Trenitalia. Storie di ordinaria repressione

 

Trenitalia in questo ultimo anno si è distinta nell’osteggiare i
movimenti, bloccando stazioni, treni e schierando le forze militari in tenuta
antisommossa, che non hanno esitato a caricare in diverse occasioni.

9 giugno 2007: Roma, corteo contro Bush, Trenitalia perde migliaia
di euro-star per bloccare i manifestanti nelle stazioni, all’andata e al
ritorno, si susseguono cariche della polizia soprattutto a Roma Tiburtina e
solo dopo numerosi scontri i manifestanti riescono a rientrare a casa.

6 ottobre 2007: Bologna, corteo contro lo sgombero del
laboratorio Crash con la nuova occupazione a fine manifestazione, tensione in
stazione dopo che Trenitalia ha schierato la celere per impedire ai
manifestanti diretti a nord di prendere l’euro-star dal primo binario,
controllo capillare dei biglietti (a prezzo intero) anche per le altre
destinazioni.

17 novembre 2007: Genova, corteo per i 25 imputati per i
fatti del G8 per cui vengono ipotizzati 250 anni che si ridurranno a 102 per 24
persone, chi parte da Pisa  si ritrova
fermo prima in stazione centrale e poi a La Spezia, dove è necessario bloccare
i treni per ore prima di convincere Trenitalia ha far ripartire il treno dei manifestanti
in direzione Genova.

15 dicembre 2007: Vicenza, Trenitalia richiede soldi per
posti a sedere non esistenti, e chiude al traffico un’intera stazione per non
fare ripartire i manifestanti

2 febbraio 2008 Cosenza, per il processo al sud ribelle 50
anni di condanne, impossibile scendere in treno, unica eccezione Napoli. Nessuno
riesce a spuntare un treno speciale, obbligatorio ricorrere ai pullman (con
enormi costi di noleggio).

Questi sono solo alcuni dei momenti che ritornano in mente nell’ultimo
anno, tra manifestazioni e cortei.

Questo non è l’unico problema.

Le proteste dei pendolari e dei lavoratori parlano chiaro.
Tagli al personale, sistemi di sicurezza inesistenti, treni che deragliano, il
ritardo come filosofia aziendale, prezzi inaccessibili, strutture al collasso
(dai cessi alle stazioni). Milioni di persone ogni giorno erodono il proprio
reddito e perdono il proprio tempo di vita per pagare i servizi fatiscenti di
un’azienda devastata.

Il diritto a manifestare e quello alla mobilità sono
connessi. Ogni mobilitazione, specie se nazionale o europea, deve fare i conti
con problemi logistici. I movimenti hanno spesso dato una risposta al problema
della mobilità garantendo, a chi vuole esercitare il diritto a manifestare,
un’alternativa aperta ed economica: il treno a prezzi speciali. Perché non
tutti possono permettersi di sostenere certe spese.

Inoltre non tutti hanno un partito, un sindacato o una
congregazione pronta a rigirare soldi pubblici per pagare i viaggi delle
proprie truppe. Così è per le categorie sociali senza rappresentanza politica:
giovani e studenti, migranti, precari, cioè i settori più interessati dalla
necessità di ottenere diritti sempre negati.

Con quale diritto Trenitalia chiede ai manifestanti cifre
spropositate per mettere a disposizione carrozze di quart’ordine?                                                                                                                                                    
A Trenitalia di certo non conviene questa politica di intransigenza,
chiedere il costo del biglietto intero per le manifestazioni è sconveniente per
l’azienda che tra blocchi vari ha sicuramente perso molti soldi e arrecato
numerosi disservizi anche ai normali passeggeri.

Ci si chiede allora cosa spinga la società ferroviaria di
bandiera a muoversi in modo diverso dal passato.                                                                                                                                                                            Trenitalia
inanzitutto è controllata da “Ferrovie dello Stato”, quindi è di fatto
controllata dallo Stato, che sembra aver trovato un nuovo modo per impedire ai
cittadini (del mondo) di manifestare il proprio dissenso.

Dobbiamo pensare quindi che sotto il governo di centro
sinistra la dinamica repressiva si sia spostata nelle stazioni dove i numeri di
piazza arrivano un po’ alla volta e nemmeno tutti.

Una repressione preventiva ogni qualvolta si impedisce di
far partire un treno che porta ad una manifestazione, espressione democratica
della società.

Il paradosso è enorme se si pensa che chi fa politica nei
palazzi ha i mezzi per spostarsi dove vuole, gran premi compresi e spesso ha
dimostrato di usare questi privilegi (e molti altri) per fare attività
quantomeno poco nobili.

Chi invece va a fare Politica nel senso più nobile del
termine, da fastidio e per questo il potere rende difficile, se non
manifestare, almeno arrivarci.

Ci sono poi manifestazioni che sono care ai nostri
governanti, i cosiddetti “cortei di regime”, dove i prezzi agevolati per i
treni sono più che dovuti per tutti i bravi cittadini che vogliono sfilare
nella capitale.

Che ci sia discriminazione anche per ciò
che riguarda la partecipazione alle manifestazioni di piazza?

Vedi alla voce: Family day.

 
Articolo correlato: Nella repubblica di Trenitalia bisogna occupare  le stazioni ferroviarie

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