Caso Aldrovandi, i poliziotti in aula: “Respira vuol dire che sta bene”

 SenzaSoste
– Dopo 1.013 giorni dalla morte di Federico Aldrovandi, i poliziotti accusati
di verlo ucciso si ritrovano in aula. Come accade spesso in Italia quando gli
assassini o i torturatori sono poliziotti inizia il valzer delle ricostruzioni
surreali. Luca Pollastri adirittura si trasforma in medico legale dichiarando
compatibili con una caduta le ferite sulla testa ritrovate, arrivando a
dichiarare che per quanto lo riguarda se una persona respira vuol dire che sta
bene.

Pubblichiamo
di seguito una stralcio delle deposizioni dei poliziotti tratte da Repubblica
di Parma
:

Audio
delle deposizioni.

16.23 Il giudice chiede ancora
chiarimenti su come Pollastri sia stato colpito dal ragazzo

Anche la difesa chiede
all’imputato di chiarire meglio la dinamica del momento in cui ammanettano il
giovane. Il giudice gli chiede in che occasione è stato colpito dal ragazzo,
gli fa ripetere nuovamente la ricostruzione della collutazione fisica e del
calcio che lo ha raggiunto a un braccio. Lui spiega che a seguito di un vecchio
incidente medico ha dei problemi a quel braccio. Il giudice gli chiede come mai
sia stato riconosciuto idoneo all’attività di polizia dai suoi superiori se ha
di questi problemi al braccio. Pollastri risponde al giudice: "Meglio di
me potrebbe risponderle un medico"

 

16.07 Pollastri: "Le ferite
alla testa? Per me compatibili con la caduta a terra"

Gli avvocati chiedono a Pollastri
se abbia visto del sangue, ma la risposta dell’imputato è no. Pollastri dice di
non aver mai visto una macchia di sangue dietro la testa del ragazzo e quando
gli si chiede cosa ne pensa delle ferite al capo e al volto riscontrate dalle
perizie medico-legali e visibili anche dalle foto della scientifica il
poliziotto risponde di non esserselo chiesto, ma di ritenerle compatibili con
la caduta di Federico a terra.

 

16.05 Pollastri: "E’ stato
forte veder rianimare il rqagazzo senza capire perchè"

Pollastri spiega di avere passato
il pomeriggio su una barella in ospedale e dice che per loro "è stata una
cosa abbastanza forte vedere le pratiche di rianimazione sul ragazzo senza
capirne il perchè"

 

16.01 Pollastri: "Non gli ho
chiesto come stava, mi bastava sapere che respirava"

Incalzato dalle domande,
l’imputato afferma di non avere chiesto a Federico come stava perchè "dopo
quello che era successo mi bastava sapere che respirava" Era arrabbiato
con lui? "No, non c’è l’ho mai con nessuno anche se mi prendo delle parole
o delle botte" perchè comunque "sono un professionista"

15.57 Inizia l’esame di Luca Pollastri da parte degli avvocati di parte civile

15.54 Pollastri: "L’abbiamo
colpito solo alle gambe. Volevamo solo fermarlo"

Ha visto i suoi colleghi Segatto
e Forlani usare gli sfollagente? "Sì sempre nelle gambe"
Alla domanda del pubblico ministero se lo abbiano colpito nelle parti alte del
corpo risponde di no perchè "il nostro intento era solo quello di
fermarlo"

 

15.47 Pollastri: "Quando
sono arrivati i carabinieri Federico era ancora vivo. Stava bene"

Il procuratore chiede
all’imputato quand’è che ha visto l’ultima volta Federico Aldrovandi muoversi.
Pollastri risponde: "L’ultima volta che ho visto il giovane dimenarsi è
stato quando sono arrivati i carabinieri sul posto. Che era morto l’abbiamo
saputo venti minuti dopo". Spiega di avere sentito il polso e di avere
visto il ragazzo respirare anche quando sono arrivati i carabinieri e afferma,
quindi: "Quando sono arrivati i carabinieri era sicuramente vivo. Stava
sicuramente bene". Poi precisa: "Una persona che respira secondo me
dal punto di vista vitale sta bene"


