TORINO (ansa) – Teme di perdere il posto di lavoro e si dà fuoco. Un giovane di 20 anni, Riccardo La Mantia, di Caltagirone (Catania), ha compiuto il tragico gesto a bordo della sua auto parcheggiata in via Orbetello, davanti alla ditta di componenti elettrici presso cui lavora. Secondo le poche notizie apprese, il giovane appena poco prima aveva litigato, o comunque discusso animatamente, con il suo datore di lavoro. Questo spiegherebbe anche il fatto che abbia deciso di darsi fuoco nei pressi della ditta di componenti elettrici presso la quale lavora, e anche, perché, una volta coperto di fiamme, sia uscito dall’auto, come per farsi vedere bene da chi era dentro. Il giovane è stato in un primo momento portato all’ospedale Maria Vittoria e da qui trasportato al reparto ustionati del Cto di Torino con ustioni su oltre il 90% del corpo.
Il PADRE SI UCCISE ALLO STESSO MODO NEL ’97
PALERMO – Riccardo La Mantia, il 20enne che si e’ dato fuoco nella sua auto, a Torino, davanti alla ditta di componenti elettrici presso cui lavora, dopo una lite col datore di lavoro, é figlio di Giovanni La Mantia, disoccupato che, nel 1997, si suicidò allo stesso modo nella stanza del sindaco di Caltagirone. La circostanza è stata confermata dal sindaco del comune catanese, Franco Pignataro. Giovanni La Mantia, che morì per le gravissime ustioni riportate, era sposato ed aveva 4 figli, tra i quali, appunto Riccardo, che all’epoca aveva 9 anni. Disperato perché costretto a lavoretti saltuari da muratore in mancanza di un impiego fisso, entrò con i vestiti in fiamme nella stanza del sindaco dell’epoca, Marilena Samperi. Nella toilette del Municipio si era versato addosso benzina contenuta in una bottiglia di plastica. Il primo cittadino stava ricevendo il pubblico. L’uomo venne soccorso dagli impiegati del comune e fu portato in ospedale, a Catania, dove morì. La moglie di La Mantia, Marilena Samperi, dopo la morte del marito, si trasferì con i figli a Torino dove venne assunta in una società di telefonia.
La vedova del disoccupato, Maria Cultrona, dopo la morte di La Mantia, minaccio’ di suicidarsi se non fossero state mantenute le promesse di lavoro che le erano state fatte dopo il tragico gesto del marito. Sfiduciata e certa che la sua tragedia sarebbe stata dimenticata espresse il suo risentimento verso i politici: "Sappiano – dichiarò – che mi stanno costringendo a un gesto estremo come hanno costretto mio marito". Successivamente la donna, però, fu assunta a Torino al posto del suocero, Francesco La Mantia, che andò in pensione. La famiglia venne sostenuta economicamente dall’amministrazione comunale di Caltagirone che a Giovanni La Mantia, lo scorso anno, ha intitolato una strada. "Avevamo promesso al padre – racconta il sindaco Franco Pignataro, all’epoca del suicidio vicesindaco – che non l’avremmo dimenticato. Nella motivazione dell’intitolazione abbiamo scritto ‘vittima del lavoro’". Pignataro ricorda i figli del disoccupato e il dramma vissuto dalla famiglia. "Erano piccoli – dice – e restarono sconvolti". Il sindaco ha avvertito lo zio di Riccardo La Mantia. Il nonno non ha ancora appreso la notizia. "Andrò a incontrarlo tra poco", ha detto Pignataro.
IL TITOLARE,ERA INDISCIPLINATO
"La nostra è una piccola ditta artigianale di nove dipendenti, compreso me stesso e nessuno si può permettere di fare il fannullone, di danneggiare i macchinari, di importunare le ragazze, di stare ore su internet". Giuseppe Palazzo, titolare della ditta torinese Palazzo Componenti Elettrici, spiega così la sua intenzione di licenziare Riccardo La Mantia che, per paura di perdere il posto, si è dato fuoco ed è ora gravissimo. Palazzo, 60 anni, che ha ereditato dal padre l’azienda di famiglia, nata 40 anni fa, non si dà pace: "mi ero occupato di questo ragazzo come se fosse un figlio – spiega – l’ho preso a lavorare con noi sperando di insegnargli un lavoro, ma le cose sono state difficili dall’ inizio. Riccardo è un ragazzo molto sveglio e intelligente, ma difficile, ingestibile, indisciplinato. Negli ultimi giorni, poi, si era invaghito di un’impiegata, regolarmente fidanzata con un altro, ed aveva perso la testa. L’ho richiamato così tante volte, ma lui ha sempre fatto finta di nulla. Ho cercato sempre di aiutarlo, ma negli ultimi giorni gli avevo chiesto di valutare di dimettersi, perché non ce la facevo più. Oggi gli avevo consegnato la seconda lettera di ammonizione". Poi aggiunge: "Ora, però, sono sconvolto, spero ce la faccia, anche se so che è gravissimo
LA MAMMA,NON E’UN FANNULLONE
"A uno scansafatiche non si fa fare tanto straordinario, le buste paga parlano chiaramente". La mamma di Riccardo La Mantia, Maria Cultrona, raggiunta telefonicamente, non nasconde la sua rabbia. La donna, 44 anni, ci tiene subito a precisare: "Con la storia di mio marito, che nel 1997, si è suicidato, dandosi fuoco, questa vicenda non c’entra proprio nulla. Il papà di Riccardo cercava un posto di lavoro, lui il lavoro ce l’aveva. Era in quella ditta da cinque anni, è il suo titolare che deve spiegare perché voleva costringerlo a licenziarsi". Maria Cultrona, che ai funerali del marito aveva invitato i disoccupati a non seguire l’esempio dell’uomo, difende a spada tratta il figlio: "aveva le chiavi per aprire l’azienda, accendeva lui il computer. A una persona indisciplinata, che non ha voglia di fare nulla, non si concede tanto. Deve dimostrare quello che oggi sostiene. I padroni devono pagarla a caro prezzo, quell’uomo deve sperare che mio figlio esca con le sua gambe dall’ospedale, altrimenti non avrà pace".