sta giocando sulla sicurezza: si parla di quartieri ostaggio di degrado e
microcriminalità, si attribuiscono questi problemi alla presenza di alcune
categorie di migranti – Rom, irregolari, ambulanti e si propongono “ricette”
repressive, come lo sgombero dei campi o l’allontanamento degli “abusivi” dal
Duomo. Questa immagine di “cittadella assediata” contrasta però con la realtà
in cui viviamo: un territorio tranquillo, dove i fenomeni criminali sono contenuti
entro limiti fisiologici. La crescita della presenza migrante pone, è vero,
questioni inedite, che però non hanno nulla a che vedere con la sicurezza.
Emblematico è il dibattito sul quartiere
Stazione: la zona è punto di riferimento di molti stranieri, che qui trovano
attività commerciali, luoghi di ritrovo, phone-center, ristoranti “etnici”,
Kebab, negozi di bigiotteria e abbigliamento. Questo, evidentemente, non ha
nulla a che vedere con la sicurezza: e i problemi, che pure ci sono, rischiano
di venire oscurati dall’insistenza per l’ordine pubblico. Occorre anzitutto
affrontare la questione del degrado fisico: serve una cura adeguata di strade e
marciapiedi, una maggiore frequenza nel ritiro della spazzatura, una maggior illuminazione
delle strade, la chiusura del cantiere davanti alle Poste e una destinazione
d’uso per i numerosi immobili sfitti della zona. I fenomeni di alcolismo,
tossicodipendenza e marginalità devono trovare risposte adeguate,
dall’incremento dei posti-letto nei dormitori al rafforzamento della presenza
di operatori di strada. E i conflitti tra commercianti italiani e stranieri
vanno ricomposti con il dialogo, attivando appositi tavli per la risoluzione di
problemi specifici. Anche la questione delle cosiddette “baraccopoli” è stata
affrontata con superficialità. Si è parlato di invasione, quando dati ufficiali
ci dicono che le presenze sono rimaste sostanzialmente stabili. Si è invocata
l’insicurezza dei residenti vicini ai “campi”, quando il problema è
l’esclusione abitativa di chi abita in baracche: che va affrontata
incrementando gli alloggi per l’emergenza, e prevedendo l’inclusione nel
programma Città Sottili di nuove famiglie, man mano che quelle già accolte si
rendono economicamente autonome. Gli sgomberi, invece, incrementano le
sofferenze di queste persone e non risolvono nulla, limitandosi a “spostare”
interi gruppi da quartiere a quartiere. Infine, in nome di una fraintesa
legalità, si sono criminalizzati migranti che vendono accendini e povere merci
contraffatte: un reato, questo, analogo alla riproduzione non autorizzata di un
cd musicale… E invece di affrontare il nodo vero molti “vendono” perché non
hanno il soggiono e non possono quindi lavorare si è preferita la “linea
dura”. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: un dispiegamento inedito di
violenza, con molti casi di migranti feriti, senza che la presenza di venditori
sia diminuita. È tempo di agire in modo diverso, aprendo un tavolo tra migranti
e operatori commerciali.
Questi esempi ci dicono quanto la
cornice della sicurezza sia fuorviante per affrontare i problemi della città.
Sul tema specifico dei migranti, i veri nodi non sono la legalità o la
sicurezza, ma i diritti e l’accoglienza. I diritti, spesso negati, sono quelli
alla salute, alla casa, al lavoro, alla partecipazione ed è proprio su questo
che il Comune può intervenire perché questioni di propria competenza: occorre
garantire a tutti le cure sanitarie, facilitandone l’accesso in particolare
agli irregolari; si deve proseguire il percorso per il riconoscimento del
diritto di voto, opponendosi in sede legale alla bocciatura del Governo; deve
essere concessa la residenza anagrafica, come prevede la legge, anche
accettando dimore improprie, campi o baracche; si deve combattere il lavoro
nero, lavorando con la
Prefettura per l’emersione dei migranti irregolari.
Sull’accoglienza, non si parte da zero, perché il Comune ha già attivato
numerosi servizi: e se alcuni di essi come il programma “Città Sottili” per
l’iserimento abitativo dei Rom vanno rafforzati e ampliati rendendoli
comunque attinenti alla dinamicità della realtà, altri vanno ripensati a fondo.
Oggi si spendono ingenti risorse per strutture che accolgono stranieri adulti
in età da lavoro, mentre i bisogni sono cambiati, e la domanda di accoglienza
riguarda spesso intere famiglie con donne e bambini (che attualmente non
trovano risposta).
È di questi temi che si deve
discutere, non di un’astratta questione sicurezza: dietro la quale, negli
ultimi mesi, si sono nascosti i nodi veri della nostra città.
Hanno aderito: Ass. Casa della
Donna; Africa Insieme; Ass. Comedor Estudiantil Giordano Liva; Ass. Mezclar;
Lab. Disob. Rebeldia; Marcello Cella, giornalista; Alfonso M. Iacono, doc.
univ., preside Facoltà di Lettere; Giorgio Gallo, doc. univ., Presid. Corso di
Laurea Scienze della Pace; Gianfranco Fioravanti, doc. univ.; Padre Agostino
Rota Martir, sacerdote cattolico, campo Rom di Coltano; Matar N’Diaye, Pres.
Consiglio Prov. degli Stranieri; Mohamed Abu Noman, Consiglio prov. Stranieri;
Adonella Guidi, cons. di amministr. coop. Il Progetto; Marco della Pina, doc.
univ.; Paola Bolelli, attrice teatrale; Claudia Melli, psicologa; Serena Pegna,
doc. univ. sociologia delle migrazioni; Marta Bonetti, ricercatrice PROTEO
Onlus; Martina Rovini, Unione Inquilini; Francesco Paolo Bonadonna, doc. univ.;
Alessandro Breccia, assegnista univ. di Pisa, fac. Scienze Politiche; Riccardo
Cerchiai, resp. centro di prima accoglienza; Tiziano Checcoli, avvocato; Tomaso
Esposti Onagro, ricercatore; Giuliana Petrucci, ricercarice univ.; Rosangela
Cingottini, dipendente universitaria; Paola Bora, ricercatrice; Fabio Taddei,
ricercatore; Eleanor Jones, insegnante; Heather Jones, formatrice; Domenico
Veneziano, geologo; Moira Bartoli, educatrice; Gianluigi Langone, educatore;
Arianna Becherini, operatrice Centro per l’Impiego; Marta Debolini, dottoranda;
Ilaria Gabbani, centro “De Giorgi” Pisa; Manlio Iofrida, doc. univ. filosofia;
Giuliano Campioni, doc. univ.; Daniela Lucatti, scrittrice; Isa Ciani,
pensionata; Martina Battaglia, studentessa; Cinzia Bucchioni,
bibliotecaria; Giovanni Mandorino, informatico; Antonio Turelli, pensionato;
Giuseppe Bartocci, assegnista Scuola Normale; Umberto Grassi, dottorando;
Stefano Gallo, dottorando; Marco Cornolti, studente, ass. Acklab Pisa; Alice
Ravasio, studentessa