15.45 Pollastri: "Non ho sentito Federico chiedere aiuto o dire
‘basta’"

15.43 Pollastri: "Ho colpito
il ragazzo con lo sfollagente nella parte bassa delle gambe"
Poi l’imputato inizia a raccontare le fasi dell’ammanettamento del giovane e
della rottura del suo sfollagente specificando come sia stato difficile
ammanettarlo perchè sebbe il ragazzo fosse supino e bloccato dai colleghi
continuava a divincolarsi. Pollastri: "Sicuramente ho colpito alcune volte
con lo sfollagente il ragazzo nella parte bassa delle gambe"

 

15.27 Chiarimento tra il pm e
l’imputato sulle richieste di ambulanza

Il pm chiede a Pollastri:
"Come mai nella prima annotazione che lei fa nella sua relazione dice che
ha chiesto solo ausili, mentre nella seconda annotazione (riferita alla seconda
comunicazione via radio) specifica che ha richiesto sia rinforzi che
l’intervento di un’ambulanza? L’imputato, dopo un botta e risposta tra il pm e
l’avvocato della difesa Vecchi che si è opposto alla formulazione della
domanda, risponde sostenendo che "la relazione è per forza di cose
sintetica"

Il procuratore chiede all’imputato quand’è che ha
visto l’ultima volta Federico Aldrovandi muoversi. Pollastri risponde:
"L’ultima volta che ho visto il giovane dimenarsi è stato quando sono
arrivati i carabinieri sul posto. Che era morto l’abbiamo saputo venti minuti
dopo". Spiega di avere sentito il polso e di avere visto il ragazzo
respirare anche quando sono arrivati i carabinieri e afferma, quindi:
"Quando sono arrivati i carabinieri era sicuramente vivo. Stava
sicuramente bene". Poi precisa: "Una persona che respira secondo me
dal punto di vista vitale sta bene"

15.45 Pollastri: "Non ho sentito Federico
chiedere aiuto o dire ‘basta’"

15.43 Pollastri: "Ho colpito il ragazzo con
lo sfollagente nella parte bassa delle gambe"
Poi l’imputato inizia a raccontare le fasi dell’ammanettamento del giovane e della
rottura del suo sfollagente specificando come sia stato difficile ammanettarlo
perchè sebbe il ragazzo fosse supino e bloccato dai colleghi continuava a
divincolarsi. Pollastri: "Sicuramente ho colpito alcune volte con lo
sfollagente il ragazzo nella parte bassa delle gambe"

15.27 Chiarimento tra il pm e l’imputato sulle
richieste di ambulanza

Il pm chiede a Pollastri: "Come mai nella
prima annotazione che lei fa nella sua relazione dice che ha chiesto solo
ausili, mentre nella seconda annotazione (riferita alla seconda comunicazione
via radio) specifica che ha richiesto sia rinforzi che l’intervento di
un’ambulanza? L’imputato, dopo un botta e risposta tra il pm e l’avvocato della
difesa Vecchi che si è opposto alla formulazione della domanda, risponde sostenendo
che "la relazione è per forza di cose sintetica"

15.15 Riprende l’udienza con l’esame
dell’imputato Luca Pollastri.

Il procuratore Nicola Proto chiede se riconferma
la ricostruzione fornita dal precedente imputato. Pollastri la riconferma ma aggiunge
alcuni dettagli ad esempio sul significato della parola ausili, che anche lui
utilizza chiamando la centrale operativa. Spiega di avere immobilizzato
Federico Aldrovandi che era a terra supino, di essere riuscito ad ammanettare
un polso del ragazzo mentre la
Segatto era sedute sulle sue gambe.

14.37 Termina l’esame del primo imputato, Enzo
Pontani. Si riprende alle 15

14.36 Pontani: "Il corpo venne spostato dai
sanitari"

La parola passa di nuovo alla difesa che mostra
all’imputato le foto dei rilievi della scientifica in via dell’Ippodromo per
chiedergli ragione della posizione del corpo che, secondo l’accusa è stata
spostato. L’imputato spiega che il ragazzo era stato spostato dai sanitari che
lo hanno girato per prestargli i primi soccorsi

14.32 Pontani: "I manganelli li impugnavamo
in 4. Lo hanno colpito alle gambe"

Il giudice Caruso chiede ulteriori chiarimenti
sui manganelli. Pontani risponde: "Li impugnavamo tutti e quattro, i miei
tre colleghi li hanno utilizzato per colpirlo alle gambe"

