Pisa, 15-05-09. Già dal primo pomeriggio, passeggiando per i corridoi della Normale, si avverte che quella di oggi non è una giornata qualunque: poliziotti, carabinieri, agenti in borgese, personale della sicurezza e tanti curiosi attendono l’arrivo di un ospite di particolare rilievo anche per il prestigioso appuntamento del “Venerdì del direttore”: Roberto Saviano.
Ultimati i preparativi per accogliere un pubblico vastissimo, diviso tra cinque diverse aule, la conferenza ha inizio.
Ultimati i preparativi per accogliere un pubblico vastissimo, diviso tra cinque diverse aule, la conferenza ha inizio.
Dopo una breve presentazione dell’ospite da parte del professor Settis, che descrive Saviano come l’esempio dell’Italia che resiste al degrado, dei giovani che si impegnano, si interessano e combattono, inizia l’intervento dello scrittore. L’apertura è dedicata alle recenti vicende italiche in materia di immigrazione: dai respingimenti dei migranti provenienti dalla Libia all’approvazione del pacchetto sicurezza. Il tono di Saviano non è quello di chi fa polemica politica, ma quello di chi riporta con cognizione di causa fatti oggettivi, dati. E il dato è che la generalizzazione basata su una sovrapposizione tra fenomeni migratori e criminalità è, come tutte le generalizzazioni, pericolosa. Pericolosa perché non tiene conto, o non vuole tener conto, della reale dimensione di un problema, quello dei flussi migratori, che non può essere affrontato basandosi sul binomio respingimento/accoglimento.
Saviano, in sostegno alle proprie affermazioni, descrive il modo in cui le mafie hanno affrontato il fenomeno. Se fino a qualche anno fa l’atteggiamento delle grandi organizzazioni criminali era basato su un feroce razzismo, applicato scientificamente su un territorio controllato con il pugno di ferro, ben presto anche le mafie si sono accorte dell’impossibilità materiale di contrasto frontale del fenomeno, e dunque della necessità di gestirlo. Come può dunque lo stato italiano, a fronte di un fenomeno del genere, gettare la spugna e, facendo finta che il problema non esista, lasciare alle mafie la gestione dei flussi migratori?
Quello del rapporto tra stato e criminalità è un altro dei temi centrali dell’intervento di Saviano, che spiega come l’impero delle grandi organizzazioni criminali non sia basato solo sulla detenzione brutale del monopolio della violenza all’interno di determinati territori, ma anche e soprattutto su un sistema economico basato sulle comuni leggi della domanda e dell’offerta. Chi paga il pizzo e si arrende alle estorsioni spesso non lo fa solo per paura, ma anche per convenienza. Le mafie, in cambio di soldi, offrono un servizio in termini di protezione, sconti, favori di vario genere. Fino a che lo stato non sarà in grado di scardinare questo meccanismo, battendo le organizzazioni sul loro terreno, costruendo un’economia virtuosa che si opponga al sistema economico attuale, non ci sarà alcuna possibilità di superare meccanismi ormai consolidati.
Qua e là la questione immigrazione riemerge all’interno di un intervento che si fa sempre più sentito, accorato, incentrato da una parte sulla presentazione di un’esperienza personale, dall’altra sull’appello alla partecipazione attiva. Più volte lo scrittore spiega infatti che la forza, l’impatto che il suo lavoro ha avuto, non è tanto il frutto di una sorta di eroismo personale, quanto della comunità dei lettori, che nel fare di Gomorra un caso editoriale di proporzione mondiale ha contribuito personalmente a renderlo un’arma affilata contro le mafie.
Dopo la fine delle grandi dittature, l’arte critica, l’inchiesta, per essere efficaci non devono solo denunciare, non devono solo gridare che il re è nudo, ma devono essere in grado di far ascoltare il proprio grido da tantissime persone, tanto da far sì che diventi impossibile ignorarlo. È il coinvolgimento che una denuncia riesce a creare a renderla efficace, è la capacità di chiamare in causa il lettore, costringendolo a schierarsi, che rende efficace la critica. A margine di questa accorata difesa di un ideale di cittadinanza partecipata e attiva traspare la difficile esperienza personale di un uomo, di un ragazzo che, ingaggiando una lotta difficile e impari, ha messo in pericolo la propria vita, ha sacrificato la propria tranquillità, la propria famiglia per intraprendere un’ardua battaglia. Dall’intervento di Saviano traspare tutto il peso di questa scelta, ma allo stesso tempo tutta la caparbia volontà e il coraggio che gli permettono di portarla avanti.
J. Bonnot