I Cobas criticano l’inadeguatezza delle rivendicazioni rispetto alle necessità dei metalmeccanici


La vertenza per il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici,
scaduto ormai da 7 mesi, era partita con una piattaforma che in non poche
grandi fabbriche era stata respinta dai lavoratori e che il COBAS aveva
criticato per l’inadeguatezza delle rivendicazioni alle necessità vissute da
operai e operaie.

Così, la questione salariale veniva affrontata con un obiettivo nettamente
aldisotto del minimo indispensabile per fare recuperare alle retribuzioni il
potere d’acquisto falcidiato dal caro-vita: 117 euro lordi sul 5° livello
(quando a tutti e tutte è chiaro che ce ne vogliono almeno il doppio per
fare i conti con l’aumento dei prezzi e delle tariffe!), +
altri 30 euro lordi per le aziende prive di contrattazione aziendale.


A proposito del lavoro
precario, si chiedeva 1) il contratto
a tempo indeterminato per i lavoratori già impiegati con contratto a tempo
determinato per 3 anni di lavoro nell’arco degli ultimi 5 (dimenticando
allegramente che un tal numero di anni rappresenta lunghi segmenti di vita
fatti di ansie, incertezze, sofferenze!); 2) una quota massima di precari non superiore al 15% sulla forza-lavoro
occupata (senza rendersi conto che in una fabbrica di 1.000
dipendenti questo vuol dire qualcosa come 150 precari!).


Sull’orario
di lavoro, non si metteva per niente in discussione la flessibilità
oraria della prestazione lavorativa ormai galoppante nelle fabbriche (come
gli straordinari e il cosiddetto “orario plurisettimanale”: una settimana
lavori 48 ore e un’altra 32, con tanti “saluti e baci” al tuo tempo di vita), limitandosi
a chiedere che fosse la contrattazione aziendale tra RSU e Direzione a decidere
in merito (come se questa fosse la soluzione del problema di non far
calpestare dal padrone le proprie esigenze personali e familiari!).


Ma Federmeccanica (l’Associazione degli industriali
metalmeccanici), sfidando provocatoriamente le lotte operaie e la loro
intensificazione avvenuta a partire dall’11 gennaio, non si vergogna di
lanciare l’ultimatum della sua contro-piattaforma:

–   120 euro lordi sul 5° livello, che
però non sono una cifra superiore a quella richiesta dalla piattaforma
rivendicativa, perché quest’aumento non riguarderebbe i 6 mesi intercorrenti
tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2007 (per i quali ci sarebbero solo 250 euro)
e perché si pretenderebbe una durata della parte economica del CCNL non di 2
anni, ma di 2 anni e mezzo, sicché l’aumento reale sarebbe di 96 euro
lordi, + altri 7 euro e 50 centesimi (!!!) lordi per i dipendenti di fabbriche
senza accordi aziendali;

–      2 sabati
straordinari in più rispetto a quelli già fissati e 2 permessi annui retribuiti
(p.a.r.) in meno;

–      44 mesi di contratto a tempo determinato per
avere l’assunzione in “pianta stabile”.


Il tutto accompagnato dalla
minaccia di dare indicazioni alle aziende associate di applicare
unilateralmente le nuove “regole” al posto di quelle esistenti nel CCNL scaduto
7 mesi fa. Una minaccia tendente a frazionare il movimento di sciopero,
tentando di prendere i lavoratori per stanchezza, per fare uscire dalla lotta
quelli che dipendono da aziende disposte a praticare l’ultimatum e per far
trovare gli altri in condizioni di grave difficoltà a proseguire nella vertenza.


Una situazione che
non deve assolutamente verificarsi, anche avendo ben presente che si ha a che
fare con la stessa gente che si macchia ogni giorno, sul lavoro, di
responsabilità tanto gravi da attentare alla salute, alla incolumità fisica,
alla vita dei lavoratori.


Lo dice la tragedia della Thyssen-Krupp, la fabbrica
siderurgica di Torino dove sono morti, bruciati come torce umane, sette operai
nel mese di dicembre appena trascorso.


Una fabbrica, la cui società
di riferimento si permette di avere un amministratore delegato il quale scrive
memorandum, dove si dice che gli operai uccisi dalle fiamme “si erano
distratti” e che i loro compagni “vanno troppo in TV” a fare gli “eroi” e a
lanciare “false” accuse contro l’Azienda, mentre meriterebbero solo di essere
fermati con “azioni legali” e, in quanto ancora dipendenti, di essere puniti
con “sanzioni disciplinari”.


Non cedere in questa lotta per
il contratto è necessario anche per rispondere a tanta protervia.

Cobas lavoro privato 

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