14.21 Pontani: "Aldrovandi si è ferito al
volto cadendo dopo essersi arrampicato sull’auto"

Pontani spiega di ritenere plausibile che quelle
ferite al volto siano state provocate dalla caduta del ragazzo a terra nella
primissima fase della collutazione quando si è arrampicato sull’auto. Il
giudice Caruso gli chiede esplicitamente: "Esclude che ci siano stati
comportamenti lesivi vostri che abbiano potuto provocare quelle lesioni?".
L’imputato lo esclude, continuando ad imputarle al comportamento autolesivo del
ragazzo e alla sua prima aggressione


14.10 La parola al giudice. "Come spiega le ferite al volto del
ragazzo?"

La parola passa al giudice Francesco Maria Caruso
che chiede chiarimenti sul momento esatto in cui la portiera si è bloccata –
una circostanza già racocntata da Pontani durante l’interrogatorio del Pm – e
sulle parole e sulle frasi pronunciate dal ragazzo durante la prima
colluttazione. Il giudice Caruso chiede anche al poliziotto come si spiega le
ferite al volto del ragazzo

13.52 L’agente Pontani viene interrogato dall’avvocato della difesa

Prendono la parola, uno a uno, gli avvocati
difensori dei quattro imputati. I difensori cercano di mettere in luce come i
poliziotti abbiano reagito a un’aggressione, si siano difesi, cercando di non
fare degenerare la situazione e non abbiano commesso errori o ritardi nel
chiamare i soccorsi. In sostanza mirano a demolire la ricostruzione del pm che
li vede imputati di eccesso colposo per aver "cagionato o comunque
concorso a cagionare il decesso" del 18enne13.46 Pontani: "Ci
aspettavamo arrivasse anche un’ambulanza". Gli avvocati che assistono la
famiglia chiedono come mai i quattro agenti non abbiano chiamato l’ambulanza
prima, dato lo stato di agitazione psico-fisico che Federico – a detta
dell’imputato – aveva dimostrato. Pontani chiarisce di aver chiesto ausilio in
senso generico, e che dunque si aspettavano che arrivasse anche un’ambulanza

13.32 Pontani ripete all’avvocato di parte civile
che nessuno è salito a cavalcioni su Federico

Prende la parola Beniamino Del Mercato, altro
avvocato di parte civile, che chiede
informazioni sull’ammaccatura della volante e chiarimenti sulle parti finali
della collutazione quando Federico era ormai a terra, ammanettato, con il volto
riverso a terra, in una posizione che secondo le perizie medico-legali gli ha
impedito di respirare causandone il soffocamento. Il poliziotto ripete quanto
detto prima: nessuno, secondo la sua ricostruzione, sarebbe salito a cavalcioni
del ragazzo o lo avrebbe spinto a terra, ma solo tenuto fermo per evitare che
si divincolasse ancora.

13.12 Pontani viene interrogato dall’avvocato di parte civile, Fabio Anselmi

Rispondendo alle domande di Anselmi Pontani
spiega di essere rimasto colpito "dall’insensibilità del ragazzo al
dolore"

13.06 Pontani "E’ stata un’aggressione nei
nostri confronti. Eravamo sconvolti"
Il pm chiede se, dopo l’arrivo dei colleghi, Pontani sia rimasto sul posto per
dare una mano a ricostruire quel che era accaduto. Pontani risponde:
"Guardi che essendo stata un’aggressione nei nostri confronti avrei potuta
trattarla io come volanti, ma proprio perchè aveva avuto un epilogo così
terribile ed essendo noi sconvolti, sono intervenuti i colleghi".

13.00 Pontani: "Mi sono tolto la pistola. Un
poliziotto non lo fa mai"

Il pm insiste perchè tra le accuse che vengono
formulate ai poliziotti vi è anche il ritardo nel chiamare il 118. Enzo Pontani
si difende da una parte con la sintesi che è "necessaria e
inevitabile" nello stendere una relazione di servizio e poi ripete di avere
atteso a lungo, insieme ai colleghi, l’arrivo dei medici. E ricorda anche che
per la prima volta nella sua vita "si è tolto la pistola per evitare
conseguenze peggiori", quando "un poliziotto non se la toglie
mai". Quest’ultimo passaggio indicherebbe secondo l’imputato la sua
volontà di difendere sè e i colleghi, contenendo le possibili conseguenze.

