Domani sera a Rebeldia ci sarà il benefit per Autistici/Inventati, gestori dei server su cui poggiamo la maggior parte dei nostri servizi. Proprio per questo ancora una volta pubbliciziamo la serata di domani.
Questo blog così come molti altri, vivono anche grazie a questo progetto. Senza tante ipocrisie però, domani sera durante il benefit si esibirà il collettivo Otolab e questo è un’altro buon motivo per partecipare all’evento.
Otolab nasce nel 2001 a Milano da un gruppo di affinita’ che vede musicisti, dj, vj, videoartisti, videomaker, web designer, grafici e architetti unirsi nell’affrontare un percorso comune nell’ambito della musica elettronica e della ricerca audiovisiva. Un’associazione culturale che produce live media, progetti audio e audiovisivi, installazioni, seminari e workshop.
In questi anni di lavoro, sono stati ospitati in festival, manifestazioni culturali, musei e gallerie nazionali e internazionali e hanno collaborato alla realizzazione di iniziative culturali autogestite.
Vista l’importanza, ci teniamo particolarmente a convincere tutti a partecipare all’esibizione di domani sera, per questo motivo vi riportiamo una parte di un’intervista che il progetto Digicult, ha fatto proprio ai componenti di Otolab in occasione di una loro recente esposizione alla galleria O’ di Milano. L’intervista, riguarda la presentazione di due tra i loro lavori più recenti, "Circo Ipnotico" e "Giardini Neri". Di seguito vi riportiamo solo una parte di tale intervista, a parer nostro molto interessante. L’intera intervista potete trovarla sulla rivista Digimag di febbraio 09.
Vinz
Claudia D’Alonzo (digicult): Una domanda sullo stato generale di otolab, visto dall’interno e dopo la serata nella galleria O’ che mi è sembrata molto riuscita. Come percepite questo momento di otolab, una riflessione in particolare in relazione al pubblico. Mi sembra che negli anni si sia configurato un pubblico che vi segue, attento al vostro lavoro. Percepite questa cosa?
Xo00: Si, la serata in O’ è stata un buon polso della situazione, un po’ perché non facciamo molte serate a Milano di quel tipo. A me ha dato la sensazione che fossero presenti un po’ di persone che ci seguono e insieme altre che magari arrivavano dal circuito della galleria o di Digicult.
Claudia D’Alonzo: Oltre alla serata ad O’, un bilancio degli ultimi anni su quanto siate riusciti a farvi conoscere dal pubblico?
Xo00: Sicuramente negli ultimi anni c’è stata una progressione ma non saprei definirla nel tempo. Mi viene in mente, ad esempio, quando abbiamo fatto il "Quartetto.swf" al Netmage 03: il live era molto atteso, ma noi eravamo completamente sconosciuti e c’è stata una grande partecipazione di pubblico. Questa cosa è avvenuta probabilmente, perché è girata voce, sono state scritte delle cose. Avevamo vinto poco prima l’Italian Live Media Contest, probabilmente la nostra partecipazione era stata comunicata bene…so che comunque già da allora c’era un’attesa forte. Poi, chiaro, negli anni abbiamo fatto cose diverse, che hanno avuto anche poco pubblico, in alcune occasioni. Però penso sia da lì, dal Netmage del 2004, che si è creato un pubblico italiano che ha iniziato a seguirci.
Claudia D’Alonzo: Avete un’idea del tipo di pubblico che vi segue e come secondo voi è cambiato nel tempo, visto che siete partiti dall’underground e negli anni avete frequentato festival, piuttosto che gallerie o spazi istituzionali?
Mud: Il pubblico di otolab è abbastanza eterogeneo, si va dai “flashati” ai designers o semplicemente ai cultori di immagini digitali, di interazione audio-video, di live interaction. Prevalentemente è un pubblico ampio all’interno dell’arte e dell’entertainment.
Claudia D’Alonzo: Comunque interno al mondo dell’elettronica?
Mud: Si, però molto vario, dai rave ai circuiti più colti, perché lavoriamo nel mondo della musica contemporanea come appunto in rave o spazi non istituzionali. Penso che il pubblico rispecchi bene l’eterogeneità dei nostri progetti e degli ambiti nei quali li proponiamo.
