Domenica prossima 8 Giugno, allo spazio antagonista Newroz in via Garibaldi, alle ore 22.00, i "Precari Autorganizzati" organizzano uno spettacolo teatrale di cui sotto vi riportiamo le informazioni dettagliate:
BLUES di BANLIEUE
Antonio Masi ritorna sulla scena come interprete e regista di un monologo teatrale a metà strada fra il giallo e la critica sociale. Il testo, liberamente tratto dal racconto “Bleu de chauffe” di Nan Aurousseau, ha come protagonista un operaio idraulico, Dan Mamouth, uomo in rivolta che conosce la nomenclatura delle tubature sulla punta delle dita e i dettagli delle macchine curvatrici. Ha soggiornato 7 anni dietro le sbarre. Sei mesi prima della sospirata libertà segue un corso di formazione che lo avvia alla termoidraulica. Comincia così la sua carriera nella “normalità sociale”, nei cantieri di una Francia flessibile e globalizzata, precaria e clandestina. Sognava di fare lo scrittore ma la società ha chiuso su di lui le ganasce di una trappola micidiale da cui non riesce a liberarsi. Ne viene fuori invece una storia ammaccata con un capo, Dolto, disonesto, di una ditta chiamata CCRAMPS (Caldaie Coperture Ristrutturazioni Azienda Maurice Paquez e Soci). Dolto intrallazza truffe con le Assicurazioni e vampirizza i suoi dipendenti. Dan lavora con materiali scadenti e tipi formidabili. Come Makalou, manovale africano, che si blocca completamente quando smarrisce il suo amuleto che lo preserva da ogni guaio. Dan ha Dolto nelle narici e i suoi vecchi demoni dell’epoca del carcere gli danno allegramente alla testa. Personaggi emarginati della periferia francese, soprattutto extracomunitari, situazioni di vita lavorativa vissuta, emergono dai continui flashback che attraversano la mente del protagonista durante il suo viaggio verso la Normandia. Approfittando di alcuni giorni di malattia che il suo medico gli ha concesso per il suo stato di esaurimento nervoso, Dan vuole scoprire dove Dolto porta la cassaforte della ditta. La vicenda si trasforma in una caccia all’uomo che alla fine fiorisce nella follìa. Blues di Banlieue è un brivido proletario. Un odore di saldatura sul rame. Un tintinnìo di chiavi sulla lamiera. Qualcosa che somiglia ai film degli anni Cinquanta, quando la lotta di classe non era ancora relegata nella pattumiera della storia. E’ una calda atmosfera di cantieri baracconi, dove bisogna sgobbare con materiali scadenti, senza tutele, in casermoni costruiti a colpi di subappalti. L’accento delle periferie è quello dell’Africa e sostituisce l’accento dei sobborghi. Dan non è il proletario dalle buone intenzioni, non è filantropo. E’ proletario al naturale con molta fantasia e gioiosamente arrabbiato. Blues di Banlieue è un regalo. Con pennellate di ritratti piacevoli come quello della donna dell’eroe presa da una furia pulitrice: “Quando lei ha l’aspirapolvere tra le mani non è più la stessa. E’ come posseduta. Attraversa il cosmo a cavallo della scopa elettrica e più niente esiste intorno a lei. Una specie di sabba selvaggio completamente incosciente come una crisi d’epilessia senza bava. Non vorrei essere al posto della polvere quando passa a bordo della scopa”