12.56 Pontani: "La relazione di servizio? Mi sono fatto aiutare
dall’ispettore Dossi"
Si prende in esame la relazione di servizio firmata dall’imputato e prodotta, a
suo stesso dire, la sera attorno alle 19, dopo essere rientrato dall’ospedale.
Il poliziotto spiega: "Generalmente non mi aiuta nessuno, ma questa volta
ero così distrutto che mi sono fatto aiutare dall’ispettore Dossi". E poi
aggiunge: "Le relazioni sono fatte in maniera sintetiche e quando parliamo
di ausilio intendiamo che abbiamo chiamato anche l’ambulanza"

12.53 Pontani: "Non ho avuto la percezione
che il ragazzo stava morendo"

"Lei ha avuto la percezione che Federico
stava morendo?", chiede il pubblico ministero all’agente Pontani.
"No, in tanti anni di strada – risponde lui – ho visto persone assopirsi,
riprendersi…"

12.51 Pontani: "Spingere il ragazzo mentre era a terra? La polizia non fa
queste cose"

Il pm chiede se quando Federico era a terra qualcuno
dei poliziotti si è messo seduto a cavalcioni del ragazzo. Pontani nega:
"Gliel’ho già spiegato come lo avevamo immobilizzato, tenendolo per
braccia e gambe". Il pm chiede ancora se qualcuno ha spinto Federico con
una mano sulla schiena, quando era a terra. Pontani nega anche questa
circostanza: "La polizia non fa queste cose".

12.47 Il pm: "Ha sentito urla strozzate?" Pontani: "Erano
ringhi"

Il pm insiste: "Ci sono testimoni che
l’hanno sentito chiedere basta". La difesa di Pontani obietta: "Cosa
vuol dire tanti? Si dica di quanti testimoni si sta parlando e in che
momento". Il pm chiede allora: "Ha sentito F.A. chiedere
aiuto?". "Assolutamente no", risponde Pontani. Il pm prosegue:
"Ha sentito delle urla strozzate?". "Erano ringhi",
risponde Pontani12.44 Pontani: "Il ragazzo non chiese aiuto. Solo urla e
cose incomprensibili". Il pm gli chiede se abbia sentito chiedere aiuto o
pronunciare altre frasi a Federico Aldrovandi. Pontani risponde: "Mai,
solo urla, cose incomprendibili"

12.34 "L’abbiamo bastonato di brutto, è
mezzo morto". Pontani: "Volevo solo spiegare"

Il pm riformula la domanda: "Fino al momento
in cui ha visto i sanitari agitarsi era preoccupato o no?" L’imputato
risponde: "Ero tranquillo" e a quel punto il pm ripete il testo della
telefonata in centrale in cui lui parlando con l’operatore il poliziotto dice:
"L’abbiamo bastonato di brutto, è mezzo morto". L’imputato spiega di
avere detto quella frase gergale "brutta fin che si vuole" ma per
spiegare la situazione, senza essere realmente preoccupato delle condizioni del
ragazzo

12.32 Il pm fa notare a Pontani che è in contraddizione, diverbio con la difesa

Pontani spiega che fino a quando non ha visto i
sanitari agitarsi era tranquillo, poi ha iniziato a preoccuparsi: "Ci
chiedavamo, ma che sta succedendo, perchè?". Il pm gli fa notare che
quest’ultima affermazione contrasta con la telefonata delle 6.12 in cui "sembrava
molto concitato e agitato". Intervengono gli avvocati della difesa,
sostenendo che non può osservare questo perchè "la stessa telefonata ad
altri sembrava affannata e non preoccupata o concitata". Nasce un diverbio
tra pm e difesa. Il giudice li richiama all’ordine: "Pubblico ministero
faccia l’esame all’imputato e poi alla fine si riserva le sue conclusioni"

12.27 Pontani: "Arriva l’ambulanza e a noi
sembra tutto a posto. Ma i sanitari si agitano"

Secondo Pontani le forze del ragazzo iniziano a
calare nel momento in cui arriva in ausilio un auto dei carabinieri. La
situazione sembra calmarsi tant’è che lui invita la collega Monica Segatto che
"era distrutta e dolorante" a sedersi in auto. "Chiamo la
centrale (è la telefonata delle 6.12) e sento in lontananza le ambulanze".
A quel punto, con il personale del 118 sul posto, al ragazzo vengono tolte le
manette e iniziano le manovre di soccorso. Gli agenti, racconta Pontani,
raccolgono i manganelli, "ci mettiamo a due metri dagli operatori del 118
e ci sembrava tutto normale. Poi vediamo i sanitari agitarsi, la dottoressa
anche"

