GAZA:
ANCORA SCONTRI, L’ANP CHIUDE I CONTATTI
– Per il secondo giorno consecutivo le forze israeliane hanno occupato
il nord della Striscia di Gaza nel tentativo di neutralizzare i lanci di razzi
palestinesi contro le città di Sderot e di Ashqelon. In risposta ai sanguinosi
scontri di ieri il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha
ufficialmente annunciato il congelamento di tutti i rapporti con Israele
inclusi i negoziati di pace, "fino a quando non cesserà l’aggressione
militare" contro Gaza. Il ministro della difesa israeliano, Ehud Barak, ha
invece fatto sapere che "é ormai sull’agenda" addirittura una
escalation delle operazioni. Il numero di raid aerei si è ridotto rispetto a
ieri, anche si registrano dieci morti
palestinesi, fra cui una bambina di 20 mesi il cui corpicino è stato estratto
dalle macerie di un’abitazione nella città di Gaza.
Sale così a 106 il numero dei morti palestinesi da quando cinque giorni fa, in
seguito all’uccisione di un civile israeliano colpito da un razzo Qassam a
Sderot, è stata sferrata questa dura offensiva costata. Il numero delle vittime
palestinesi include numerosi bambini e civili, ma le cifre su questo punto sono
contraddittorie: la Croce Rossa internazionale sostiene che almeno un terzo dei
morti sono "non combattenti", i palestinesi denunciano che i civili
sarebbero oltre la metà, secondo i vertici militari israeliani solo il 10 per
cento non erano "terroristi operativi". Nel dubbio il ministro della
giustizia israeliano Daniel Friedman, su richiesta del collega della difesa
Ehud Barak, ha chiesto di verificare se sia legalmente permesso alle forze
armate aprire il fuoco su aree palestinesi densamente abitate, quando vengono
usate da miliziani per lanciare razzi sul territorio israeliano.
E’ stato il giorno dei funerali, con i 61 morti di ieri sepolti durante
cerimonie che in alcuni casi hanno coinvolto migliaia di persone. Le esequie si
sono svolte mentre i cieli della Striscia continuavano ad essere solcati dagli
aerei-spia senza pilota alla costante ricerca di nuovi obiettivi. Le truppe
israeliane chiuse nei loro mezzi corazzati hanno continuato a sostare nella
zona intorno al campo profughi di Jabalyia, teatro dei durissimi combattimenti.
Secondo un portavoce di Hamas, il bilancio delle vittime di ieri costituisce
per i palestinesi il giorno più sanguinoso dai tempi della guerra del 1967.
Olmert si è poi detto stupito della decisione di Abu Mazen di congelare le
relazioni: "Noi siamo invece convinti – ha affermato – che ogni azione
contro Hamas dovrebbe servire a rafforzare i nostri rapporti con la leadership
palestiense più moderata". Il ministro della Difesa Ehud Barak, che
considera l’operazione "inverno caldo" (come è stata ribattezzata
l’incursione su Gaza) una legittima azione di autodifesa, ha aggiunto da parte
sua che "é ormai in agenda un’escalation delle operazioni militari".
L’incursione di ieri ha già coinvolto duemila soldati. La solidarietà verso i
palestinesi della Striscia si è tradotta in numerose manifestazioni di protesta
a Gerusalemme est e in tutta la Cisgiordania. Nella città di Hebron si sono
verificati duri scontri nel corso dei quali un ragazzino palestinese di 12 anni
è rimasto ucciso, e una quarantina di manifestanti contusi. A Ramallah per la
prima volta dopo anni si sono viste sfilare insieme le bandiere di Hamas e di
Fatah, mentre da Gaza, Hamas ha rivolto un appello all’Anp invitandola a
ricostituire un govero di unità nazionale. Proposta politicamente significativa
ma che costituisce solo un piccolissimo passo verso la difficile
riconciliazione con Abu Mazen.
Nella
notte, intanto, si è svolta la riunione d’emergenza del
Consiglio di sicurezza dell’Onu, convocata su richiesta del
presidente palestinese Abu Mazen. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha definito ”eccessivo” l’uso della
forza da parte israeliana ma allo stesso tempo ha parlato di ”atti di
terrorismo” per quanto riguarda i lanci di missili sullo Stato ebraico. Al
termine della riunione, il Consiglio di sicurezza ha chiesto alle parti, in un
documento, di mettere fine a tutte le violenze.
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