No, non è uno spot pubblicitario, è un’articolo apparso ieri sul Tirreno. Direte voi: che differenza c’è ? Nessuna purtroppo.
Il motto è: “i soldi dei cittadini che ci troviamo ad amministrare devono essere spesi al meglio, cioè produrre i risultati migliori a vantaggio dei cittadini stessi” ? No di certo, cerchiamo casomai di spendere il meno possibile, così rimane qualcosa per gli strumenti di controllo, inutili peraltro (telecamere ecc.).
La toscana è in prima fila in questa pratica già da tempo, non ci frega nessuno a noi. Il Sindaco canta come il Piotta: “non vi vedo, sto troppo avanti!”.
“È una svolta, questa delle esternalizzazioni, portata avanti per convinzione in modo da alleggerire la struttura e rafforzare il ruolo di programmazione e le funzioni di controllo.” L’ultima rilevazione di customer satisfaction del comune (che noi lo sappiamo l’inglese, mica scherzi) è datata (sob.) però mostra numeri buoni per l’ente, lo giura il giornalista. E dove sono le rilevazioni, come sono state compilate ?
Bè non esageriamo, non è mica un giornale quello che state leggendo, non penserete mica di trovare informazioni che vadano aldilà dello spot a favore dell’amministrazione comunale, e che diamine.
E allora le battaglie sindacali ? Quisquilie, pinzillacchere…
Tutti i maggiori servizi pubblici del comune funzionano grazie all’esternalizzazioni, come riportano le meravigliose tabelline del Tirreno. Non c’è che dire dunque, tutto funziona alla grande. L’ottimismo è il profumo della vita, peccato che non siamo all’Unieuro.
Già perchè in città i frutti dell’esternalizzazioni sono ben evidenti e non serve un sindacalista di professione per sostenerlo.
Gli appalti assegnati sulla base del ribasso maggiore, o sull’offerta economicamente più vantaggiosa (zuppa e pan bagnato) producono danni in ogni settore. I lavoratori si ritrovano a fare i conti con una precarietà endemica, presente anche nel caso dell’applicazione dei contratti a tempo indeterminato (sempre più rari). La causa sono i rinnovi e le scadenze degli appalti, le ditte che subentrano o che lasciano, di solito non si preoccupano molto della sorte dei lavoratori in servizio in quel momento. Il perchè di questo atteggiamento da parte dei privati è chiaro a tutti quelli che almeno una volta nella loro vita hanno sentito parlare della cosiddetta economia di mercato, ovvero dai tempi delle medie.
Il privato concorre per il profitto, il pubblico no. Un concetto un po’ difficile per i nostri amministratori.
Sulla qualità dei servizi stendiamo un velo pietoso. Le aziende, spesso cooperative, proprio per la funzione che svolgono, ovvero agenzie interinali che affittano lavoratori senza diritti e sottopagati, non riescono a garantire qualità nei servizi, considerando che spesso pur di vincere le gare d’ appalto propongono cifre che prevedono pochi utili, l’importante d’altronde, per molte ditte, è “fare fatturato”.
Poi c’è chi si rende conto che gli utili a volte servono, altrimenti l’azienda difficilmente dura a lungo, quindi tende a risparmiare sulle materie prime e sulla forza lavoro. Per la forza lavoro, no problem, qualche disperato che lavora per pochi denari si trova sempre, per le materie prime, no problem, a limite si costruisce un ospedale in una zona ad alto rischio sismico con un po’ più di sabbia impastata nel cemento.
Per questi motivi i servizi pubblici del comune di Pisa rischiano di finire come l’ospedale costruito all’Aquila.
È bene specificare che tutti siamo consapevoli dei problemi esistenti e delle disfunzioni del pubblico impiego (sprechi, fannulloni) nessuno si dimentica di sessant’anni di clientele dei vari partiti, compresi gli attuali (no, non basta cambiare sigla).
Questo però non giustifica il fatto che un nano, con il cuore troppo vicino al buco del culo (battuta evidentemente non mia), possa meritarsi le simpatie della gente solo perchè gioca al tiro al bersaglio con gli impiegati pubblici.
Alcuni piccoli stralci dell’articolo del Tirreno era giusto riportarli, per capire fin dove può arrivare un giornale completamente in mano a chi governa la città.
In questi giorni si fa un gran parlare del problema della libertà di informazione nel paese, giustamente aggiungo io. Tra pochi giorni ci sarà un corteo nella capitale, speriamo molto partecipato (19 settembre).
Siamo sicuri che il problema è solo il maggior proprietario dei mezzi di comunicazione del paese, oppure il modello utilizzato dal miglior presidente degli ultimi 150 anni (cit.) è fedelmente riprodotto da tutti i soggetti e organismi che si trovano al potere?
Qui non si parla della carta di Roma, che per i giornalisti di Tirreno e Nazione è probabilmente una mappa della capitale, si parla piuttosto dell’esigenza che la stampa faccia il suo lavoro, ovvero critichi e stia costantemente in guardia rispetto alle misure adottate dal potere. Se si vuole fare pubblicità al Sindaco, non sarebbe meglio fargli pagare, come a tutti, lo spazio per una normale inserzione in fondo alla pagina?
In città ci sono due zerbini, uno spostato un po’ più a destra, l’altro un po’ meno.
Leggere i giornali tutti i giorni è qualcosa che fa male al fegato, vedere spacciatori di parole, quali sono i giornalisti, propinare al pubblico termini come: Vu cumprà, vu parcheggià, zingarella… oltre ad essere in contrasto con il codice deontologico del giornalista (e la suddetta carta di Roma), è un’operazione criminale, volta a diffondere un linguaggio dichiaratamente razzista ad un popolo già pieno di pregiudizi , istigato da chi governa ad un’odio che si sfoga verso i più deboli, mai (o quasi) verso i più forti.
Il culmine si raggiunge quando si leggono gli spot di cui sopra.
Vinz
Articolo del Tirreno: esternalizzare il tirreno.pdf
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