no-offshore di livorno-pisa: una nuova iniziativa dl nome “ma non diciamo gassate”

Il gas naturale viene
normalmente
trasportato allo
stato gassoso via pipeline (gasdotto), oppure
allo stato liquido a –
1608C,
su navi cisterna appositamente
allestite.
Il tipo di t
èrminal di rigassificazione offshore di Livorno-Pisa sarebbe
costituito, per laprima volta al mondo, da
una grossa nave metaniera
modificata e ancorata a una certa distanza dalla costa, in grado di ricevere il carico di una intera nave metaniera e di r
igassificarlo, cioè di riportarlo allo
stato gassoso, adatto al trasporto via
gasdotto. 
La rigassificazione avviene tramite il
riscaldamento del gas liquido tramite lo assorbimento di calore dall’acqua di
mare, che
viene
cosi
raffreddata il terminal è connesso a terra da un gasdotto sottomarino collegato alla
rete
di distribuzione
del gas naturale.

 

Le caratteristiche del terminal che dovrebbe essere messo in funzione
al largo di Livorno sono le
seguenti:

   
Dimensioni: 288 x 48 x 40 m

   
Distanza dalla costa: 12 miglia

« Volume complessivo
serbatoi: 137500 m3

Fabbisogno di acqua per la
rigassificazione: circa 500.000.000 (cinquecento milioni) di litri
d’acqua ai giorno

CHI NE AVREBBE BISOGNO?

Di sicuro NON ne
avrebbero bisogno i toscani e tutti gii italiani. L’emergenza gas che ci ha
fatti tremare tut
ù lo scorso inverno ha infatti dei retroscena che vanno svelati. Ad
esempio negli stessi giorni in cui ci veniva
chiesto di abbassare 9 riscaldamento nelle nostre case, l’Eni vendeva
in Francia e in Germania parte del gas che
importava In Italia, il nostro paese non soffre dunque di
carenze
infrastrutturali, ma piuttosto gruppi economici hanno bisogno di nuove
infrastrutture per aumentare il volume dei
loro commerci.

La gestione delle risorse energetiche strategiche non è più in mano alla
collettivit
à, I singoli stati fanno
cos
ì fatica ad incentivare le fonti rinnovabili che
intaccano quote di mercato di aziende
private come l’Eni Nella confusione mediatica quasi
nessuno ha osservato che con poco sforzo si
possono contenere i consumi di energia e che
l’attuale corsa all’accaparramento non
è la politica più lungimirante per la sicurezza energetica e non risolve il
problema della nostra dipendenza

strategica
da altri paesi.

A CHI FAREBBE COMODO?

All’Eni in primo
luogo e a tutte le altre compagnie che sono coinvolte economicamente nei vari
livelli dell’affare. Non si tratter
à infatti di una infrastruttura pubblica
asservita agli interessi di tutti. Sar
à invece un terminal gestito da un’azienda con le logiche
del profitto proprie di un’azienda,
che però godrà di finanziamenti pubblici. NON servirà a garantirci inverni caldi, quanto piuttosto a permettere all’eni e
altri gruppi di far passare pi
ù gas attraverso l’Italia
per venderlo sui mercati
europei. Basti pensare che i due impianti di rigassificazione di
Livorno e Rosignano, se venissero

le logiche
proprie di un’azienda, che per
ò godrà di finanziamenti pubblici. NON servirà a garantirci
inverni caldi, quanto piuttosto a permettere all’Eni di far passare pi
ù gas attraverso l’Italia per venderlo sui mercati europei. Basti pensare che
se venissero costruiti
entrambi, i soli impianti di rigassificazione di Livorno e Rosignano
coprirebbero da soli il
25%
del fabbisogno italiano di gas naturale. Questo gas serve tutto per le nostre
caldaie?
Si consideri che si tratta di soli 2 impianti sul totale di 4 o 5 che
il governo ritiene essere
assolutamente necessari, anzi urgentissimi.

CHI SOFFRIREBBE PER LA SUA COSTRUZIONE?

Le popolazioni dei cosiddetti "paesi esportatori" di gas
naturale.

Ancora
oggi, logiche coloniali orientano l’informazione a proposito delle loro lotte.
Quando queste diventano
organizzate, come ne! delta del Niger, con la nascita di
movimenti come il MEND
(movement for th
è emancipation of Niger
Delta), si tende ad
identificarle
con gruppi dediti solo all’aggressione e al sabotaggio, ignorando la grande
sofferenza di
popolazioni affamate, allo stremo delle proprie forze.

La
Nigeria sarebbe il principale fornitore di gas naturale liquefatto (GNL o LNG)
al
terminal di
Livorno, in quanto l’Eni ha contratti di estrazione per grosse quantit
à di gas naturale proprio con il governo di quel paese, che
attualmente non sfrutta in pieno.

Non va però dimenticato che
il delta del fiume Niger
è oggetto di devastazioni ambientali
enormi ad opera delle aziende petrolifere transnazionali, che non esitano a
ridurre in situazioni tragiche le popolazioni
indigene e gli ecosistemi in cui queste vivono. Queste popolazioni non solo
sono private della possibilit
à di sfruttare
economicamente le
risorse
delle proprie terre, ma sono ostaggio delle loro stesse ricchezze. Con la
connivenza della
comunit
à internazionale,
infatti, le compagnie petrolifere tengono in piedi un governo di corrotti che
non esita a ricorrere alla violenza contro il suo stesso popolo per mantenere i
privilegi di cui gode grazie alla corruzione.

CHI NE HA DECISO LA COSTRUZIONE?                                     

Il progetto è ormai arrivato alla sua fase finale, seguendo numerose
vicissitudini. Il
nuovo governo non lo ha messo in discussione, anzi uno dei suoi primi
provvedimenti
è stata proprio la creazione
di una "cabina di regia" sull’energia che si
è occupata innanzitutto di sbloccare la costruzione di impianti come
quello di Livorno.

Le
popolazioni interessate dalla questione sono state tenute per lo pi
ù all’oscuro del dibattito in corso sull’opportunità di accettare la costruzione dell’impianto. I comitati
sorti
prima a Livorno e poi a Pisa sono stati accusati della solita sindrome
Not In My Back yard
(non
nel mio cortile) "diagnosticata" con grande disinvoltura a chi nutre
perplessit
à su infrastrutture
chiaramente non di interesse pubblico ma di forte impatto ambientale e
sociale.

L’opera ha trovato dei grandi sponsor nelle amministrazioni locali di
centro-sinistra,
che si sono limitate a litigarsi i pochissimi vantaggi che deriveranno
dall’opera: il comune di
Pisa,
dopo aver ottenuto dalla OLI la promessa di lavori sul canale Incile per 11 mil
di
Euro, ha deciso di
ritirare il suo ricorso al TAR contro l’opera. Il ricorso esprimeva diverse
perplessit
à a proposito dell’utilità e della sicurezza dell’opera, che evidentemente sono cadute.

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