Orrori di stampa. L’ «opinione comune» secondo Il tirreno.

"Cacciata dalla corsia perché nomade"

Pisa_Venerdì scorso, 30 maggio, Il tirreno in cronaca di Pisa dava un discreto spazio a un clamoroso episodio di intolleranza avvenuto al reparto di ostetricia e ginecologia del Santa Chiara: Cacciata dalla corsia la mamma rom – Le partorienti non la vogliono: la zingara trasferita in una singola – Nessuna signora ricoverata ha voluto dividere la camera con lei perché nomade. Un singolare caso di apartheid nella civilissima Pisa, che desta ancora più indignazione perché effettuato nei confronti di una «nomade giovanissima», una donna, una mamma in un momento particolare della sua vita.

Asciutto e preciso nello stile il resoconto della navigata giornalista del Tirreno (non citiamo il nome per evitare polemiche meramente personali), la quale ricostruisce l’accaduto (con qualche commento di cui avremmo fatto volentieri a meno, come quando definisce i nomadi «persone meno fortunate, per quanto obiettivamente e universalmente poco amate»), dedicando alcune righe alla testimonianza di un’infermiera che ci ricorda come all’interno dell’ospedale episodi di questo tipo «succedono spesso, tutte le volte che a partorire sono persone che vivono ai margini della società», e facendo un breve cenno allo «sdegno» di un non meglio precisato gruppo di «giovani medici specializzandi» che avrebbe avvisato la stampa; per lasciare infine la parola, per buona metà dell’articolo, alla voce di un ginecologo che «preferisce naturalmente mantenere l’anonimato». Nelle parole di un tale luminare della medicina, seppur anonimo, la giornalista evidentemente ha trovato un valido referente del pensiero suo e del giornale per cui lavora: questa è la netta impressione in chi si trova a leggere ‘perle’ di saggezza di questo tipo senza alcun accenno di critica o di seppur minimo commento: «Nessuno vuol dividere la stanza con una zingara. Basta chiedere in giro per sentire cosa dice la gente e la risposta sarà sempre la stessa. Con i nomadi nessuno vuole avere a che fare. Per cui è inutile scandalizzarsi […] Non è mica una novità che nessuno li voglia accanto […] Se a questo poi si aggiungono elementi noti, come un’igiene precaria ed il timore negli altri di essere derubati, perché è inutile girarci intorno, la mancanza di sicurezza è palpabile in chi deve dividere la stanza con un nomade, il quadro è presto fatto. Nell’opinione comune la parola zingaro è associata a urla, confusione, poca pulizia e furti».

(A parte che ci sarebbe da chiedersi quale affidabilità offra un ginecologo con queste idee sugli "zingari", nel momento in cui si trovi ad interagire con una paziente nomade), di quale «opinione comune» va blaterando l’emerito ginecologo, e la giornalista con lui?

Forse allude proprio a quella ‘percezione comune di insicurezza’ che anima i dibattiti politici e giornalistici, quella sensazione diffusa ad hoc proprio dai giornali come Il tirreno tramite articoli di questo tenore che, dietro un’apparente garanzia di ‘obiettività’, di ‘aderenza ai fatti’ (l’intervista alla persona ‘importante’), da una parte puntano a mettere bene in evidenza tutti gli stereotipi negativi dello ‘straniero’, del ‘diverso’, mentre dall’altra nascondono con paurosa determinazione il vero contesto in cui si è verificato il fatto, e cioè, nello specifico, cosa è veramente accaduto in quella stanza e in quell’ospedale: una giovane donna esce dalla sala parto e nel momento in cui presumiamo (l’articolo non ne parla, preso com’è da tutt’altre considerazioni…) vorrebbe dedicare tutta la sua attenzione alla nuova vita che ha tra le braccia, viene «cacciata» in malo modo per il fatto di essere una nomade, una zingara, che secondo l’«opinione comune» significa «urla, confusione, poca pulizia e furti». Vorremmo metterci, e non ci riusciremmo mai, nei panni di quella giovane ragazza, vorremmo aver letto i suoi pensieri in quel momento, per capire cosa ha provato veramente quando si è ritrovata nel «locale riservato alle emergenze» dove è stata relegata come un’appestata, lontano dal consorzio dei ‘sani’.

L’apparente obbiettività di tono di questo come dei tanti articoli simili che oramai imperversano sulla screditata stampa italiana, cartacea e televisiva, stanno modificando in maniera strisciante e subdola la nostra percezione della realtà, diffondendo latenti paure e odi ancestrali: ne è una spia il comportamento ostile delle altre partorienti, adeguato e rispondente all’attuale livello dell’«opinione comune» rilevata dal succitato ginecologo. La categoria del tutto analoga della ‘percezione dell’insicurezza’ viene ormai costantemente usato anche dai giornalisti al posto delle statistiche, che unanimi indicano un costante calo dei fenomeni di criminalità. In evidente contiguità, a ben guardare, con l’azione governativa-nazionale delle destre e con quella amministrativa-locale di diversi comuni di centrosinistra (Pisa compresa, vedi il pacchetto sicurezza del neo-sindaco Filippeschi in materia di immigrazione e sicurezza), siffatto giornalismo becero e asservito, sia nazionale che locale, continua ad esercitare una diretta e palese influenza sul diffuso immaginario di insicurezza e di paura che turba i sonni dell’italiano medio, contribuendo non poco all’attuale processo di quotidiano imbarbarimento nei rapporti tra diverse culture.

vedi: art tirreno.doc

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