Cosenza – Dopo oltre sei anni di inchiesta, la Corte DAssise di Cosenza in
poco meno di due ore ha deliberato: i tredici indagati sono assolti per non
aver commesso il fatto. Tutta la linea inquisitoria di Ros e Digos è stata
così umiliata.
L’inchiesta, rifiutata a Napoli, Roma e Genova, ha come protagonisti un
giudice rampante di un tribunale inefficiente e connivente con apparati
parastatali, il dott. Serafini, la digos cittadina, guidata dal dott.
Cantafora, ed i Ros dei carabinieri, impegnati a girare lItalia pur di
trovare qualche giudice in carriera, disposto ad accettare un inchiesta nata
morta. Quando gli uomini armati irruppero nelle case dei compagni, in tutta
Italia la mobilitazione fu forte, ma nulla avrebbe potuto se non vi fosse
stata la reazione della città Bruzia, che fin dallinizio si prodigò nel
difendere i propri figli. La dormiente città bruzia, non ha mai accettato il
potere assoluto della magistratura. Oltre alle grandi mobilitazioni che nel
tempo si sono succedute ( dal corteo dei 60mila al corteo dei 10mila del
febbraio 2008),in città il peso di tale operazione si è fatto sentire in
modo costante nella gente comune che da decenni ha perso la speranza di
ottenere giustizia tramite una sentenza di tribunale. La città che soffre la
onnipotenza di massoneria e ndrangheta, che vive la povertà e la mancanza
di lavoro come situazioni immodificabili, che, dormiente, aspetta il proprio
futuro tra politicanti malavitosi e promesse mai mantenute, non ha mai
smesso di cercare la verità da un processo farsa. Quando è arrivata la
sentenza, tutta la città ha reagito con soddisfazione: ma si sapeva che era
tutto falso. Ora questa città, antagonista e ribelle, con un portato di
antistato che va ben oltre una lettura di tipo prettamente politico, e che
si rifà ad una dimensione conflittuale legata allesistenze amare che le
terre meridionali vivono giornalmente, vuole giustizia. Devono pagare tutti
gli autori di questo disastro. 13 persone, negate della propria libertà, ora
devono essere risarcite, e non solo economicamente. Devono andare via tutti
i responsabili, giudici, poliziotti, carabinieri, massoni e politici amici.
Chi ha difeso loperato degli inquirenti in questi lunghi anni deve essere
punito.
La giornata inizia il mattino. Davanti il tribunale camionette e uomini
armati tengono dassedio il quartiere. Le arringhe finali degli ultimi due
avvocati slittano al pomeriggio. Alle 14 già una cinquantina di persone
presidiano gli striscioni e fanno forza agli imputati. Il tempo non passa
mai. Alle 18 e 30 viene letta la sentenza. Da dietro nessuno sente niente
fino a quando si girano gli ex-imputati con i pugni alzati e le prime
lacrime. La tensione scoppia. Cominciano a correre verso la platea che
inizia i tumulti nel palazzo di giustizia. Da quel momento inizia la festa.
Una volta emessa la sentenza dopo ben 4 ore di attesa in un presidio
iper-militarizzato, nellaula del tribunale si sono levate alte le urla di
gioia di quel centinaio di compagni accorsi per onorare lultimo impegno di
questo processo. andate a lavorare, la digos non canta più, liberi
tutti, bella ciao sono state la colonna sonora delluscita da quelle
tristi aule. Gli ex-imputati che scavalcano le barriere, i baci e gli
abbracci, le lacrime. I celerini e qualche digossino provocano i presenti
con qualche dito medio, ma non interessa più a nessuno. Ora la rabbia fa
posto alla gioia ed a ringhiare sono loro, le forze dellordine. I capi
scappano dalle vie secondarie, mentre qualche sottoposto si avvicina per
dire io, lo sapevo dallinizio che era una cazzata. Ma non convincono
nessuno. Si fa festa con lo champagne. Devono tutti tranne i PS. I Ros si
fanno le foto ricordo, il sole cala e scende la sera, ma la gente è ancora
sotto il tribunale a far festa. A Cosenza non è passata la congiura
masso-politica che voleva distruggere identità antagoniste, storie e
tradizioni. La Cosenza Ribelle ha vinto la sua battaglia. Ora, rinascerà il
Sud Ribelle? Alla Maddalena mancano pochi mesi, buon lavoro compagn*, il Sud
è ancora Ribelle
Comunicato del comitato
LIBERI TUTTI!
Trovare parole appropriate per commentare lintera vicenda, non è cosa
facile. Perché sono tanti gli aspetti farseschi e tali le assurdità delle
accuse, che rischieremmo sicuramente di dimenticare qualcuna delle
illuminanti considerazioni formulate dal PM Fiordalisi.
Chi in questi anni si è trovato a dover costruire solidarietà rispetto alla
vicenda, ha dovuto soprattutto difendersi da quella parte di città che,
parliamoci chiaro, ci avrebbe voluto vedere in galera. Probabilmente, parte
degli stessi che hanno contribuito a montare questo teorema. Ebbene,
possiamo finalmente dire che costoro rimangono in un angolo a rosicare.
Lassoluzione di oggi è una pesante sconfitta per gli organi inquirenti che
hanno confezionato questa inchiesta. Gli stessi che hanno sperperato oltre
tre milioni di euro, sbandierando allintero paese, una formidabile
operazione antiterrorismo, curata nei minimi dettagli e pronta a smantellare
la pericolosa nascente cellula sovversiva. Tutto questo, mentre in città si
consumavano ben altri misfatti.
Ma ora, sentenza in mano, abbiamo il diritto di sapere: perché questa
inchiesta, sebbene scartata da svariate procure, è stata accettata proprio a
Cosenza? Quali oscure trame hanno tessuto questo canovaccio? Quali loschi
interessi da coprire? Ma soprattutto, abbiamo ragione di pretendere le
dimissioni dei vertici inquirenti che hanno guidato questa inchiesta?
Che questo castello non stava in piedi, la città lo aveva capito da subito
e lo aveva ampiamente affermato con calorosa partecipazione alle diverse
mobilitazioni costruite nel corso di questi lunghi sette anni, assolvendo di
fatto tutti gli imputati e bocciando loperato della Fiordalisi&Co.
Agli interrogativi sulle reali motivazioni che hanno portato allapertura di
questa inchiesta, ognuno si sarà dato delle risposte, rimane sicuramente il
tentativo di criminalizzare un intero movimento con accuse infondate e
infamanti, volte a coprire le vere vergogne di Genova: la morte di Carlo
Giuliani, i pestaggi e le torture delle forze dellordine comandate dai
vertici militari e politici. E ancora, di deviare lattenzione generale dai
veri allarmi sociali di cui questa città soffre.
Questa assoluzione giunge a riprova del fatto che la storia di chi rifiuta
le logiche neoliberiste e produce conflitto sociale non può essere scritta
dentro unaula di tribunale. E se ce ne fosse ancora bisogno, ribadisce che
la libertà di espressione e di opinione devono essere garantite in nome di
quelle libertà conquistate il 25 aprile del 1945 e che ancora dobbiamo
difendere.
Coordinamento Liberitutti
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