12.23 Pontani: "L’ho ammanettato ma ha
ricominciato a scalciare"

Il poliziotto continua sottolineando la
difficoltà della Segatto che "poverina stava prendendo un sacco di
calci". Pontani descrive la concitazione del momento, "la furia del
ragazzo", le loro riflessioni "non arrivano mai le ambulanze?".
Racconta anche il momento in cui, "dopo un calo di forze del
ragazzo", riescono ad ammanettargli prima una poi l’altra mano dietro la
schiena, in posizione supina. "Nel momento in cui dopo averlo ammanettato,
mi sono alzato nuovamente lui ha ripreso a scalciare".

12.19 Pontani: "Io e Forlani siamo riusciti
a ributtare giù il ragazzo"

L’imputato continua con la descrizione della
colluttazione tra Aldrovandi e l’altro agente, Paolo Forlani. Spiega che alla
fine lui e il collega Forlani insieme sono riusciti "a ributtare giù il
ragazzo". Il pm insiste sui manganelli, su quanti li avessero presi in
mano sul momento esatto in cui li hanno afferrati. La mattina della morte di
Federico Aldrovandi in via dell’Ippodromo due manganelli sono stati spezzati.
Il primo, appunto, sarebbe stato rotto da Aldrovandi con un calcio.

12.12 Pontani: "Federico con un calcio ha
rotto il manganello di un collega"

L’imputato continua a parlare dell’aggressione,
dei colpi e dei calci e ripete nuovamente: "Era una furia, non mi dava
tregua. A quel punto i miei colleghi si sono avvicinati e vedendo in che
situazione mi trovavo l’hanno circondato e hanno inziato a colpire con i
manganelli e a chivare nel contempo i suoi calci". Pontani spiega anche
che con un calcio Federico ha dato un calcio al manganello di Pollastri
facendoglielo volare via. "Ho visto il pezzo di manganello volare"

12:10 Pontani: "C’ero io e i miei colleghi.
Nessun altro può dire com’è andata"

12:07 Pontani: "Pensavo volesse aggredire la
mia collega, mi sono messo in mezzo.

 A un certo
punto arriva la seconda volata, con a bordo gli altri due imputati, gli agenti
Monica Segatto e Paolo Forlani. La volante è guidata dalla Segatto. Pontani
racconta: "Forlani riesce con due o tre strattoni ad aprirmi la porta, io
scendo e spiego che c’era una persona pericolosissima che mi aveva
aggredito". In quel momento, secondo la ricostruzione dei fatti dal
poliziotto, Federico sarebbe uscito nuovamente dal parchetto. Pontani aggiunge:
"Capisco che voleva aggredire la mia collega e ho pensato: se le salta
addosso l’ammazza". "Ho visto la mia collega spaurita, che stava
indietreggiando e a quel punto mi sono frapposto tra lui e lei". A quel
punto, secondo la ricostruzione, Aldrovandi avrebbe indirizzato "la sua
furia verso di me".

12.03 Il Pm: "Se era buio come ha visto il
collo taurino?". Pontani: "Ho una buona vista"

Il pm gli chiede come fa ad avere visto il collo
taurino di Federico se c’era tutto quel buio. Pontani risponde dicendo:
"Ho una buona vista" e aggiungendo che comunque, durante la prima
aggressione, "era vicinissimo a me".

11.59 Pontani: "Siamo andati via dal
piazzale ma lui continuava a urlare"

Pontani spiega come si siano riusciti ad
allontanare dal piazzale per aspettare rinforzi e nello stesso tempo per
mantenere il controllo su "quella persona" che, secondo il
poliziotto, "continuava a urlare". "Lo vedevamo a tratti mentre
usciva e entrava nel parchetto", spiega l’agente delle volanti, che
racconta di essersi preoccupato."Ero bloccato in auto, la portiera con
quel tira e molla si era bloccato". Dice di non sapere quanto tempo è
rimasto in auto, di non essere riuscito a calcolarlo perchè "in quei
momenti si pensa ad altro non al tempo"

11.56 Pontani: "Si è avvinghiato alla
portiera, mai visto niente del genere"

Pontani continua a raccontare e spiega che quel
punto l’autista torna in auto, su sua richiesta, per chiedere rinforzi.
"Sono salito anche io di corsa sulla macchina, chiudo la portiera, ma a
quel punto non si chiude più". Spiega che Aldrovandi "si è rialzato e
si è avvinghiato alla maniglia della portiera", descrive la scena e dice:
"Non ho mai visto una cosa del genere". Pontani spiega che l’autista
ha iniziato a fare piccoli strattoni per vedere se il ragazzo si staccava dalla
portiera.

