E’ di oggi la notizia di altri due arresti tra le fila del PD:
Pescara/ Arrestato sindaco D’Alfonso (Pd) per appalto cimiteri
Tra le accuse: concussione, truffa e peculato
Pescara, 16 dic. (Apcom) – Concussione, truffa e peculato sull’appalto per i cimiteri. In manette è finito il sindaco di Pescara e segretario regionale del Pd, Luciano D’Alfonso, proprio nel giorno in cui il suo partito ha perso la sfida alle elezioni regionali con il Popolo della libertà.
Ma i reati contestati al primo cittadino di Pescara sono anche il falso ideologico e l’associazione per delinquere. Oltre all’appalto per i cimiteri, l’inchiesta della Procura della Repubblica di Pescara riguarda anche i lavori di sistemazione dell’area di risulta nei pressi della stazione ferroviaria della città.
Gli ordini di custodia sono stati eseguiti dalla polizia giudiziaria. In arresto sono finiti anche un ex collaboratore di D’Alfonso e l’imprenditore titolare della concessione dei servizi cimiteriali. Il sindaco di Pescara si trova ora agli arresti domiciliari nella sua abitazione.
Tangenti, arrestato ad di Total Italia
Chiesti i domiciliari per deputato Pd
Per il parlamentare Margiotta la misura deve essere autorizzata dalla Camera La reazione del politico: "Stupore e amarezza enormi. Mi autosospendo dal partito" Il deputato Pd Salvatore Margiotta
ROMA – L’amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, è stato arrestato oggi nell’ambito di un’inchiesta della procura di Potenza per tangenti sugli appalti per l’estrazione del petrolio in Basilicata. Nella questione è coinvolto anche il deputato del Partito democratico Salvatore Margiotta, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. Una misura che, però, potrà essere eseguita solo se la Camera dei deputati darà l’autorizzazione, che è stata richiesta stamattina dai magistrati.
Il pm Henry John Woodcock ha chiesto le misure cautelari, disposte dal gip di Potenza Rocco Pavese. Si parla di un patto da 15 milioni di euro tra i dirigenti della Total, società titolare della concessione petrolifera in Basilicata, e gli imprenditori interessati agli appalti per le estrazioni. E di duecentomila euro sarebbe la somma promessa all’onorevole Margiotta da Francesco Ferrara, uno degli imprenditori coinvolti nell’inchiesta.
Secondo l’accusa, Margiotta avrebbe fatto valere il suo potere e la sua influenza per favorire negli appalti la cordata capeggiata da Ferrara e fare pressioni sui dirigenti della Total.
"Lo stupore e l’amarezza sono enormi; più grande è la certezza di non avere commesso alcun reato". Sono queste le parole di Margiotta poco dopo aver appreso della richiesta di autorizzazione all’esecuzione di arresti domiciliari. "La verità non potrà che emergere, spero prestissimo", ha aggiunto il deputato, che nel frattempo ha deciso di autosospendersi da tutti gli incarichi di partito a livello nazionale e regionale. "Non voglio che in alcun modo il Pd, partito in cui milito e che amo, sia coinvolto in questa vicenda", ha spiegato.
La custodia in carcere riguarda, oltre all’ad di Total Levha, anche Jean Paul Juguet, responsabile Total del progetto "Tempa Rossa" (così si chiama uno tra i più grandi giacimenti petroliferi della Basilicata), attualmente all’estero; Roberto Pasi, responsabile dell’ufficio di rappresentanza lucano della Total e un suo collaboratore, Roberto Francini. Detenzione in carcere anche per Ferrara e per il sindaco di Gorgoglione (Matera), Ignazio Tornetta, che secondo l’accusa avrebbe ricevuto denaro in contanti e doni, anche "preziosi". Arresti domiciliari, oltre che per Margiotta, anche per altre tre persone. Obbligo di dimora per altri cinque indagati.
I reati contestati, diversi da persona a persona, sono: associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta, corruzione e concussione. Il giudice ha inoltre disposto varie perquisizioni e il sequestro di numerose società.
(16 dicembre 2008)
Intanto in Abruzzo stravince il pdl. Nel centrosinistra exploit di Di Pietro (15%) e crollo del Pd (19%). Crollo dei votanti (il 53% ) e il Pd ha subito capito la lezione iniziando con l’aprire alla proposta di Brunetta di alzare l’età pensionabile per le donne…(no comment!)
A chi si è sempre sentito dire che Berlusconi a suon di conflitti d’interesse fosse l’unico a sedere sulla poltrona solo per mescolare il bene pubblico ai suoi interessi privati e della sua famiglia, può stare tranquillo visto che l’altra macchina elettorale più grande d’italia non è da meno.
