Fontaneschi (Filipelli o come si chiama il sindaco dopo l’unione trascendentale col suo predecessore in supersayan della P.S.) è contento. E’ contento di far votare il PD insieme al PDL il
cosiddetto patto per la sicurezza di Pisa. Il piano è stato approvato da
maggioranza, Pdl e Udc. Gli unici voti contrari sono arrivati dai consiglieri
della Sinistra Arcobaleno.
Ma di cosa trattano questi provvedimenti: l’aumento dell’organico della
polizia municipale, un numero verde attivo dalle 7 alle 24 per contattare il
vigile di quartiere più vicino ed infine la ciliegina sulla torta: vigili avranno in dotazione bombolette spray
al peperoncino.
In arrivo anche un sistema integrato di videosorveglianza per consentire
così alle varie forze dell’ordine “di
intervenire tempestivamente su emergenze” quali il degrado urbano, l’abusivismo
commerciale, gli schiamazzi notturni,
accampamenti abusivi. Ovvero l’emergenza
per questa amministrazione rimane colpire studenti e migranti.
Il nuovo provvedimento prevede infine che i locali pubblici consentano
all’uso gratuito dei loro bagni per evitare così che strade e piazze si
trasformino in toilette a cielo aperto. La vera vergogna è che nei locali
pubblici cittadini ci siano titolari che non sono disposti a far utilizzare i
propri servizi, come è vergognoso che le uniche docce che ci sono siano a
pagamento o che per prendere un bicchiere d’acqua si debba pagare la metà di un
caffè. L’unico intervento di tipo sociale di questa amministrazione è l’apertura
dei WC nei locali pubblici. Poi solo manganelli e delazione.
Riportiamo una sintesi
dell’intervento all’assemblea di quartiere organizzata da Rebeldia nel Febbraio
2008 per far emergere la pochezza delle
politiche sociali in città, e per denunciare il tentativo di ridurle in questioni d’ordine
pubblico portato avanti dai media locali.
Pisa,
zona Stazione e sicurezza: alcuni dati
Si dice comunemente che la Zona Stazione a Pisa
sia un luogo di “concentrazione” degli immigrati e delle cosiddette “situazioni
problematiche”. La stampa locale ha parlato persino di “Chinatown” [reportage
del Tirreno 13 Aprile 2006]: Alleanza Nazionale ha fatto approvare al consiglio
comunale un emendamento al Regolamento Edilizio che prevede la traduzione in
italiano delle insegne dei negozi (cosi si apprende dal Tirreno del 13 Aprile
2006), con la motivazione che “i cittadini pisani si sentono stranieri in casa
propria” (così il consigliere comunale Diego Petrucci). Ma le cose stanno
davvero così?
In Italia, dicono gli osservatori, non
esistono “Chinatown” o “quartieri etnici”. “Per China town”, ha spiegato
recentemente il sinologo Stefano Cammelli, “si intende un quartiere monoetnico
segregato, uno spazio chiuso in cui gli immigrati cinesi sono costretti a
vivere e dove si condensano servizi etnicamente esclusivi, comprese scuole e
ospedali. Questo erano e in parte continuano a essere le China town negli Stati
Uniti e nel Sud-est asiatico” [Il Manifesto, 26 Maggio 2007]. In Italia non
esiste nulla del genere. Nel quartiere Esquilino, indicato come la “Chinatown
romana”, gli stranieri (non solo cinesi) sono il 26% dei residenti, una
percentuale rilevante ma che non configura una situazione “monoetnica” [Caritas
Italiana, La città abbandonata, a cura di M. Magatti, Il Mulino, Bologna
2007, pag. 107], mentre nella zona Sarpi di Milano la percentuale scende al 10%
[Il Manifesto, 26 Maggio 2007].
