passando per Milano i migranti sfruttati sul lavoro prendono la
parola per dire basta alle discriminazioni; i migranti impiegati nel
lavoro nero dei cantieri, le migranti impiegate nella cura dei nostri cari,
quelli costretti a subire le discriminazioni nell’accesso alla casa, quelli
esclusi dal decreto flussi, irregolari non per scelta ma perché una legge
ingiusta consegna loro questa posizione subordinata nella società non tacciono più.
L’Italia è al primo posto tra i Paesi industrializzati in quanto a
lavoro nero, un fenomeno che riguarda in particolare le economie domestiche, il
settore delle pulizie, il turismo, l’edilizia e soprattutto l’agricoltura.
Cresce inoltre anche la quota di lavoratori, regolarmente assunti, ma
generalmente precari tenuti in scacco da contratti a tempo, verso cui vengono
poste in essere pratiche al limite della regolarità: mancato rispetto dei
contratti collettivi, doppia busta paga, dichiarazione numero di ore o giornate
inferiori a quelle realmente svolte.
Venticinque aprile e primo maggio sono due date importanti, che
rimandano a momenti che hanno profondamente segnato la storia della nostra
società. Nelle città degli sceriffi i migranti si mettono in marcia per difendere
i propri diritti cotro lo sfruttamento e le discriminazioni, per i diritti
sociali e diritto al posto di lavoro, ma sopratutto per dire basta alla logica
che determina i flussi specularmente alle esigenze dei mercati. Questo è la
contesa che si gioca nel terreno selettivo della cittadinanza contemporanea.
E non sarà certo l’avvento di quanti sbandierano slogan per la chiusura
delle frontiere ad interrompere questo necessario quanto inarrestabile processo di mobilità, come non sarà certo
ogni velleità di addomesticamento a determinare i tempi e gli spazi dei
fenomeni migratori.
Dal venticinque aprile al primo maggio il salto è breve, quasi fossero
un unica data, quasi a saldare insieme queste due dimensioni del conflitto
nell’auto-organizzazione: per la liberazione e contro lo sfruttamento, per le
conquiste sul terreno della cittadinanza e per quelle sul posto di lavoro.