Rebeldìa: confronto per una città che non c’è. Occupate le ex-poste

Il Progetto Rebeldìa occupa le ex-poste  per
lanciare “l’altra campagna”, percorso di confronto sulla città che non c’è. Gli
attivisti vogliono una città solidale e giusta e per dirlo decidono di occupare
un posto abbandonato da 10 anni. Riportiamo il comunicato

Stamattina abbiamo occupato il palazzo che un tempo ospitava
la sede delle Poste, un altro luogo che dovrebbe essere proprietà di tutti e
invece è abbandonato da quasi 10 anni all’incuria e al degrado. L’occupazione
lancia l’altra campagna, il percorso promosso dalle associazioni per parlare
della citta’ che non c’e’.

A Pisa, come ovunque, esistono associazioni, gruppi,
esperienze molto varie ma accomunate dalla ricerca di un altro modo di
vivere, di decidere insieme e di avere a che fare con l’ambiente e con la
città. Questa parte viva della società ha, nei riguardi della politica e
delle elezioni, una relazione ambivalente, e oscilla tra il votare il
"meno peggio" (per abitudine, per cultura, per disperazione), o non
votare affatto. E molti, di fronte all’ennesima campagna elettorale vuota e
priva di contenuti, provano disillusione, noia e rabbia. Progetto Rebeldia ha
una proposta da fare a tutta la città, e in particolare alla sua parte viva e
attiva: associazioni, comitati, reti del commercio equo, realtà del mondo
ambientalista e pacifista, comunità migranti, quartieri e singoli cittadini.
Invece di "subire" la campagna elettorale, proviamo ad
"usarla", facendo sentire la nostra voce. Che si decida di votare
per questo o per quello, o di non votare affatto, badiamo alle cose, a come
cambiare il nostro modo di vivere, a come organizzare spazi e tempi della
città in cui viviamo. Vorremmo organizzare, tutti insieme, un’«altra
campagna» indipendente e parallela a quella dei partiti, che non si propone
di chiedere o imporre candidature, nè di barattare voti. L’altra campagna
"per la città che non c’è" parte dal basso e da sinistra, vive
nelle strade e le percorre, cercando di ascoltare e mobilitare le voci che da
lì provengono, che la Politica ufficiale ignora e cancella. Non vogliamo una
città in mano agli imprenditori e ai grandi proprietari immobiliari, che
rischia di vedere il suo territorio sempre più devastato.

 Vogliamo invece una
città che si sviluppa grazie alla partecipazione, una città di tutte e tutti
coloro che la abitano, a cui devono essere riconosciuti uguali diritti nella
sostanza oltre che nella forma. La città che noi stiamo costruendo è generosa
delle sue strade e delle sue piazze, dei suoi mille edifici di proprietà
pubblica da sottrarre alla speculazione e all’incuria, capace di aprire le
scuole e le università ai quartieri, impedendo la costruzione di ghetti e
l’innalzarsi di muri. Il nostro tempo è dominato da muri: i muri virtuali e non
solo delle frontiere che proteggono i privilegi acquisiti per nascita in un
territorio, i muri invisibili ma quotidiani della discriminazione e della
diffidenza che anche nella nostra città allontanano uomini, donne e bambini
stranieri dai diritti fondamentali: lavoro, salute, casa. I muri non cadono
da soli, ma vanno ribaltati creando ponti che avvicinano culture e persone, a
partire dai diritti di tutti. Diritti e dignità contro lavoro nero, lavoro
precario, lavoro malpagato, lavoro insicuro, lavoro in appalto, lavoro
esternalizzato. Datori di lavoro pubblici e privati fanno profitti con i
cantieri ed il turismo, con la ricerca ed i servizi, con le esternalizzazioni
e gli appalti alle cooperative, mentre noi non arriviamo alla quarta
settimana, con salari sempre più bassi e nessun diritto sul luogo di lavoro.
La città che non c’è ha fame di cultura e non di una città vetrina per il
turismo usa e getta, ma quella cultura molteplice necessaria per la crescita
sociale e civile di una città e dei suoi cittadini; ha bisogno di spazi per
praticare le arti e i mestieri, per imparare, diffondere e condividere. Il
libero accesso a tutte le forme della cultura è uno strumento emancipativo ed
è il principale mezzo col quale costruire un’economia alternativa, equa, locale,
sostenibile e solidale. Per queste ragioni come Progetto Rebeldìa lanciamo da
oggi fino
al 13 aprile l’altra campagna per la città che non c’è, con un fitto
programma di dibattiti, musica, teatro, azioni dirette in città ed invitiamo
tutti gli uomini, le donne, i bambini ed anziani ad aderire e a moltiplicare
le iniziative. Questo è il nostro modo di partecipare alle elezioni in questa
città, camminando e domandando ma soprattutto praticando una politica e un
fare società che le campagne elettorali ufficiali provano ad ignorare e
cancellare.

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