La questione non è tanto morale quanto sulla fine della politica fatta da queste strutture chiamate partiti, che ormai operano nella visione dei soli interessi privati. Mentre a livello scandalistico escono le baruffe tra correnti, anche le iniziative giudiziarie che vengono riportate in tv ci tengono a sottolineare la linea Berlusconiana della questione morale che colpisce un po’ tutti.
Chiunque entri in questi carrozzoni completamente svuotati da ideali e scopi politici chiari, impara da subito l’arte del "farsi da solo" e per andare avanti unica prerogativa è quella dell’essere bravi a farsi molti amici importanti. Fondamentale rimane comunque sistemare la famiglia, unico obbiettivo d’altronde, in una società che pare senza futuro, è sistemare se stessi nell’immediato e chi ti sta più vicino.
Dunque se questi cosiddetti politici (i veri antipolitici di oggi) non sono in grado di pianificare scelte sensate per il futuro, per rispondere ad una crisi globale, perchè troppo impegnati ad intascare il loro "particolare", quali saranno i nuovi strumenti politici e i nuovi soggetti che detteranno l’agenda politica per il futuro.
Di fronte a questa crisi e al modo di gestirla degli attuali governanti sembra chiaro come la politica andrà avanti insieme ad un inevitabile inasprimento dei conflitti sociali ovvia conseguenza della tendente polarizzazione della stratificazione sociale che spesso va di pari passo a quella politica. Quindi da una parte sempre più presente la confidustria in rappresentanza di un sistema economico al bivio che però ha intenzione di continuare a ricercare profitti servendosi della mano "pubblica" per socializzare le perdite, dall’altra i soggetti che queste perdite non possono e non vogliono socializzarle. Sempre più distante la cosa pubblica dal bene pubblico, dunque.
In tutto questo quindi guai a chi ripeterà che i movimenti sociali contro la crisi sono antipolitici, (l’Onda studentesca ad es.), perchè sarà chiara, in chi lo dice, la volontà di conservare uno status quo dove l’antipolitica è rappresentata proprio dai politici di professione.
Nonostante Domenici si incateni e la Iervolino si arrabbi, noi pensiamo sia giusto ri-pubblicare l’articolo dell’Espresso curato da Gianluca de Feo titolato "Compagni Spa".
Da sottolineare, "la bontà" di soggetti come il tanto amato/odiato assessore Cioni. Conquistò gli onori della cronaca nazionale con il famoso editto contro i lavavetri colpevoli secondo la giunta di "sinistra" (il sindaco Domenici appoggiò il suo assessore) di disturbare i cittadini e il decoro urbano.
L’assessore dell’amministrazione fiorentina fu soprannominato "lo sceriffo" per il piglio rude e deciso che adottò non solo contro i lavavetri, ma contro i mendicanti e contro chiunque con la propria esibita povertà potesse disturbare i cittadini. Si apprende che l’assessore "sceriffo" (che sembra voglia concorrere alle primarie per sindaco di Firenze) mentre faceva rincorrere mendicanti, lavavetri e proclamava la tolleranza zero (un modello, per il nostro sindaco Filippeschi), si adoperava affinché i palazzi della provincia e della regione venissero costruiti dalla Fondiaria di Salvatore Ligresti nel polmone verde di Firenze, ottanta ettari di alberi in località Castello. Un progetto urbanistico ritenuto disastroso che prevede colate di cemento e senza percepibili miglioramenti della vita dei cittadini. Tutto questo perchè? L’Espresso riferisce : un contributo di 30.000 euro per i 200.000 opuscoli contro i lavavetri, un premio e una promozione per il figlio che lavora alla Fondiaria e una casa di pregio nel centro di Firenze in affitto per una sua amica al prezzo di seicento euro mensili.
Ecco l’articolo di De Feo:
Compagni Spa
Fausto Rapisarda. Il capoufficio sgrida suo figlio e lo rimprovera per i ritardi? Il papà assessore mobilita Rapisarda, la voce del padrone, che bacchetta il capoufficio e poi blandisce il rampollo: "Mi telefoni per qualunque cosa".
Per Cioni non c’è il partito né il Comune, ma uno schieramento che chiama "la famiglia". Né lui né gli altri indagati temevano la legge, sembravano sentirsi protetti. L’inchiesta del nuovo procuratore capo Giuseppe Quattrocchi e le registrazioni del Ros li hanno spiazzati. È uno choc, che rischia di abbattere il mito dello sviluppo sostenibile toscano, di uno stile di vita capace di coniugare progresso e tradizione costruito dal Pci in mezzo secolo di governo. Gli eredi di questa tradizione sembrano avere smarrito il contatto con la realtà della città. Progettano opere discusse e discutibili come la linea tramviaria. Infilano nei contratti pubblici società personali, come quella del capogruppo Alberto Formigli: il consiglio comunale che ha respinto le sue dimissioni si è trasformato in una rissa. E l’inchiesta è solo agli inizi. Ogni giorno il Ros va in altri uffici a setacciare capitolati: ci sono accertamenti su decine di progetti di Comune, Regione e Provincia con migliaia di telefonate scottanti da analizzare. Insomma, in Toscana si prepara un inverno di passione.
