Torino: via Pisa diventa via Serantini

Torino_ La notte di giovedì 7 maggio via Pisa è stata rinominata. Da oggi è “via Franco Serantini. Anarchico di 20 anni ucciso dalla polizia. Pisa, 7 maggio 1972”.


Uno striscione con scritto “casa per tutti” è stato inoltre appeso alle finestre della palazzina ex Enel proprio lì in via Pisa 5.

Questa casa, abbandonata da molti anni è inutilizzata e lasciata all’incuria. Lo scorso luglio venne occupata da alcune famiglie rom, che vivevano nelle baracche di via Germagnano. Stanchi di una miseria che aveva segnato ogni momento delle loro vite, decisero di dare un po’ di futuro a se ed ai propri figli. I bambini si svegliarono urlando quando le truppe dello Stato in tenuta antisommossa fecero irruzione nell’edificio. Li hanno riportati a forza lungo la Stura. La casa è rimasta lì a testimoniare la follia di chi tiene vuoto un palazzo, mentre i bambini crescono in catapecchie immonde, giocando tra il fango e i topi.


(tratto da indymedia piemonte)


Di seguito riportiamo il volantino della FAI, distribuito nel pomeriggio al punto info contro la repressione:

Morire di maggio. Franco e Hassan
Lo Stato uccide

Il 7 maggio 1972 moriva nel carcere di Pisa Franco Serantini. Aveva vent’anni ed era anarchico. Due giorni prima, una manifestazione antifascista contro il comizio del deputato fascista Beppe Niccolai viene più volte caricata con violenza. Franco viene pestato a sangue dagli uomini della “celere” di Roma, arrestato e portato in carcere. Il giorno dopo sta malissimo ma il dottor Mammoli gli da appena un’occhiata prima dell’interrogatorio del magistrato. Agonizzerà per tre giorni in cella.

Franco è una delle tante vittime di quegli anni, quando la violenza dello Stato si scatenava contro l’opposizione politica e sociale. Erano gli anni delle stragi di Stato e dei morti ammazzati in piazza, gli anni della strategia della tensione (le bombe dei servizi segreti, i tentativi di colpo di stato). Un sistema politico e sociale che aveva imbalsamato la Resistenza, represso la protesta operaia e contadina, stava traballando sotto la pressione di un movimento che prolungava l’onda delle lotte del Sessantotto e del Sessantanove a scuola e in fabbrica.

Franco era un figlio di nessuno, un orfano passato da un istituto ad un altro, che, a Pisa, pur non avendo ricevuto alcuna condanna, viveva in regime di semilibertà nel riformatorio "Pietro Thouar”.

Un ragazzo senza passato e senza futuro, che tuttavia non è stato dimenticato.

Era il 23 maggio dello scorso anno. Al CPT di corso Brunelleschi muore “Hassan”, un tunisino senza carte. Uno dei tanti che le leggi razziste di questo Stato condannano alla prigione amministrativa e alla deportazione. Hassan sta molto male: agonizza nella sua cella, ma non viene curato, né trasportato in ospedale. Gli altri reclusi chiedono aiuto, gridando inutilmente nella notte. Diranno poi: “Siamo come cani al canile. Abbai e nessuno ti ascolta”.

Il CPT – ora CIE – di Torino è gestito dalla Croce Rossa, guidata dal colonnello Antonio Baldacci, che dichiarerà che i suoi “ospiti” sono “clandestini abituati a dire bugie. Per loro è facile ed abituale non dire la verità.”

Baldacci è un medico che fa l’aguzzino, gestendo una prigione dove un uomo è morto per mancanza di cure, dove uomini e donne sono chiusi come cani. Trattati peggio.

Il dottor Baldacci, come il dottor Mammoli del carcere di Pisa, serve un potere feroce, un potere che uccide chi si oppone, un potere che non ha pietà dei figli di nessuno e degli stranieri senza carte. Oggi come ieri.

In questi giorni a Torino si fa un gran parlare del carabiniere schiacciato da un treno mentre inseguiva un pusher tra i binari della ferrovia. L’umana pietà per un uomo che muore non può farci dimenticare i tanti uomini e donne morti in questi anni, mentre fuggivano un controllo di polizia, carabinieri, guardia di finanza. Qualcuno è annegato nel Po o nella Stura, una ragazza è scivolata dal tetto, un uomo è caduto dalla finestra di casa, un altro è stato sparato ad un posto di blocco.

I razzisti soffiano sul fuoco, alimentando la guerra tra poveri, nelle periferie dove morde la crisi, dove tutti fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Al presidio dei Comitati spontanei del 4 maggio una donna, parlando in pubblico, ha detto “Io sto diventando razzista. Anzi sono razzista. Non mi importa se muoiono nei tir, non mi importa se annegano. Li ammazzerei tutti. Con le mie mani.” Intorno a lei gli altri hanno applaudito a lungo.

Il nostro paese è in guerra. Qui come in Afganistan, dove, il 3 maggio, è morta una bambina. L’hanno ammazzata dei professionisti, i parà della Folgore, ma i mandanti sono al governo. Sono gli stessi che armano la mano di poliziotti e carabinieri per le strade, sono gli stessi che assolvono gli assassini in divisa, quelli di Franco, di Hassan, dei tanti morti durante retate e controlli.

Ma sono anche in mezzo a noi. Sono quelli cui non importa se gli immigrati muoiono, perché li ammazzerebbero tutti. Con le loro mani.
Bisogna fermarli. Subito.

Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46 Torino – la sede è aperta ogni giovedì dalle 21 in poi
fai_to@inrete.it

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