… quello che volevo dire, è che questo libro, se uno lo legge, cambia il suo modo di parlare. (Dall’introduzione di Paolo Nori a Lessico del razzismo democratico di Giuseppe Faso, Derive e approdi, 2008).
Pisa_Ieri sera al Rebeldia mancavano solamente i giornalisti dei locali quotidiani Tirreno e Nazione, ed è un peccato: avrebbero avuto non poco da meditare in due ore di appassionante dibattito intorno all’attuale diffusione, mediata in primo luogo proprio dalla carta stampata, del linguaggio e delle categorie di pensiero delle moderne forme dell’intolleranza e dell’esclusione. L’autore, intellettuale e attivista assai conosciuto sia per i suoi contributi teorici che per la sua attività per i diritti dei migranti (attivista di Africa Insieme, collaboratore alla stesura della Carta d’intenti dei comuni toscani sulle politiche migratorie, tra i fondatori della Rete antirazzista, e attualmente dirigente del Centro interculturale empolese-Valdelsa), affiancato da Giuliano Campioni, Sergio Bontempelli e Ilaria Possenti di Africa Insieme, ha snocciolato senza mezzi termini davanti a una sala attenta tutto il formulario dell’attuale "razzismo culturalista": quello che non si basa più sulle differenze di razza, ormai in pieno ventunesimo secolo più o meno messe al bando, ma su un’opinione vaga, implicita e proprio per questo più subdola perché spesso inconsapevole e indotta, che tende a identificare l’"altro" da sé con un modello culturale "naturalmente" inferiore o comunque antagonista al proprio modello di vita, e dunque da rifiutare allo stesso modo.
Notevoli i contributi in questo senso di Bontempelli e Possenti, volti a stigmatizzare proprio questo alone di "naturalità" della pretesa inferiorità della cultura "altra", veicolato proprio da quei sintagmi del "senso comune" ("si sa che…", "è opinione comune che …") che introducono, ormai purtroppo nel discorso di tutti i giorni e a tutti i livelli e i registri dello scritto e del parlato, i classici motivi stereotipi e pregiudiziali dello straniero o, meglio, dell’"extracomunitario". Per non parlare della nefasta categoria, del tutto dipendente dal lessico giornalistico e politico, ma ormai di uso più che comune, della "percezione dell’insicurezza", che ha preso il posto della lettura scientifica della realtà attraverso i dati statistici che, fra l’altro, indicano una diminuzione costante della criminalità in Italia.
Nelle parole di Giuseppe Faso, il lessico del razzismo democratico usato e abusato da giornalisti e politici dà forma a mostri inesistenti, calandoli poi in un immaginario comune che assume la consistenza della realtà, della "naturalità": non solo nei discorsi e nella comunicazione quotidiana ma, è cronaca recente, nella pratica degli assalti squadristici a cui le cronache recenti ci hanno abituato, ad opera sia delle squadracce fasciste che, fatto più grave e inedito, di interi rioni suburbani (vedi Ponticelli) o di "cittadini esasperati" con il Che Guevara tatuato sul braccio (vedi il raid del Pigneto a Roma). In questo senso la distorsione mediatica delle 50 "parole che escludono" (fra cui: albanesi, badanti clandestino, extracomunitario, opinione, percepito, sanatoria, sedicente, sicurezza, soglia, sondaggi, "vu cumprà") che il libro passa in rigorosa e attenta disamina, agisce da catalizzatore delle ansie di larghe fasce di popolazione e, in definitiva, arma le mani di chi decide di passare alle vie di fatto: e questa è una colpa storica dell’attuale becero e asservito panorama giornalistico-mediatico italiano.
Per acquistare il libro: Lessico del Razzismo democratico