A Napoli il dramma si è già materializzato nella scelta estrema di Gianni Nugnes, l’ex assessore che si è ucciso dopo l’arresto per i disordini contro una discarica. Un politico che restava ancorato alla sua Pianura, il quartiere con il record di edifici clandestini. Dicono che si sia sentito isolato, chiuso in un angolo per le scelte di suoi ex colleghi. Come Enrico Cardillo, potente assessore al Bilancio, che con le sue dimissioni pare cercare riparo per sé e per il sindaco Rosa Russo Iervolino dal prossimo tsunami giudiziario. In due anni la giunta Iervolino ha già perso sette assessori, tutti azzoppati dalla magistratura e finora sostituiti con personaggi di alto livello. Le anticipazioni del ‘Mattino’ prefigurano un nuovo terremoto in quei palazzi infausti per la sinistra, dove solo dieci mesi fa naufragò il governo Prodi. Questa volta l’epicentro dovrebbe essere in municipio, tra le poltrone della Margherita. Al centro delle indagini c’è il potere di Alfredo Romeo, un superstite della vecchia Tangentopoli partenopea diventato il monopolista nella gestione di immobili pubblici e considerato vicino all’area di Francesco Rutelli. Il gruppo Romeo ha una rete di relazioni che arriva ovunque: cura persino la manutenzione del Quirinale, del Senato e del ministero dell’Economia. Gli hanno affidato centinaia di migliaia di case popolari e gran parte delle cartolarizzazioni: nel 2001 è stato pure incaricato di vendere lo stadio Olimpico. Gli atti giudiziari lo accusano di aver osato l’impossibile: fa lavori abusivi nella sua splendida villa di Posillipo e quando la procura mette i sigilli al cantiere, lui va avanti. E quando la magistratura lo denuncia, secondo un’inchiesta appena chiusa, un importante giudice si sarebbe mosso per convincere i colleghi ad archiviare la pratica.
Ma la questione Romeo potrebbe non essere solo campana. Le sue aziende arrivarono sul Campidoglio negli anni di Rutelli. Poi dalla giunta Veltroni hanno ottenuto il mega-appalto da 650 milioni per la manutenzione stradale, sospeso a fine agosto da Gianni Alemanno con il risultato di lasciare le strade costellate di buche e cantieri che hanno inghiottito fiumi di denaro. Sono disastri che mostrano come il problema non è solo etico: la malapolitica produce arretratezza, servizi inefficienti, sprechi. Se nel Lazio ci fosse un sistema moderno di smaltimento dei rifiuti, la convivialità alla vaccinara tra l’assessore Mario Di Carlo, già numero uno della Margherita, e il monopolista delle discariche forse avrebbe suscitato meno clamore. Invece di emergenza in emergenza la spazzatura dei romani continua a marcire nell’orrido di Malagrotta. O lo spettacolo finale del centrosinistra abruzzese, dove alla vigilia del voto la maggioranza colata a picco dall’arresto di Ottaviano Del Turco corre ad assumere in pianta stabile schiere di portaborse.
Non ci sono pregiudiziali etiche: le porte restano sempre aperte per presunti corrotti o tangentisti. Quando al sindaco pd di Perugia Renato Locchi i magistrati hanno chiesto se aveva incontrato un costruttore, finanziatore della sua campagna, poi arrestato per mazzette e scarcerato, lui risponde: "Il fatto che sia stato 50 giorni in cella non significa che non possa continuare a svolgere il suo lavoro". Anche a Trento la presunzione di innocenza ha un sapore beffardo. Prima delle elezioni un’inchiesta ha coinvolto i vertici dell’Autostrada A22, ipotizzando reati bipartisan: c’era un uomo di Forza Italia ma anche il presidente Silvano Grisenti, legatissimo al governatore pd della Provincia, Lorenzo Dellai. Grisenti viene accusato di corruzione, turbativa d’asta, tentata concussione per sponsorizzazioni e contratti da assegnare a società di suoi familiari: è l’uomo della ‘magnadora’, la mangiatoia. Una grana a poche settimane dalle elezioni? Dellai l’ha trasformata in un punto di forza, costringendo l’indagato a dimettersi senza se e senza ma. La condanna politica ha trasmesso negli elettori un’immagine di pulizia, contribuendo alla vittoria del centrosinistra. Ma lunedì 1 dicembre, tre settimane dopo il voto e 70 giorni dopo le dimissioni, si scopre che Grisenti ha ottenuto un incarico nell’ente presieduto da Dellai: un ufficio creato su misura per coordinare i programmi di cooperazione internazionale. "Ha il pieno diritto di tornare al lavoro", ha spiegato Dellai, citando la Costituzione. Sintetico il commento dell’interessato: "Ho una famiglia numerosa".