11:54 Pontani: "Sembrava di avere un pesce tra le mani"

Pontani continua il racconto di quello che
successe quella mattina dicendo che anche il suo autista aveva preso un calcio.
"Sembrava di avere un pesce tra le mani", dice.

11.52 Pontani: "Era una furia scatenata, ho
chiesto aiuto al mio autista"

Il pm chiede se dopo avergli tirato il calcio
Aldrovandi si è alzato a terra. "Come se nulla fosse si è rialzato –
racconta Pontani – sembrava rimbalzato da terra. Ha iniziato a sferrarmi calci
e colpi, e io mi sono limitato a parare questi colpi poi sono riuscito a
cingerlo da dietro". Il poliziotto insiste di essere stato aggredito e
ripete: "Sono riuscito a cingerlo alle spalle, ad avvinghiarlo sotto le
spalle, solo che era una furia scatenata e ho urlato al mia autista: vieni,
aiutami. Sono riuscito mala pena a trattenerlo a terra perchè lui ha inziato a
sgomitare, a calciare. Sono riuscito con uno sforzo invcredibile a girarlo e a
un certo punto mi sono sentito sfiorare la pistola e ho avuto paura perchè ho
pensato se mi prende la pistola qui qualcuno si fa male"

11.48 Pontani: "Ha messo i piedi sul
paraurti e il tergicristallo poi mi ha dato un calcio"

Il pm chiede maggiori dettagli sulla posizione
dell’agente e del ragazzo per l’azione e sui tempi. Pontani spiega: "Il
ragazzo saltava a vuoto, alzava entrambe le gambe per aria, girandosi. Appena
io mi sono rivolto a lui il ragazzo ha detto le frasi che gli ho già
riferito". Il poliziotto racconta che la sequenza dei fatti è stata
immediata e, su invito del pm, spiega i gesti che avrebbe fatto Aldrovandi:
"Ha fatto uno scatto fulmineo ha messo il piedi destro sul paraurti per
darsi uno slancio, un secondo passo sul tergicristallo per darsi slancio e il
terzo per dare un calcio diretto al mio volto". Pontani spiega di essere
riuscito a schivare il calcio girandosi di schiena. Pontani dice: "Me lo
ricordo benissimo" e spiega che Aldrovandi dopo questo calcio a vuoto
"cade a faccia a terra"

11.44 Pontani: "Urlava polizia di merda,
stato di merda e ha tirato un calcio contro l’auto"

Pontani prosegue nel racconto e dice che essendo
abituato a situazioni di emergenza cerca il dialogo "ma questo inizia a
urlare frasi del tipo stato di merda, polizia di merda e poi mi si scaglia
contro, con un calcio diretto al volto, contro la portiera". Pontani continua
a spiegare la dinamica dell’ aggressione. Il pm chiede maggiori dettagli sulla
posizione dell’agente e del ragazzo per l’azione e sui tempi. "Il ragazzo
saltava a vuoto, alzava entrambe le gambe per aria, girandosi. Appena io mi
sono rivolto a lui il ragazzo ha detto le frasi che gli ho già riferito"

11.40 Pontani: "Mi ha sconvolto il suo collo taurino, Aldrovandi era fuori
di sè"

Il pm Nicola Proto chiede a Pontani dettagli
sulla luce che hanno acceso, sui fari dell’auto, sui dettagli del loro arrivo
"Noi ci fermiamo e all’improvviso sbuca questa persona che ci dà due calci
al paraurto e l’autista istintivamente fa una breve retromarcia di qualche
metro, non so dire quanto". Il pm chiede conferma: "Quindi non siete
scesi immediatamente?". Risposta: "No, nel primo frangente no. Ho
visto questa persona che gesticolava, aveva gli occhi fuori di sè".
Aggiunge che "inizialmente mi sembrava un extracomunitario perchè era
scuro, forse per via dell’ombra. Quello che mi ha sconvolto – dice mimando –
era il collo. Aveva il collo taurino. Era fuori di sè"

11.34 Pontani: "Frasi sconnesse e urla, qualcuno dava calci al paraurti
dell’auto"

"Durante il percorso per andare
all’Ippodromo – racconta Enzo Pontani, uno degli agenti imputati per la morte
di Federico Aldrovandi – Bulgarelli gli comunica che erano arrivate ulteriori
sollecitazioni d’intervento arrivando all’altezza del parcheggio abbiamo
iniziato a sentire delle frasi sconnesse e delle urla c’era qualcuno
all’interno del parcheggio abbiamo puntato le luci sul parcheggio perchè era
buio pesto abbiamo visto una persona che ha iniziato a dare due calci al
paraurti della macchina".