Claudia D’Alonzo: Penso questo sia uno degli aspetti più interessanti di otolab e per niente scontato: non è scontato che partendo dalla controcultura e avvicinandosi alla mondo dell’arte contemporanea e della cultura istituzionale si riesca comunque di volta in volta ad agglomerare, all’interno del vostro pubblico, questa eterogeneità, a suscitare sempre interesse. La serata in O’ mi sembra esemplifichi bene questa particolare capacità di otolab.
Orgone: La serata di Sincronie 2004 al PAC è stata un esempio fantastico in questo senso. Sincronie è un Festival di musica contemporanea che si tiene tutti gli anni a Milano, forse il festival più interessante in città. Quell’anno avevamo sviluppato diversi progetti per Sincronie. E’ stato un successo enorme di pubblico, ma la cosa più divertente è stato vedere il pubblico tradizionale della musica contemporanea a Milano, magari persone anche in là con gli anni, fianco a fianco con una parte del nostro pubblico più giovane che viene dal mondo underground, pieno di piercing e tatuaggi. Credo che sia stata un’esperienza strana per tutti quanti.
Claudia D’Alonzo: In che modo ciascuno dei vari ambiti nei quali lavorate ha influenzato il vostro lavoro, ha condizionato delle scelte negli anni sia in positivo che in negativo, sia come limitazioni che come possibilità?
Xo00: A me sembra che sin dall’inizio abbiamo viaggiato in vari ambiti, e si sia mantenuto questo stato di trasversalità negli anni, perché abbiamo al nostro interno persone che vengono da mondi molto diversi fra loro. Forse i primi tempi eravamo più pop. Però mi ricordo che fin dall’inizio, anche organizzando eventi nei centri sociali, ad esempio il Bulk di Milano, che era un posto abbastanza disastrato, senza mezzi, abbiamo comunque cercato di dare un taglio di ricerca, anche negli allestimenti, senza omologarci alle tipologie di audio o video che circolavano in quell’ambiente. Abbiamo anche organizzato un minifestival di audio-video al Bulk, invitando artisti che facevano sperimentazione piuttosto che la solita serata dance. Anche allora mi ricordo delle scelte talmente radicali che la gente non ci stava dentro. Il lavoro di ricerca e di sperimentazione c’è sempre stato. Magari portavamo progetti in ambiti che non erano adatti a ricevere quel tipo di cose, che probabilmente avrebbero funzionato di più in una galleria o in una situazione diversa
Claudia D’Alonzo: Che principio seguite nel proporre il materiale in questi ambiti così diversi?
Xo00: Innanzitutto ci sono lavori che hanno uno storyboard preciso, un tempo ben determinato e che si inseriscono bene nel format del festival. Nei centri sociali si presentano più spesso situazioni dance, di intrattenimento, con serate che durano sei/sette ore. Sono diverse le richieste.
Claudia D’Alonzo: Pensate quindi che i circuiti di controcultura, i centri sociali, che sono il vostro mondo di provenienza, siano meno attenti alla presentazione di lavori live, performance, lavori più strutturati?
Xo00: Meno? Secondo me non esistono. Io in Italia non ne ho mai sentiti. Una volta c’era il Link, che poi è diventato un locale. Noi avevamo fatto un esperimento con V_, il festival di cui parlavamo al Bulk, ma al di là di questo non vedo, in generale, molta attenzione
Mud: Festival…si la prima edizione del Netmage è nata all’interno del Link
Claudia D’Alonzo: Sì, il Netmage è un altro esempio di realtà importante nell’elettronica nata all’interno dei centri sociali. Quindi secondo voi in Italia accade che i circuiti underground siano un campo fertile nel far sorgere determinate esperienze di sperimentazione elettronica e che però poi paradossalmente questi stessi circuiti non siano attenti ed aperti alle evoluzioni di queste stesse sperimentazioni?
Xo00: Non al livello migliore rispetto alle possibilità. Manca la progettualità dall’interno in questi spazi. Io non conosco nessun centro sociale che abbia quest’interesse.
Claudia D’Alonzo: Pensate possa dipendere da una mancanza di mezzi?
Mud: Secondo me non c’è ancora una consapevolezza, un interesse reale.
