Agenti del Sismi e governo Italiano complici di detenzioni a Guantanamo

WASHINGTON – Le storie di Adel Al Akimi, Hisham Sliti, Hedi
Hamamy, Lofti Bin Ali, Saleh Sassi, Abdel Ben Mabrouk si somigliano come gocce
d’acqua. Vivono in Italia per molti anni, ottengono il permesso di soggiorno e
per ragioni diverse lasciano il Paese nei mesi precedenti l’11 settembre. Chi
per raggiungere il Pakistan (Adel qui si sposa e qui mette incinta la moglie di
una bambina che ha oggi sei anni e che lui non ha visto nascere). Chi
l’Afghanistan (Hisham, che tenta di liberarsi della dipendenza dall’eroina,
raggiunge il cugino che ha aperto una macelleria).
Con l’inizio delle ostilità, vengono catturati dall’esercito pachistano e
venduti all’intelligence americana come "pericolosi terroristi di Al
Qaeda". Arrivano tutti a Guantanamo tra il gennaio del 2002 e il febbraio
del 2003. A bordo di aerei che fanno regolarmente scalo nella base americana di
Incirlic, Turchia.

Questi sono Questigli "italiani" di
Guantanamo. Perché della Tunisia hanno conservato solo il passaporto. Perché la
loro casa, le loro famiglie sono in Italia, dove hanno vissuto per anni, non da
clandestini né da ricercati, ma da uomini liberi con un regolare permesso di
soggiorno. A portare le loro storie di fronte a Palazzo Chigi è una giovane donna,
Cori Crider. E’ un avvocato americano che si divide tra Londra e gli Stati
Uniti dove difende, per "Reprieve", associazione legale anglo
americana, le ragioni di chiunque abbia sceso l’ultimo gradino nella scala dei
diritti. In un anno di indagini difensive, ha messo insieme un rapporto di 26
pagine che, ora, accusa il governo di Roma di "complicità nella violazione
dei diritti umani" dei suoi assistiti, prigionieri da sei anni nelle
gabbie della base navale di Cuba, sfidandolo a sollecitarne il rimpatrio in
Italia. Un documento essenziale nella violenza dei suoi dettagli, nella
capacità di svelare sul conto dei "Gitmo six" il destino che li ha
travolti, la ferocia della loro prigionia, la violenza psicologica e giuridica
sofferta per mano di funzionari del Sismi che ebbero ad interrogarli tra il
2002 e il 2003.

L’11 giugno Cori Crider ha fatto recapitare, insieme al rapporto,
una lettera di tre cartelle al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al
ministro di Giustizia Angelino Alfano, a quello dell’Interno Roberto Maroni, a
quello degli Esteri Franco Frattini. Si legge: "Egregio Presidente, con
mio rincrescimento, devo informarla che le autorità italiane, in piena
violazione del diritto internazionale, appaiono complici nella cattura dei sei
cittadini tunisini che difendo e negli abusi che hanno subito nell’isola di
Guantanamo. Siamo infatti in grado di dimostrare che i detenuti in questione,
come del resto la maggior parte di quelli rinchiusi a Guantanamo, hanno
raggiunto l’isola di Cuba attraversando lo spazio aereo italiano. Abbiamo
inoltre appreso che i sei detenuti sono stati interrogati tra il 2002 e il 2003
da agenti delle forze dell’ordine e dell’intelligence militare italiana, il
Sismi, in un periodo cioè in cui gli interrogatori sotto tortura hanno
costituito prassi regolare nella prigione. Ciò che è peggio, le informazioni
raccolte dagli agenti italiani sono state condivise con i Servizi americani e
con il regime tunisino, consentendo che nel loro paese di origine, la Tunisia,
i miei assistiti venissero in tal modo condannati in absentia a lunghe pene
detentive prive di qualsiasi base giuridica, ma tali da impedire oggi il loro
rientro in quel Paese".

 Il governo italiano non ha dato alcun cenno.
A Palazzo Chigi, la questione deve apparire evidentemente di nessuna rilevanza
né diplomatica, né giuridica. A dispetto della macchina
"risarcitoria" che uno studio legale anglo-americano è in grado di
mettere in moto. A dispetto delle implicazioni politiche che il rapporto
documenta e che fanno dell’affare una questione assai seria.

Nel maggio scorso, l’avvocato Cori Crider ha finalmente accesso ai suoi clienti
nelle gabbie di Guantanamo, le loro testimonianze illuminano quale sia stato,
tra il 2002 e il 2003, il lavoro condotto a "Camp Delta" non solo dai
nostri agenti di polizia e dai militari dei carabinieri (la circostanza era
nota), ma dai funzionari del Sismi, la cui presenza sull’isola era rimasta sino
ad oggi segreta. Evidentemente per dissimulare la piena consapevolezza che
Palazzo Chigi aveva di quanto accadeva a Guantanamo nei suoi giorni più bui.  

Leggi l’articolo "La guerra al terrorismo erode i diritti umani", con il rapporto di Amnesty International 2008. 

Fonte: Repubblica, 17 giugno 2008

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