In occasione del 1° maggio, Giornata internazionale del lavoro, la Sezione Italiana di Amnesty International ha lanciato un appello per chiedere la fine delle violazioni dei diritti umani ai danni dei sindacalisti in Colombia. Nel
contesto del conflitto armato interno che dura ormai da oltre 40 anni
in Colombia e che vede opporsi le forze di sicurezza nazionali e i
paramilitari sostenuti dall’esercito da un lato e i gruppi della
guerriglia dall’altro, si colloca un modello sistematico di attacchi
contro i sindacalisti impegnati nei contenziosi sul lavoro, nelle
campagne contro le privatizzazioni e per i diritti dei lavoratori in
alcune aree dove operano le industrie estrattive.
Secondo la
Scuola nazionale sindacale, un’organizzazione non governativa
colombiana, nel periodo tra gennaio 1991 e dicembre 2006 in Colombia
sono stati uccisi 2245 sindacalisti, 3400 sono stati minacciati e 138
sono stati vittime di sparizioni forzate.
Nel 2007 i
sindacalisti assassinati sono stati 39. Alla significativa diminuzione
del numero delle vittime (erano state 72 nel 2006) ha fatto da
contrappeso l’aumento complessivo delle violazioni dei diritti umani
nei loro confronti (418 contro 382). Nei primi tre mesi del 2008,
inoltre, i sindacalisti uccisi sono stati già 17.
Molti degli
omicidi vengono attribuiti ai gruppi paramilitari e alle forze di
sicurezza colombiane, ma anche i gruppi della guerriglia si sono resi
responsabili dell’eliminazione fisica di sindacalisti.
La
cronica mancanza di indagini e processi fa salire l’impunità al 90 per
cento dei casi e qualifica la Colombia come uno dei posti più
pericolosi al mondo per i sindacalisti.
Nel suo appello on
line Amnesty International chiede al governo colombiano di prendere
provvedimenti efficaci per porre fine all’impunità di cui godono coloro
che uccidono e minacciano i sindacalisti e di rispettare gli impegni
assunti nel giugno 2006 con la firma dell’Accordo tripartito,
unitamente ai sindacati e ai datori di lavoro colombiani.