Cantieri edili: storie di quotidiana illegalità

Cantieri
edili: storie di quotidiana illegalità

Quando un migrante arriva in Toscana lo fa
spesso per scappare dai ritmi e dall’emarginazione del nord Italia, o per
fuggire dal lavoro nero e paramafioso che spesso i meno fortunati sono
costretti a fare al Sud. Pensa, spesso, di poter trovare una maggiore sicurezza
su un territorio che viene da tutti definito come un’oasi felice del paese.
Anche per Abdahllah Derbali è stato così. Quando è arrivato in Italia la sua
prima destinazione fu Padova, alla fine degli anni ’80. Lavorava sui cantieri e
spesso era costretto a spostarsi per giorni. Dal 1996 non gli pagarono le
trasferte e gli annessi costi e così Derbali fece denuncia. Una poca conoscenza
dell’italiano parlato e la mediocrità dei suoi interlocutori fecero sì che a
distanza di 10 anni quella causa passata per le mani di 3 avvocati diversi fu
persa. Il sindacato a cui si rivolse non si mosse e gli altri operai
testimoniarono contro di lui.
 

Ovvero,
confermarono di essere stati pagati correttamente, facendo invalidare come
prova le decine di scontrini dei viaggi di lavoro da lui conservati. Se in
primo luogo gli furono proposti 4mila euro (sui 6mila che l’azienda gli
doveva), alla fine del processo ne deve egli stesso 2mila alle parti per i
costi del procedimento. La sentenza del processo è arrivata nelle mani di
Derbali solo nel luglio 2007, in quanto gli avvocati di Padova hanno fatto
reticenza di fronte alla richiesta della avvocata del foro di Pisa che nel
frattempo, insieme ad alcuni operatori sociali avevano preso in mano la
situazione. Infatti, Derbali, nel 2005 viene a lavorare in Toscana, grazie a
degli amici. Sembra che per lui e le sue 4 bambine che vivono in Tunisia il
peggio sia passato ma non è così.

Viene
assunto dalla Geco spa., azienda  di Caserta
che detiene molti cantieri in Toscana ed è iscritta a Viareggio. Gli viene
fatto un contratto che scade il 31 luglio 2007. 
Dal marzo dello stesso anno non viene più pagato. Quando gli operatori
si rivolgono ai sindacati, nella fattispecie Filca-cisl Lucca, emerge una
situazione molto complessa. Infatti, emerge che le buste paga sono incomplete,
che non viene versata la cassa edile, e che casi come quello di Derbali ve ne
sono già stati altri. Nonostante tutto la Geco spa. continua ad ottenere grossi
appalti pubblici e privati.

L’azienda
è sempre informata circa le ispezioni asl, e opera non curante dei vincoli di
legge legati alle norme sulla sicurezza del lavoro. Ma i sindacati non
intervengono e all’inizio di luglio rimandano ogni operazione a settembre,
causa ferie varie, cioè quando il contratto di Derbali sarà scaduto.

Da
questo momento in poi la fiducia nella legge scompare. I primi di luglio
Abdahllah decide di salire su una gru del cantiere in cui lavora ad
Ospedaletto. Vuole i soldi che l’azienda gli deve. Arrivano la polizia, i
vigili del fuoco, ma non arrivano le istituzioni. L’architetto dell’azienda gli
consegna 4mila euro in contanti (meno di quelli in suo diritto), e lui scende
dalla gru. Non gli viene permesso di parlare con la stampa ed il titolare si
chiude dietro un silenzio stampa che potrebbe significare già molto. Gli altri
operai intimoriti seguono l’esempio del padrone.

Il
giorno dopo si scatena la stampa locale, che con tanto di foto e articolini
descrive l’accaduto parlando di esagerazione dei comportamenti del lavoratore
tunisino e si chiedono come mai il signore non avesse prima cercato
l’intervento di sindacati e avvocati. Nella democratica Toscana il diritto
esiste, dicono, e non c’è bisogno di tali gesti. Sarebbe bastato informarsi
prima per capire che le cose non stavano così. I sindacati interpellati, la
CGIL per un altro lavoratore, ora andato in Tunisia e la FILCA-CISL nel caso di
Derbali, ancora oggi non sono intervenute.

Il
lavoratore decide di andare via, anche perché minacciato, una sera di agosto.
Mentre carica il furgone con le sue cose, si ferma una pattuglia della polizia.
Mentre vengono controllati i suoi documenti alla presenza di un operatore
sociale del centro d’accoglienza dove l’uomo viveva, l’agente dice alla collega
di conoscere già l’uomo, facendosi sfuggire che se era per lui l’uomo sarebbe
rimasto ancora sulla gru; ma il controllo va avanti. Dopo più di un’ora gli
agenti, ormai rientrati in auto, salutano il migrante dicendogli che farebbe
bene a starsene in Tunisia, senza tornare in Italia e tanto meno in Toscana.

Derbali
ancora non è tornato in Italia ad oggi, e forse non tornerà; ma la sua
esperienza è importante perché non ha avuto paura delle sue azioni e
probabilmente è stata di lezione per tutti coloro che lavorando nel settore
edile, si scontrano con arroganza ed illegalità.

Questa voce è stata pubblicata in Capitale/Lavoro, Cronaca Pisana, Migranti. Contrassegna il permalink.

Una risposta a Cantieri edili: storie di quotidiana illegalità

  1. Pingback: Anonimo

I commenti sono chiusi.