Anche rispetto ai fenomeni italiani di “concentrazione”, però,
la zona Stazione di Pisa non presenta fenomeni particolarmente rilevanti. Ecco
i dati sulla presenza di stranieri, in percentuale sui residenti, che si
ricavano dalla pubblicazione su “La popolazione straniera a Pisa”, curata dal Piano
Strategico del Comune [pag. 28: i dati sono aggiornati al 1 Gennaio 2006]:
– Quartiere Fiorentina: 13,17%
– La Cella:
12,01%
– Zona Ferrovia: 8,25%
– S. Antonio: 9,22%
– S. Giusto: 7,16%
– S. Marco: 2,57%
– S.Martino: 10,1%
– Totale zona: circa 9% (città 6,69% – quarta circoscrizione 8,78%)
È vero che, per esempio, nel quartiere Fiorentina si concentra
il 36% dei cinesi residenti a Pisa, ma si tratta di appena 75 persone, in un
quartiere di più di 2.000 abitanti: comunque, le comunità più numerose nel quartiere
sono, in ordine, quella filippina di cui nessuno parla mai (60 persone), e
quella albanese (27 persone). Altro che Chinatown!
Dal punto di vista della vita quotidiana nel quartiere – al di
là dunque dei residenti che vanno a dormirci la notte – se è vero che vi sono
numerosi luoghi di ritrovo degli stranieri, è anche vero che le forme di
aggregazione restano, per così dire, “miste”. Nei quartieri Stazione e
Fiorentina troviamo, tra l’altro, il più grande ufficio postale della città,
due sedi della Provincia, la Polizia Municipale, le principali sedi sindacali
(CGIL CISL UIL), la Camera
di Commercio, alcune sedi universitarie ecc. Sono migliaia le persone
“italiane” che abitano, lavorano o si ritrovano nella zona. Non siamo in un
quartiere-dormitorio, né in un luogo degradato, né tantomeno in una
“Chinatown”…
Anche la cosiddetta “insicurezza” dei residenti della Stazione –
la presunta criminalità che degraderebbe l’intera zona – è tutta da dimostrare.
Ecco le cifre dei reati denunciati in zona Stazione nel 2006 (fonte
Questura): 6 denunce per danneggiamento, 1 per lesione, 0 per risse, percosse o
stupro, 5 per detenzione o spaccio di stupefacenti.
La realtà è che la
Stazione non è né una Chinatown, né un luogo insicuro, né un
quartiere dove i pisani si sentono “stranieri a casa loro”. I problemi – che
pure ci sono – sono di tutt’altro tipo. Provo ad elencarne qualcuno.
La Stazione
è, anzitutto, luogo di aggregazione delle comunità straniere. Phone-center,
negozi “etnici”, tavolini di bar o semplici panchine sono punti di riferimento
e di ritrovo per gruppi informali di amici e connazionali: c’è dunque una forte
domanda inevasa di spazi di aggregazione per stranieri. Questo pone, tra
l’altro, un problema che attiene più al conflitto generazionale che a quello
etnico: a Pisa, la fascia 20-40enni in rapporto al totale della popolazione è
del 26% per gli italiani, e del 49,8% per gli stranieri [piano strategico, pag.
3]. I migranti dunque, in quanto giovani, esprimono più di altri un bisogno di
aggregazione e di socialità: questo a volte può generare conflitti perché gli
stranieri tendono a stare di più in strada, a ritrovarsi la sera, a “tirar
tardi”, e magari a fare rumore sotto le finestre di chi, più anziano, vuole
dormire. E’ un problema tipico di tutti i centri urbani, che non ha nulla a che
fare né con la sicurezza né con l’immigrazione: basterebbe, per questo, una
buona politica degli spazi sociali, che garantisse sia chi vuole dormire sia
chi vuole ritrovarsi a giro la sera…
Da sempre, inoltre, le Stazioni sono punto di riferimento per le
persone socialmente più fragili. Qui, nella zona, si può mangiare a poco prezzo
(kebab e simili), l’atrio della Stazione è un luogo caldo e aperto, gli
operatori sociali portano cibo la sera e così via. C’è bisogno allora di
politiche sociali di inclusione.
Tradurre questi problemi in “emergenza sicurezza” li rende irrisolvibili.
Questioni da risolvere attraverso adeguate politiche urbanistiche e sociali
diventano problemi di ordine pubblico: ed è proprio questo ad incancrenire
queste problematiche, rendendole esplosive.
(sergiobontempelli.wordpress.com)