Orgone: Secondo me è chiaro che per un lungo periodo i Centri Sociali sono stati un terreno di coltura molto fertile per vari tipi di sperimentazione legati alle tecnologie. A Milano ha funzionato prima con il Leoncavallo e il Conchetta, dove c’erano ECN e tutto il giro di Decoder, e poi con Breda e il Bulk, dove si è iniziato a portare una musica elettronica diversa e dove si è sviluppato l’Hacklab. Molte persone dei nostri circuiti devono tanto, in termini di sviluppo culturale, agli spazi di Movimento. E’ anche per questo che in questi giorni siamo così arrabbiati per lo sgombro di Cox18. E’ una vergogna per tutta la città. Quello che ad un certo punto è mancato è stata la capacità, da pare dei Centri Sociali, di fare un salto qualitativo progettuale nella gestione degli eventi, per cui è stato abbastanza automatico che chi aveva intrapreso percorsi internazionali più professionali si sia gradualmente allontanato. Il che poi non preclude che si continui a fare eventi negli spazi occupati, magari più legati alla dance, come il Natale Anticlericale in Torchiera.
Claudia D’Alonzo: Otolab si identifica più che altro con il live media, con la perfomance. Il lavoro dal vivo, riproduce in qualche modo il momento della progettazione, in particolare rispetto al lavoro collettivo, oppure si tratta di due forme di creazione totalmente differenti?
Mud: La produzione ha delle esigenze, il live ne ha altre. Comunque tutte le scelte che vengono fatte in fase di produzione sono pensate in funzione del lavoro dal vivo. Per quanto riguarda il live stiamo cercando di diventare sempre più intercambiabili, non escludo ad esempio che pur essendo un lavoro principalmente mio, "Giardini Neri" possa essere eseguito dal vivo da altri otolab.
Xo00: Dipende anche dal lavoro. In "Circo Ipnotico", ad esempio, siamo in cinque e c’è molta liveness, più che in altre performance, quindi è più facile che il risultato finale si trasformi, che il live sia differente se sulle macchine lavorano membri di otolab diversi. Ci sono invece live nei quali è tutto un po’ più organizzato, che hanno una progettazione dei materiali più elaborata e il risultato live non cambia molto, risulta quindi più facile intercambiarsi.
Mud: Questa cosa viene molto spontanea perché è stato un metodo condiviso fin dall’inizio da tutti: lavorare in funzione della cosa migliore da fare dal vivo. Chiaro, nei primi live non c’era l’esperienza distribuita, condivisa da tutti in modo da essere così flessibili. Ma ora, una volta stabilito il metodo, viene anche facile affrontare ogni lavoro in questo modo.
…………
Marco Mancuso (digicult): La costruzione di architetture e ambienti audiovisivi nello spazio, partendo dall’ esperienza degli architetti che sono in otolab, mi sembra una delle potenzialità ancora in parte inespresse del collettivo. Potrebbe essere una possibile evoluzione di otolab, spostarsi cioè dal live media puro, alla proiezione bidimensinale, al lavoro vero e proprio in relazione ad uno spazio, con il quale interagire e con il quale confrontarsi tridimensionalmente?
Xo00: Si, saremmo molto interessati, anche se è un po’ complicato sviluppare lavori di questo tipo: si tratta spesso di progetti site specific che pongono tutta una serie di problematiche di produzione. In parte rientra in questo tipo di ricerca anche la proiezione creata per la scorsa edizione del festival Dissonanze. Ci era stato richiesto un vjset per la terrazza del Palazzo dei Congressi di Roma. Non si trattava di un’installazione né di un live, ma abbiamo cercato, comunque, di interagire con lo spazio di proiezione. Abbiamo deciso di dare alla proiezione un taglio orizzontale, utilizzando due schermi e cercando di valorizzare la facciata del palazzo, grazie ad un’idea di Dies_, che è un architetto, trasformando l’architettura del palazzo con delle forme grafiche. Le tavole di marmo di cui è composto il muro, grazie al video, sembrano aprirsi e ruotare. Questo lavoro, dal titolo Shadow Play, sottolineava le pause tra un live e l’altro durante la serata. Per cui veniva a crearsi una piccola interazione con l’architettura, dei momenti installativi durante il vjset. Infine, un’altra modalità di lavoro con lo spazio che ci piacerebbe sviluppare è sicuramente la creazione di scenografie e ambienti audiovisivi o interattivi per il teatro. Ci piacerebbe entrare in un progetto teatrale portando il nostro contributo.
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