La Mattonaia: breve storia di uno scandalo vecchio di vent’anni

Pisa, 1 ottobre 2008. Dalle pagine della Nazione l’assessore ai lavori pubblici Serfogli interviene a proposito dello stabile, di proprietà del Comune, denominato Mattonaia. L’articolo si intitola “La città nuova”, titolo a dir poco ironico per un intervento che affronta uno degli scandali più gravi e antichi della nostra città.
L’assessore, evidentemente preda di un grave caso di amnesia, non sembra ricordare bene la storia del luogo di cui sta parlando, e come elemento di novità propone la possibilità di svendere lo stabile a non ben identificati privati che avrebbero l’intenzione di realizzare un albergo di lusso nella struttura. Per far ciò, continua l’assessore, sarebbe sufficiente cambiare l’attuale destinazione d’uso residenziale-commerciale della Mattonaia. Questa brillante operazione eviterebbe al Comune di doversi assumere la responsabilità di completare la costruzione dell’area, “danneggiata dall’incuria, dall’abbandono e dalle ripetute occupazioni degli ultimi anni”.
Per apprezzare a fondo l’arroganza di crede di poter dire ciò che vuole, convinto evidentemente che nessuno conosca o ricordi la vicenda della Mattonaia, è utile ripercorrere brevemente la storia dello sfortunato stabile.

Prologo
Il Comune ha iniziato a costruire il complesso di San Michele in Borgo nel 1984 con fondi Gescal (trattenuti dalle buste paga dei lavoratori e destinati all’edilizia popolare), con l’intento dichiarato di farne case popolari. Il progetto è affidato al noto studio Carmassi che progetta la costruzione di un complesso di pregio eccezionale, dall’alto valore architettonico, ma anche economico. Purtroppo i fondi destinati alla costruzione di case popolari, si sa, non permettono la costruzione di costose opere architettoniche e numerose ditte costruttrici si avvicendano, collezionando fallimenti dovuti allo sforamento del tetto massimo di spesa previsto.

Capitolo 1
Nel 2003, dopo 19 anni, il complesso non è ancora ultimato e il Comune decide di sbarazzarsi di questo progetto mal riuscito mettendo in vendita l’immobile, il cui ricavato dovrebbe essere destinato alla costruzione di nuove case popolari. Tuttavia nessuno vuole acquistare una struttura incompleta e costosissima e alla fine la giunta comunale decide di includere il complesso in un piano di svendita del patrimonio pubblico che non ha più nulla a che fare con l’iniziale destinazione d’uso del complesso: case popolari.
Ma durante tutto questo tempo cosa è successo alla Mattonaia?
Il complesso, che al suo interno ospita un’ampia piazza, è rimasto chiuso e abbandonato, diventando presto centrale di spaccio e consumo di eroina, nonché nascondiglio per refurtiva e materiale vario.

Capitolo 2
Il 28 settembre 2005 il collettivo Università Antagonista occupa lo stabile, ripulendolo dalle centinaia di siringhe che lo infestano, e rendendo abitabili i sette appartamenti ultimati presenti nella struttura. Per tre settimane la Mattonaia diventa la casa di una trentina di studenti e un centro di iniziativa politica e culturale. La suggestiva piazza contenuta nella struttura viene ripulita, illuminata e restituita alla città. Dopo tre settimane però il Comune, sordo ad ogni proposta di trattativa, decide l’azione violenta: centinaia di poliziotti circondano lo stabile, bloccando l’intero quartiere, e cacciano gli occupanti, che vengono denunciati. La brillante operazione restituisce così la Mattonaia al suo antico stato di abbandono. Presto verrà ripopolata da spacciatori vari che ne faranno il loro quartier generale.

Capitolo 3
A gennaio 2006 i quotidiani parlano di una proposta di acquisto da parte dell’ARDSU (azienda regionale per il diritto allo studio), che inizialmente sembra voler realizzare alloggi e spazi sociali per studenti. La vicenda sembra trovare un finale almeno in parte positivo, ma ben presto tutto si blocca nuovamente: l’ARDSU decide di dedicare agli studenti solo una piccola parte della struttura. Il resto dovrebbe essere affittato all’Università che ne farà una foresteria di lusso per professori. Ma l’affitto che l’ARDSU propone è troppo alto, l’Università non ci sta e l’affare salta. La Mattonaia torna in vendita.
Il 14 giugno l’asta pubblica attraverso la quale ancora una volta si cerca di svendere il complesso rimane deserta. La Mattonaia resta chiusa.
Preso atto dell’impossibilità di vendere la Mattonaia tutta intera il Comune fa un ultimo, disperato tentativo, tentando di vendere separatamente gli appartamenti e i fondi commerciali ospitati nella struttura, ma anche questo tentativo fallisce: il Comune riceve richieste di acquisto, ovviamente al ribasso, solo per i fondi commerciali, e preferisce rifiutare. La Mattonaia resta chiusa.
Intanto, numerose, periodiche occupazioni simboliche continuano a denunciare la vergognosa scelta di chi preferisce lasciare uno stabile del genere al degrado e all’eroina che farlo utilizzare, a costo zero per il comune, a chi ne avrebbe ricavato case e spazi sociali. Ad ogni occupazione gli occupanti si premurano di documentare attraverso foto e filmati, diffusi anche attraverso giornali e televisioni locali, i danni causati dall’incuria e dall’abbandono che progressivamente distruggono la struttura.

Epilogo

1 ottobre 2008. L’assessore Serfogli propone come novità la proposta di cambiare la destinazione d’uso dello stabile che, come si è visto, doveva costituire un complesso di case popolari, per farne un albergo di lusso. Non solo una struttura costruita con fondi pubblici verrà definitivamente sottratta alla cittadinanza (piazza compresa), ma non si menziona nemmeno l’utilizzo che verrà fatto dei soldi ricavati. Come se ciò non bastasse, si mette in opera uno spregiudicato tentativo di addossare la responsabilità della disastrosa condizione della Mattonaia non a chi la tiene chiusa e abbandonata da 24 anni, ma a chi ha fatto di tutto per sottrarla a questo abbandono, attraverso un lavoro fisico, una passione e un impegno neppure completamente gratuiti, ma pagati a caro prezzo: le denunce per occupazione si sono infatti trasformate in quattro decreti di condanna penale per un ammontare totale di circa quattromila euro.
La triste e lunga vicenda della Mattonaia non poteva trovare un’epilogo più triste.

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