Pisa, 20 marzo. Serge Latouche, professore
emerito di Scienze economiche all’Università
di Parigi
XI e all’ Institut d’études du devoloppement économique et social (IEDS)
di Parigi,
nonché esponente di fama mondiale della teoria della decrescita, è in città per
una conferenza, accompagnato dal giornalista Paolo Cacciari, autore del libro
“Pensare la decrescita”. L’incontro tuttavia non si terrà, come ci si
aspetterebbe, in qualche prestigiosa aula dell’università, ma a Rebeldia.
L’intervento di Latouche costituisce infatti uno degli appuntamenti dell’Altra
Campagna organizzata dal Laboratorio per le Disobbedienze: in questi mesi in
cui in città impazza una campagna elettorale a cui si addicono perfettamente le
parole del Gattopardo, per cui “occorre che tutto cambi perché tutto resti come
prima”, i ragazzi di Rebeldia hanno deciso di lanciare un’Altra Campagna, nel
tentativo di sollevare problemi reali e di interrogare la politica ufficiale
cittadina su temi di discussione realmente importanti. In questo contesto, la
presenza di Latouche a Pisa costituisce una vera e propria sfida a una classe
politica che, da destra a sinistra, non fa che sbandierare un imprecisato
sviluppo economico-tecnologico come unica soluzione per risolvere i problemi della
nostra città: la soluzione del cosiddetto “problema sicurezza”, non viene
legata al superamento di situazioni di povertà ed emarginazione, ma ad un
aumento del controllo, attraverso l’istallazione di telecamere e la presenza di
forze dell’ordine; la carenza di spazi di aggregazione non mercificati non
viene combattuta attraverso l’apertura di spazi pubblici chiusi e abbandonati
al degrado, come la Mattonaia o il Bastione San Gallo, ma attraverso
fantomatici progetti urbanistici che porteranno a una massiccia
cementificazione della nostra città.
A politiche di tal fatta,
Latouche oppone l’ideale della decrescita: di fronte a una platea occupata da
almeno trecento persone, il professore apre il suo intervento rivendicando il
carattere utopico della decrescita, ma precisando che il termine utopia è inteso
in un senso ben preciso: la decrescita è utopica non perché irraggiungibile,
inattuabile, ma perché tenta di opporsi all’apparente immutabilità del reale
leggendolo attraverso la luce del possibile. In questo senso utopistica è
piuttosto la politica basata sulla crescita, che impone un modello di fatto
irraggiungibile, inattuabile. La politica della crescita, implicita in
qualsiasi programma di governo, è basata su un fraintendimento dell’ideale
illuministico di progresso, per cui il progresso tecnologico ed economico
indiscriminato diventa l’unica via per emancipare l’umanità intera. Al
contrario, com’è ormai evidente, un ideale di questo genere sta portando ad un
acuirsi delle differenze economiche, ad un generale peggioramento delle
condizioni di vita, al collasso ecologico del pianeta. A tutto ciò Latouche
oppone un progetto politico basato prima di tutto su una deeconomicizzazione dell’immaginario, su una rivoluzione culturale
in grado di estirpare dalle coscienze un ideale di progresso legato al
consumismo e al possesso. Nel suo intervento il professore enumera i principali
punti attraverso i quali si articola il pensiero della decrescita: si parla di
rilocalizzazione, rivalorizzazione dell’agricoltura contadina, diminuzione
delle spese per pubblicità e trasporti, adozione di abitudini e stili di vita
sostenibili.
Cacciari nel suo intervento
riprende i temi di Latouche, mostrando soprattutto come sia assurdo pensare che
la politica della crescita, che è la causa della maggior parte dei problemi
della nostra società, possa essere adottata come soluzione di questi stessi
problemi. L’intervento del giornalista è breve, e ben presto inizia un fitto
dibattito che tocca diversi temi: ci sono i rappresentanti del Gas di Pisa
(Gruppo di acquisto solidale), che ribadiscono come il loro progetto sia un
esempio di politica della decrescita; c’è il comitato contro l’off-shore, che
mostra come la politica della decrescita ruoti intorno a lotte come quella
contro impianti inquinanti come il rigassificatore; ci sono anche interventi
velatamente critici: il principale dubbio è espresso da chi chiede se gli
esempi di piccole economie basate sulla decrescita, come il gas, funzionano
solo su piccola scala, finché rimangono comportamenti di nicchia. La politica
della decrescita, se attuata a livello globale, funzionerebbe? E come
conciliare una politica di questo genere con i progressi attuati in campo
medico, o informatico? È necessario ridurre anche questo tipo di sviluppo?
Cacciari risponde riportando
esempi che mostrano che esperienze come quelle dei gas sono sempre meno di
nicchia, eppure continuano a funzionare. Tuttavia qualche dubbio rimane. Da un
grande economista come Latouche ci si aspetterebbero soluzioni precise, analisi
che mostrino come effettivamente sia possibile mettere in pratica il programma
di decrescita di cui è fautore, mentre sembra che il professore si mantenga
piuttosto su un piano ideale, insistendo molto sulla necessità di un
cambiamento dell’immaginario che sembra spesso avere un carattere individuale.
Al di là dei dubbi, tuttavia, la
serata organizzata da Rebeldia ha fornito un importante spazio di discussione
all’interno del quale un vasto numero di persone si sono interrogate, ponendo
domande e tentando di cercare risposte, su problemi che la campagna elettorale
ufficiale non considera neppure tali.