Che si arrivi ad una soluzione o al fallimento della compagnia di bandiera poco importa al Cavaliere, che dopo aver iniziato la commedia in campagna elettorale per raccattare più voti, ora salva la faccia perché ha mantenuto la promessa: la cordata di patrioti c’è stata. Per il resto, lui ha il jet privato…
Se alla fine riescono a comprarsi Alitalia quelli della Cai come minimo devono dedicargli un aereporto, il Cainano International Airport. Oppure dovranno cambiare il nome della combriccola da Cai in Berluscai. Del resto di volare gratis i Berlusconi non ne hanno bisogno, loro volano con i loro jet privati, con la compagnia aerea di famiglia. Ma allora perchè Berlusconi si è sbattuto tanto per sostenere la cordata della Cai?
Probabilmente per il sessanta percento degli Italiani che secondo i sondaggi stravedono per il Cainano IV, Berlusconi si sta sacrificando per proteggere la nostra italianità. Già, sembra che senza compagnia di bandiera la nostra italianità sarebbe inesorabilmente intaccata. Diverremmo un pò più africani e un pò meno europei. E i due milioni al giorno di soldi pubblici che Alitalia perde da anni? Spiccioli per i Fratelli d’Alitalia, la difesa dell’orgoglio nazionale non ha prezzo. Chiedete a qualunque vero patriota se preferisce usare i suoi soldi delle tasse per scuole e ospedali o per salvare Alitalia e non esiterrebbe un istante ad optare per la seconda, salvare la compagnia di bandiera! Stessa risposta anche dei patrioti che non hanno mai messo piede su un aereo e mai lo metteranno.
Diverso discorso per il restante quaranta percento che secondo i sondaggi non stravede per il Cainano IV e anzi considera il ritorno di Berlusconi al potere una iattura nazionale. Secondo loro la Berluscai ha ben altre motivazioni: salvare la faccia politica del Cavaliere. Una commedia che ha inizio in campagna elettorale quando Berlusconi fece saltare la trattativa con Air France (il principale vettore mondiale) ad un passo dalla firma. E lo fece sfruttando i sentimenti dei Fratelli d’Alitalia sparsi per il Paese. Il solito colpo di teatro che sicuramente gli permise di raccattare parecchi voti tra i tele-elettori ma che a differenza di altre panzane elettorali aveva conseguenze reali immediate.
Rispetto ai tomi di balle travestite da promesse sparate in quindici anni di attività politica, quella dell’italianità dell’Alitalia incideva infatti immediatamente su una situazione aziendale già drammatica. Ed ecco allora il prestito ponte, soldi pubblici gettati nel pozzo da vero liberale, e l’avvio della ricerca disperata di qualcuno disposto a comprare. Un’impresa impossibile in quelle condizioni. Ecco allora che il governo mette sulle spalle dei contribuenti tutte le bad companies, le attività mangia soldi collegate ad Alitalia. Ma anche questo evidentemente non basta e allora arrivano i tagli di massa sul personale. Taglio dopo taglio rimane da vendere la parte sana dell’azienda e a prezzo di saldo ed è a quel punto che per miracolo compare la Cai, un gruppo di imprenditori patrioti disposti ad immolarsi per la causa, la loro. Berlusconi garantisce perfino che vengano calpestate tutte le regole di mercato e di trasparenza pur di chiudere.
Sembra fili tutto liscio finchè si arriva alla negoziazione con le parti sociali. Il governo ha fretta di chiudere, Sacconi vomita ultimatum ogni cinque minuti ma la firma non arriva. Chissà, forse arriverà ai supplementari o forse arriverà un nuovo acquirente oppure Alitalia fallirà. Ma a questo punto per Berlusconi conta poco o nulla, lui ha raggiunto il suo obiettivo, la faccia è salva. La cordata italiana infatti è apparsa e se la Berluscai non è decollata è tutta colpa dei dipendenti e dei sindacati, è tutta colpa del dragone rosso e non certo sua. A tal proposito i media di regime hanno già istruito i tele-elettori: Berlusconi ha mantenuto le promesse, come sempre.
Tommaso Merlo.
Tratto da: Aprileonline