La curva Nord si ribella “che il nostro silenzio valga più di mille parole”

Pisa – Dopo l’omicidio del tifoso della Lazio
Gabriele Sandri
la 
Curva Nord

Maurizio Alberti  ha deciso che nella
trasferta di Chievo Verona non ci sarà tifo durante la partita ma solo prima
che la sfida avrà inizio. Il comunicato della curva afferma che il silenzio
possa essere l’unica risposta alle tanto pretestuose discussioni che i media
propinano, affermando il principio per cui i morti sono uguali per tutti; Ciò
in conseguenza al fatto che la caccia all’Ultrà prevede non soltanto aspetti
persecutori al limite delle prerogative di uno stato di diritto, con
l’emanazione di specifiche norme che valgono solo per alcune categorie di
persone e prevedono pene superiori e poteri inquirenti degni di uno stato di
polizia, ma anche la criminalizzazione di una cultura, per meglio dire
controcultura. Al di là della condivisibilità o meno bisogna accettare
l’idea che il vivere Ultrà è una condizione esistenziale ed in quanto tale è
frutto del contesto in cui essa si produce. Lo stadio, unico luogo d’incontro
interclassista nelle nostre città, è luogo di confronto, scontro, è il luogo in
cui tutto ciò che fai ha la massima visibilità. Ma l’avvento della TV a
Pagamento, le società quotate in borsa, le truffe, il doping non fanno più
parte della categoria problemi del calcio mentre il nuovo problema sono le
curve violente, politicizzate e non. 
Anche da questo punto di vista bisognerebbe capire un po’ meglio alcune
dinamiche che hanno riguardato il mondo Ultrà. In tutta Italia molte curve
espongono (Amato permettendo) croci celtiche o svastiche,  e ciò non è solo per un fatto di moda, ma
anche perché qualcuno ha pensato di fare seguito negli stadi con le buone o le
cattive; da circa vent’anni infatti i movimenti dell’estrema destra italiana ed
europea in generale hanno cercato di fare proseliti nelle curve, grazie ad
organizzazioni paramilitari e ben strutturate, particolarmente adatte al clima
di “fisicità” degli stadi. Tutto questo i media fanno finta di non saperlo e
sparano a zero su di un movimento , quello ultrà, che è quanto mai
frammentario: chi accoltella (e non solo la domenica allo stadio), chi lucra
sulla propria posizione dominante attraverso merchandising, prevendite, aiuti
dalle società sportive non può essere definito ultras.

E continuano ad invocare il fantomatico
modello inglese: tifosi seduti, senza barriere, senza bandiere come se gli
holligans fossero divenuti agnellini…si sono solo spostati di 1 o 2 stazioni di
metropolitana, e semplicemente quando si scontrano non si vestono con i colori
della squadra. E come se la cultura sportiva italiana fosse come quella
inglese, come se le architetture degli stadi del bel paese fossero lontanamente
simili a quelle inglesi.

E che succede una domenica mattina alle 9:00,
molto prima che inizino le partite…

Il quadro si complica quando si scopre tra
reticenze e silenzi colpevoli che il giovane non è morto in seguito ad una
rissa, ma è stato colpito da un proiettile sparato da un poliziotto che era di
servizio dall’altra parte della carreggiata e che visti i laziali in fuga ha
deciso di fare fuoco. Per tre ore nessuna notizia. Poi le bugie. Alla fine la
resa: è stato omicidio volontario. Il giorno dell’assassinio in molte città vi
sono stati scontri con le forze dell’ordine. In risposta vi sono stati arresti
e pestaggi a Roma, Milano, Bergamo, Taranto, con migliaia di giovani che non
potevano accettare che il calcio non si fermasse per un tifoso morto ammazzato.
Così come era stato per il poliziotto morto a Catania (Raciti). Ma anche
Gabriele Sandri sarà un altro tifoso morto di calcio che finirà nel
dimenticatoio, senza che una soluzione venga effettivamente trovata.

La Polizia nella mattina dell’omicidio si affannava a
dire prima che erano stati gli Juventini incontrati sull’autogrill, poi afferma
che forse per errore un poliziotto che sparava in aria aveva involontariamente
colpito il giovane. Alla fine con tanto di testimoni e riprese delle telecamere
dell’autogrill qualcosa comincia ad emergere anche dalle dichiarazioni
ufficiali. Sembrava di rivivere il momento in cui i poliziotti accusavano altri
manifestanti di avere ucciso Carlo Giuliani con un sasso, oppure di quando
dicevano che l’ormai ex-carabiniere Placanica (calabrese anche esso come il
poliziotto di Arezzo,) avrebbe sparato in aria, ma la traiettoria del proiettile
fece sì che questo incontrasse una pietra per poi convergere su Carlo. Ma
perché la polizia può fare tutto senza mai pagarne le conseguenze? Perché le
forze armate e la pubblica sicurezza vivono questa sorta di immunità? Il
Presidente del Consiglio ed il Ministro degli Interni non rispondono, intanto,
però, bocciano la commissione d’inchiesta su Genova per i fatti del 2001. La
politica non risponde, i politicanti parlano solo di manganelli.

 

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