Dopo lo spettacolare live dello scorso anno al Cantiere San Bernardo, l’eccentrico artista americano Eugene Chadbourne torna a Pisa. Questa volta sarà il palcoscenico del Caracol ad accoglierlo, domenica 28 febbraio. Per l’occasione, davvero da non perdere, pubblichiamo di nuovo la recensione che avevamo scritto in occasione del precedente concerto pisano di Chadbourne.
J. Bonnot
Eugene Chadbourne al Cantiere San Bernardo
gramigna | 14 Marzo, 2009 19:35
Quando dici che sei stato ad un concerto, spesso le prime domande che ti fanno sono “Di chi?” facile: “Chadbourne”. Domanda “E chi è?”. Già qui le cose si complicano: “è un musicista americano con decine di anni di musica sulle spalle, uno che ha collaborato con i più importanti musicisti d’avanguardia del mondo, tipo John Zorn, Han Benninck, Jello Biafra, gli Zu…”. “E cosa fa?” Qui la faccenda diventa davvero seria, perché definire le creazioni musicali di Chadbourne è davvero arduo. Provate a immaginare di prendere Fred Frith, Jonny Cash, John Zorn e Tom Waits, di mischiarli insieme e di aggiungere in fondo un po’ di Zu, ma di quelli delle improvvisazioni basate su distorsioni metalliche e totali che trasformano il suono di un basso in un rombo. Verniciate infine il tutto con una mano di ironia alla Frank Zappa. Se facendo ciò non vi viene in mente assolutamente niente di preciso, l’esperimento è riuscito, perché le creazioni di Chadbourne non sono il frutto della semplice somma di una serie di influenze, stili e idee altrui ma piuttosto il risultato di un’impostazione artistica in grado di trasformare in altro tutto quello che tocca. Nella bellissima cornice del Cantiere San Bernardo, seduto davanti ad una platea che tra gente seduta in terra e posti in piedi riempie praticamente ogni angolo del Cantiere, Chadbourne alterna ballate dissonanti ed esplosioni rumoristiche, mischia la canzone di protesta a assoli free jazz, suona pezzi per banjo e voce, pezzi per chitarra e voce, pezzi per rastrello elettrico e roba varia scovata estemporaneamente sul palco. A un certo punto affiancano l’artista americano i tre Zen Circus e ne nasce subito una cover di Folsom Prison Blues accolta a braccia aperte da una platea che, nonostante la decisa variazione del ritmo imposta dall’arrivo sul palco dei tre musicisti pisani, resta in gran parte seduta a terra. A mezzanotte, dopo più di un’ora di concerto, Chadbourne abbandona tra gli applausi il palco, e tutti, lentamente, se ne vanno. Ma il Cantiere, che in questo periodo può vantare un calendario fittissimo di eventi di grande spessore (fra tutti, il concerto di Daedelus che ci sarà il 10 maggio), non resterà vuoto a lungo: venerdì prossimo infatti sarà inaugurata la mostra fotografica Stay on Journey, di Antonio Dell’Aquila.
Jules Bonnot
Jules Bonnot