Usa: crisi economica, guerre, sanità.. e presidenziali. La soluzione?

Le presidenziali Usa 2008 saranno indiscutibilmente le elezioni più partecipate del Dopoguerra, se non addirittura dell’ultimo secolo. Questa la previsione di alcuni esperti americani in materia di flussi e statistiche elettorali che ritengono verosimile la più grande affluenza mai vista.
 
Il professor Michael McDonald, della George Mason University, ha calcolato che dei circa 213 milioni di americani aventi diritto al voto andranno si recherà alle urne il 64%. Se così fosse, sara’ in numeri assoluti la piu’ alta affluenza al voto della storia americana, con 135 milioni di Americani alle urne. Gli ultimi seggi chiuderanno in Alaska alle 24 locali, le 6 di domani in Italia.
 
Queste elezioni decideranno il corso dei prossimi quattro anni tra crisi economica, guerre in Iraq e Afghanistan, riforma della sanità pubblica ed altri importanti temi. In tanti si chiedono se ci sarà davvero il change di cui parla Obama, questo è da vedere, ma di certo, se i sondaggi non verranno traditi dal voto, gli Stati Uniti eleggeranno il primo presidente nero della loro storia e ciò sarà comunque un profondo cambiamento per un paese che ancora non ha superato le logiche discriminanti del razzismo.
 
Obama è stato il vincitore a Dixville Notch, nel New Hampshire, il paese che tradizionalmente inaugura le elezioni votando subito dopo la mezzanotte. Ha preso 15 voti contro i sei di McCain, diventando il primo democratico a vincere dopo Hubert Humphrey nel 1968.
Il repubblicano John McCain spera nella sorpresa ed ha in programma oggi due comizi in Colorado e New Mexico. Obama ha chiuso la sua campagna in Virginia; oggi ultimi appuntamenti in Indiana. Sarah Palin, promessa vicepresidente di McCain, e’ stata scagionata da una commissione etica dell’Alaska dalle accuse di abuso di potere nel caso ‘Troopergate’.
 
Entrambi i candidati hanno ripetuto i temi più cari della loro campagna nelle ore finali della corsa elettorale. Obama ha accusato McCain di volere un terzo mandato per le politiche di Bush e di essere pericolosamente fuori registro in economia.
"Sull’economia, la verità è che John McCain ha aderito completamente alle scelte di Bush", ha detto Obama di fronte a 90.000 sostenitori nel suo ultimo comizio a Masassas, Virginia, uno stato in cui i democratici non vincono un’elezione presidenziale dal 1964, ma dove Obama è in testa nei sondaggi. McCain, il cui entourage ha accusato Obama di essere un socialista e di mostrarsi "amico" dei terroristi, ha dipinto il rivale come un liberal pronto ad aumentare le tasse.
 
Oltre alle consuete difficoltà di creare le proprie politiche in modo tale da raccogliere il più ampio elettorarto, a questa mandata si è aggiunto un fattore di rilevanza estrema per la vita del paese. La reazione a caldo contro il primo piano di salvataggio a favore di
Wall Street è stata dura non solo nella base democratica ma anche in
quella repubblicana liberista ed evangelica da sempre avversa al
centralismo di Washington. Ora, Dal momento che gli effetti della crisi
finanziaria toccano l’economia reale e la vita di tutti, iniziano ad
emergere dalla gente richieste più chiare di intervento federale
(statale) per salvare non solo le banche ma anche a favore dei redditi,
dei mutui da pagare, dell’indebitamento da carte di credito (la
prossima bolla, probabilmente, a esplodere).

Non è una domanda,
ancorché confusa, esclusivamente dal basso. Lo stesso Obama di fronte
alla gravità della situazione ha dovuto nella fase finale della sua
campagna uscire un po’ più dal vago del suo messaggio
economico-sociale. In un discorso del 13 ottobre a Toledo, nell’Ohio in crisi, ha parlato della necessità di creare jobs, di misure per la ricontrattazione dei mutui
(90 gg. di tolleranza prima del pignoramento), di innalzamento delle
tasse per i redditi più alti (superiori ai 182mila $). Ma soprattutto
emergono qui e là accenni alla necessità di una redistribuzione
della ricchezza e di una crescita non più centrata sull’indebitamento.
Segnali molto timidi ma interessanti politicamente in prospettiva
perché indicano che se la crisi si approfondisce e la polarizzazione
economica cresce potrebbe finalmente aprirsi un conflitto sociale reale ben oltre la pretesa candidatura post-partisan di Obama!

 
Fonti: Ansa, Reuters, Agi.
 

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