‘Tengo famiglia’ è un argomento che funziona meglio dell’indulto: fa perdonare tutto. Così come si chiude un occhio per cavalleria sulle frequentazioni femminili. A Foggia, per esempio, il sindaco è sotto processo per i favori concessi alla sua "segretaria particolare". L’ha assunta nello staff, con stipendio di 3.500 euro al mese, l’ha poi nominata nel consiglio d’amministrazione di una municipalizzata, ma la signora avrebbe continuato a usare beni del Comune senza titolo: solo di telefonino 6 mila euro di bolletta. Per difenderla il sindaco, sempre secondo i magistrati, avrebbe anche falsificato documenti. Peccati veniali? Orazio Ciliberti è sotto processo per questa storiaccia e per un’altra vicenda, ma rimane primo cittadino, membro della Costituente del Pd e vicepresidente nazionale dell’Anci.
Restano relegati in periferia anche i peccati d’omissione, veri o presunti. A Crotone la procura ha preso di mira Europaradiso, il faraonico insediamento turistico dove si sarebbero concentrati gli interessi della nuova mafia calabrese. I pentiti hanno parlato di summit tra emissari delle cosche e i dirigenti locali del Partito democratico: il capogruppo Giuseppe Mercurio si è dimesso dopo un avviso per concorso esterno in associazione mafiosa. Il problema è che questo scenario era stato denunciato un anno fa da Marilina Intrieri, all’epoca parlamentare Pd, per cercare di bloccare l’ingresso nelle liste dei nomi vicini ai clan. Si rivolse a Marco Minniti, all’epoca sottosegretario agli Interni e oggi ministro ombra, e a Marina Sereni, vicepresidente dei deputati Pd. Spiega Marina Sereni: "Vista la gravità di quanto sosteneva, le dissi di rivolgersi alla magistratura". Il Pd non c’entra: l’etica non riguarda il partito, ma è compito esclusivo delle procure. E allora a cosa si riduce la politica?
Perché tutta la mappa dell’Italia rossa è costellata di inchieste che rischiano di esplodere o che hanno sfiorato il sistema di potere passato dal vecchio Pci al Pd. Prendete l’Umbria. Il sindaco di Perugia nello stesso verbale in cui difendeva la presunzione di innocenza del costruttore inquisito, parla delle sue frequentazioni con Carlo Carini, il re dell’asfalto. Nello scorso maggio Carini è finito in manette assieme ad altri 30 tra impresari e funzionari di Regione, Provincia e di alcuni comuni. Tre assessori provinciali hanno presentato le dimissioni, subito respinte. Le intercettazioni hanno fatto emergere una cupola che dominava i lavori stradali e che si compiaceva di usare il lessico mafioso: "Sì, sono il capo dei capi". Nessuno ha collaborato, l’istruttoria non è arrivata ai piani alti: è rimasta una storia di geometri. Almeno per ora.
Genova invece si è appena ripresa dallo choc per la retata che a maggio fece traballare il sindaco Marta Vincenzi e le tolse letteralmente il sonno: "Quei cattivi guaglioni mi hanno pugnalato a tradimento". Gli investigatori sono partiti dal municipio e adesso scavano nelle attività di altri enti. Il peggio è passato? I magistrati potrebbero regalare un brutto Natale al centrosinistra ligure: è in arrivo la chiusura delle indagini, che toglierà il segreto su molti dossier. La storia è nota. Un industriale della ristorazione cerca di mettere le mani nel piatto delle mense cittadine, 26 mila pasti al giorno, e vuole "oliare il meccanismo". Sono finiti in carcere il portavoce della Vincenzi e due consiglieri comunali mentre due assessori indagati si sono dimessi. Solo pochi giorni fa è stato pubblicato il verbale di Massimo Casagrande, l’ex consigliere arrestato, che ricostruisce l’inizio della trama: "Era ancora in corso la campagna elettorale della Vincenzi. Roberto Alessio si dichiarò disponibile a dare un contributo. Ventimila euro. Nel frattempo chiese un nostro interessamento"….
l’articolo oroginale: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Compagni-Spa/2051360//1