11.32 Viene chiamato a deporre Enzo Pontani, uno
degli imputati

Pontani, uno dei poliziotti intervenuti la
mattina del 25 settembre 2005 e imputato per il decesso di Federico, spiega che
l’operatore Bulgarelli gli dice di andare in via Ippodromo perchè c’è un
ragazzo che sta dando in escandescenza. "In quel momento mi trovavo in
questura dove stavo facendo i verbali dei miei interventi in precedenza",
racconta

11.30
L’udienza riprende

11.10 Il giudice acquisisce le relazioni dei
consulenti di parte e concede una pausa

10,45 Si analizza la telefonata di un carabiniere: "Delle pesche ce le
ha"

La discussione verte su una parola pronunciata da
un carabiniere durante una telefonata arrivata al 112 alle 7:36 del 25
settembre 2005. Federico è morto da un’ora. Al 112 arriva la chiamata di un
carabiniere, arrivato in soccorso della polizia quando il ragazzo era già a
terra. A un certo punto viene pronunciata la seguente frase: «Beh, sicuramente
delle pesche/pecche ce le ha». La dottoressa Carraro, perito del Tribunale, ha
spiegato che lei nella registrazione sente la parola pecche e che i consulenti
di parte invece sentono la parola pesche per cui le inserisce entrambe.

10.35 Gli avvocati interrogano il perito

L’avvocato di parte civile Fabio Anselmo e il
legale della difesa Giovanni Trombini interrogano il perito chiedendo
chiarimenti sulle parole su cui c’è discordanza tra i consulenti tecnici di
parte

9.50 Il perito analizza le telefonate fatte la mattina della morte di Aldro

La dottoressa Carraro, il perito incaricato dal
tribunale, spiega l’esito dell’esame sull’audio delle telefonate arrivate al
centralino del 112, quelle tra il 112 e il 113 e quelle fatte al 118,
sottolineando le incertezze e le discordanze riscontrate nell’analisi e anche
nell’ambientale dei centralini. Spiega le modalità tecniche delle analisi e i
risultati elaborati incrociando audio e video, ascoltando i consulenti tecnici
di difesa e parti civili

9.45 Inizia l’udienza9.40 Arrivano in aula i
genitori di Federico insieme al figlio minore Stefano

9.30 I quattro imputati arrivano in aula

Arrivano in aula i quattro imputati, Paolo
Forlani, Enzo Pontani, Luca Pollastri e Monica Segatto. Sono imputati di
eccesso colposo per aver «cagionato o comunque concorso a cagionare il decesso
di Federico Aldrovandi»: reato, come riportato dal capo di imputazione per cui
è prevista la pena dell’omicidio colposo. Durante l’intervento per immobilizzare
Federico Aldrovandi ebbero con lui una violenta colluttazione, superando –
secondo l’accusa – i limiti consentiti.

9.15 Aula piena per l’udienza del processo in cui
parleranno gli imputati

E’ piena l’aula B del tribunale di Ferrara. Gli
amici di Federico siedono in silenzio, con una spilla appuntata al petto. E’ un
piccolo girasole, il fiore preferito dal ragazzo, lo stesso che si arrampica
sui muri di via dell’Ippodromo, nel punto in cui il 18enne perse la vita. Ci
sono i ragazzi che con lui trascorsero la notte a Bologna, in un centro
sociale, ma ci sono anche uomini e donne che non hanno mai conosciuto Federico.
Arrivano da Ancona, Milano, Roma… Sono qui perché da quando hanno letto il blog
della madre Patrizia chiedono verità. E perché oggi, dopo 1013 giorni di
silenzio, gli imputati dovranno parlare di fronte al giudice Francesco Caruso.

 

Questa voce è stata pubblicata in General. Contrassegna il permalink.