(Legge 180)
SABATO 21 GIUGNO 2008
E ti chiamaron matta" di Gianni Nebbiosi
c/o il cirolo arci agorà VIA BOVIO 48/50 Pisa
Un piccolo – urgente disco/capolavoro torna disponibile dopo 37 anni
nella nuova incisione di
Alessio Lega e Rocco Marchi
Ore 20 cena sociale
Menù: fusilli al tonno – filetto di cappone alle verdure – sorbetto –
vino, acqua.
Ore 22 presentazione del CD “E ti chiamaron matta” con il CONCERTO di
Alessio Lega e Rocco Marchi
Ingresso alla presentazione del CD gratuito
Serata promossa dal circolo agorà di Pisa
www.agorapisa.it info@agorapisa.it
Parteciperà il Collettivo Antipsichiatrico A.Artaud-Pisa
http://artaudpisa.noblogs.org/
"E ti chiamaron matta" (1971) di Gianni Nebbiosi – prodotto da Giovanna Marini per i gloriosi Dischi del Sole – torna disponibile, dopo più di trent’anni, nel catalogo della NOTA nella reincisione integrale di Alessio Lega e Rocco Marchi.
È un disco urgente, 35 anni fa come oggi, perché testimonia l’interesse della canzone nei confronti di quel grande movimento d’opinione che si coagulò intorno alla figura di Franco Basaglia perché in Italia la liberazione arrivasse anche ai manicomi.
Il 13 maggio del 2008 saranno passati esattamente 30 anni dalla legge n. 180 del 1978, nota come "legge Basaglia", dal nome del suo ispiratore.
Nessuna legge è perfetta (anzi, molte sono abiette) ma c’è stato un tempo in questo paese – oggi precipitato nel suo medioevo tecnologico – in cui grandi movimenti politici e culturali dal basso hanno dato l’avvio a una serie di iniziative che miravano alla liberazione dalle catene, dalle sbarre, dai poteri istituzionali, dal controllo poliziesco, dal controllo medico.
Da un confine nord, da una terra flagellata dalla guerra, testimone di fucilazioni e di disfatte dell’umanità, mosse una forza che abbatteva i cancelli, che metteva la società di fronte a sé stessa. Dal manicomio di Gorizia e poi da quello di Trieste mosse un pensiero, una speranza, un progetto di libertà e di vita.
I manicomi erano lager i matti vi erano reclusi, i "normali" che li gestivano erano aguzzini.
Tutto questo veniva messo in discussione, portato alla luce, cambiato in una prospettiva rivoluzionaria.
Oggi cosa è rimasto di quell’esperienza?
L’ironia di molti, l’ignoranza e il disprezzo dei più. Peggio: si torna a parlare dell’utilità dell’elettroshock, della diffusione sempre più capillare degli psicofarmaci, per ogni diverso, per ogni età, per ogni dissenso dal conforme.
Ma quell’esperienza è ancora viva nell’orgoglio e nella speranza. Nella grata memoria. Nell’immagine del cancello schiantato, del muro abbattuto, nel ritorno al mondo dei vivi di un mondo nato libero che aspira a vivere libero.
Del grande movimento di opinione di quegli anni ci resta anche un piccolo grande disco. Gianni Nebbiosi psichiatra e clarinettista scrisse e pubblicò nel 1971 "E ti chiamaron matta" un EP (ovvero un 33 giri di piccolo formato della durata complessiva di circa 20 minuti) con dentro 6 meravigliose canzoni che raccontano le storie dell’ordinaria repressione e di speranza di quegli anni. I testi, la musica, la voce di Nebbiosi, gli arrangiamenti di Giovanna Marini ne fanno un classico sconosciuto.
Alessio Lega e Rocco Marchi da anni sono impegnati in un progetto musicale e poetico – centinaia di concerti, tre dischi e importanti riconoscimenti – che propone e ripropone la canzone come strumento di provocazione sociale, per i temi, per le modalità e per i luoghi in cui svolgono il loro mestiere di cantastorie: dai teatri alle strade.
Con l’appoggio dell’etichetta friulana NOTA e la produzione di Valter Colle, hanno integralmente reinciso in un nuovo CD quelle canzoni, da troppo tempo introvabili, e si apprestano a promuoverle con un tour nei vecchi luoghi di cura e in tutti quegli spazi che vorranno, non solo rendere un omaggio a Basaglia e a tutto il movimento di quegli anni, ma anche contribuire a riaprire una discussione per troppo tempo muta.
La musica è stata una delle grandi testimoni del processo che da Gianni Nebbiosi e Giovanna Marini fino al recente impegno di Simone Cristicchi e Ascanio Celestini, con orgoglio rivendica la propria solidarietà e la propria vocazione a farsi voce di chi è ridotto al silenzio.