, di aumentare
artificialmente il senso di insicurezza dei cittadini e di stendere sui reali
problemi della gente una cappa di silenzio assordante fatta di cinismo, di
indifferenza e di rassegnazione
Bologna sembra tornata ad essere un laboratorio nel quale, proprio attraverso
un sindaco “di sinistra”, sperimentare tecniche di controllo sempre più
raffinate e dispiegate. Il sindaco di Bologna è l’ideatore del “pacchetto
sicurezza” fatto proprio dall’assemblea dei sindaci e tramite il ministero
degli interni Amato presentato in parlamento e quindi adottato a livello
nazionale.
D’altra parte, lungi dall’essere una problematica prettamente locale, la
“questione sicurezza” è ormai diventato un cavallo di battaglia di tutti i
politici di professione a livello nazionale, un tema su cui destra e sinistra
fanno a gara nel proporre le soluzioni più liberticide possibili. In tutta
Italia, giorno per giorno, cresce l’intolleranza nei confronti delle categorie
più “deboli”. Proprio un sistema fondato sull’assoggettamento autoritario
sancisce chi è da tutelare e chi da perseguitare esponendo gli esclusi alla
violenza vigliacca: dagli attacchi ai campi rom e in generale alle comunità
immigrate, alla violenza sulle donne, dall’uso sempre più sfacciato delle
istituzioni totali, delle carceri e delle strutture psichiatriche, alle
quotidiane scorribande dei neofascisti.
Questa, progressiva, ed evidente devastazione dei rapporti sociali non avviene
casualmente e al contrario, secondo noi sta a testimoniare come sia in atto un
lucido processo di ristrutturazione che, con passi da gigante, cerca di
trasformare radicalmente le regole di questo Stato “democratico”. E più che una
restaurazione rivolta al passato crediamo rappresenti piuttosto la necessaria
condizione per il mantenimento di un sistema politico, economico e sociale
ormai basato strategicamente sulla guerra. Infatti, mentre gli eserciti di
tutte le potenze occidentali (compreso il nostro) sono impegnati in ogni angolo
del globo a massacrare le popolazioni più povere per “esportare la democrazia”,
la riduzione di ogni spazio in cui agire il dissenso e il controllo di ogni
tipo di opposizione diventa una priorità imprescindibile a tutti i livelli, da
quello internazionale a quello iper-locale: aumento della militarizzazione,
tassi di carcerazione in costante crescita, internamento e deportazione degli
immigrati, persecuzione sfacciata di ogni lotta sociale, dagli scioperi alle
occupazioni di case, dalle proteste contro la devastazione ambientale alla
opposizione alla guerra stessa. E ovviamente tra i più colpiti ci sono coloro
che si dichiarano apertamente nemici dello stato e del suo ordine sociale.
Dovrebbe essere allora evidente a chiunque non si lasci abbindolare
completamente dalla propaganda di regime che l’insicurezza reale delle persone
deriva in realtà da ben altri problemi.
Il quotidiano stillicidio di morti bianche e di incidenti sul lavoro provoca un
numero di morti, invalidi e feriti di gran lunga superiore a quello delle
vittime della criminalità. Così come l’impoverimento che colpisce la stragrande
maggioranza della popolazione non dipende da furti e rapine ma da salari sempre
più scollegati dal costo della vita in costante aumento.
L’insicurezza reale è data dall’aumento costante dei lavori precari, malpagati
e senza tutele, dai continui licenziamenti (motivati per lo più dallo
spostamento delle attività all’estero, dove è possibile sfruttare ancora più
brutalmente la manodopera con guadagni ancora maggiori per i padroni); dagli
affitti ormai insostenibili; da uno stato sociale che non ha più nulla da
offrire, anzi: si muore d’ospedale e ci si intossica soffocati dai rifiuti.

Su queste tematiche abbiamo deciso di convocare a Bologna una manifestazione
nazionale per il 9 febbraio. Un’occasione importante per riportare con il
giusto peso la “questione sicurezza” nei suoi termini reali, per denunciare
pubblicamente il terrorismo di politici e giornalisti che in tutta Italia si
adoperano per scongiurare il rischio che ci si unisca nella lotta contro i
potenti, unica via d’uscita concreta dalla miseria incalzante. Un’occasione per
riaffermare con forza la volontà di difendere gli spazi in cui agire il
dissenso messi pesantemente in discussione da queste strategie repressive.
Un occasione, insomma, per rompere il silenzio.

La manifestazione attraverserà le strade di Bologna ribadendo e articolando il
discorso fatto sinora con l’intento di portare queste riflessioni all’orecchio
degli abitanti di questa città e di coinvolgere chiunque condivida questo tipo
di necessità.
Invitiamo all’Assemblea pubblica del 23 gennaio 2008 di presentazione della
manifestazione presso la sala di Via dello Scalo alle ore 21.00.

Coordinamento “Rompere il silenzio”

 

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