Rovelli in concerto tra Toscana e Liguria con l’album “LibertAria”

LibertAria è il nuovo progetto musicale di Marco Rovelli, dopo l’esaurimento della sua esperienza con Les Anarchistes. E’ un percorso che procede in parallelo con la sua esperienza di scrittura, in cui sono implicati a vario titolo – come co-autori ovvero come incontro da cui è nata un’idea – una serie di amici scrittori: Wu Ming 2, Erri De Luca, Francesco Forlani, Roberto Saviano, Maurizio Maggiani, e altri ancora.
 
La formazione del gruppo è singolare: intreccia la potenza rock del gruppo indie Kobayashi (chitarra-basso-batteria) con l’aura del violoncello di Lara Vecoli, e la fisarmonica e le tastiere di Davide Giromini.
“Noi sbandati, noi disertori che sosteniamo la terra / Miscredenti d’immensa fede, noi che spalanchiamo il cielo” – così recita il ritornello di Sbandati (Fuochi sulla montagna), una canzone che richiama la guerriglia partigiana, ma che indica allo stesso tempo una condizione universale, di resistenza ed esodo.
Ed è dall’urgenza di un Noi che parte Indiana, la canzone scritta con Wu Ming 2 in margine a Manituana: “A me non importa chi sono, Un nome solo è fiato sprecato, Io voglio sognare un sogno in comune, Io devo sapere chi siamo”.
Dal Noi parte L’odore del mondo, canto a margine di Gomorra, nato da un’idea condivisa con Roberto Saviano. Modellato sull’antica melodia “Briganti se more”, antico inno resistente di un Sud ribelle, scelta, con un’idea condivisa con Roberto, per essere inno di una nuova resistenza. Quale l’arma dell’oggi, per chi si vuole sottrarre alla Gomorra? Anzitutto, gli occhi aperti, attenti: il sapere, anzitutto.
 
Ecco allora l’incipit: "Noi che sappiamo". Un sapere incarnato in una matericità tattile, nelle cose: prendere in mano, dunque, le pietre e i mattoni e farne pietre d’angolo di una "nostra" intifada – in forme da sapere, da immaginare, da creare.
E poi La Comunarda, canzone scritta insieme a Francesco Forlani, un canto che celebra la comunità eretica e ribelle della Comune di Parigi, un canto di rivolta e di amore, dove le due cose tendono a essere la stessa.
Una comunità – quella di chi era a Genova nel 2001 – è cantata anche in L’intimità, canzone che è il risultato di una riscrittura di un testo che Erri De Luca aveva scritto appositamente qualche anno fa per essere musicato: la canzone si intitolava "Il maggio di Belgrado", e raccontava la comunità dei belgradesi sotto i bombardamenti della Nato nel 1999. Da Belgrado a Genova, dunque, nel segno di una comunità resistente. Quando cresce il pericolo aumenta pure tutto ciò che salva, recita il ritornello, che poi è un verso di Holderlin tradotto da Erri.
 
Una disperata vitalità, scriveva Pier Paolo Pasolini in una sua fondamentale e profetica poesia, a cui è ispirato il brano omonimo: e questa è, forse, l’attitudine di una simile comunità. Una comunità fatta di singolarità, ognuna delle quali vuole “la mia parte di Dio, la mia parte di anarchia” – come canta il brano (La mia parte, appunto) scritto con Maurizio Maggiani, ispirato a situazioni e personaggi del suo romanzo Il coraggio del pettirosso. Alcune canzoni si legano direttamente ai libri scritti da Marco Rovelli. La parabola e Dal campo, due canzoni di storie migranti (legati a Lager italiani, ed. BUR, un libro appunto di storie di migranti passati per i CPT, e al libro venturo, ed. Feltrinelli). Il dio dei denari, una canzone legata alle morti sul lavoro (su cui verte il libro Lavorare uccide).
Ma ci sono anche canzoni che hanno a che fare con gli aspetti più intimi dell’umano: per esempio Cirque de la solitude, ispirato a testi di Amelia Rosselli e Samuel Beckett, un canto di amore instabile, votato al tremore. E pure, insieme, un canto sul corpo come primario fatto politico: “e questo mio corpo è un campo di battaglia”.
 
E ancora, come celebrazione del comune, della comunità come festa – Per il vino, anche questa scritta insieme a Francesco Forlani.
Un progetto aperto, in progress. Del resto un progetto che si basa sul pronome Noi non può, per sua natura, essere mai pienamente definito, non può mai chiudersi.
(Da Wikipedia)
Marco Rovelli (Massa, 1969) è uno scrittore e musicista italiano. È cantante e autore di canzoni: fino al 2006 è stato parte del gruppo Les Anarchistes, poi ha intrapreso un percorso come solista. Insegna storia e filosofia nelle scuole secondarie.
Dopo alcuni esperimenti musicali come cantante nel gruppo degli Swan Crash (formazione musicale attiva nella seconda metà degli anni ’90 sulla scena musicale toscana, che aveva pubblicato un unico cd autoprodotto, dal titolo GraviDanze Lievi), l’affermazione di Marco Rovelli come cantante è legata alla vicenda musicale dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d’esordio.
 
Oltre che come cantante, la figura di Marco Rovelli si afferma all’interno del gruppo (che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana) anche come co-autore delle canzoni. Nel 2007 ha iniziato un percorso come solista.
Come scrittore, oltre che per il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, Rovelli è giunto alla notorietà nel 2006, con il libro Lager italiani, interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea, raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi, e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Suoi racconti e reportage sono apparsi su Nuovi Argomenti, Nazione Indiana (della cui redazione fa parte), il maleppeggio. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un’analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia.
 
4 luglio – Montignoso (MS) – villa Schiff, ore 21,30, ingresso gratuito
10 luglio – Livorno – Fortezza, apertura del Meeting antirazzista dell’Arci,con Africa Unite, Paolo Hendel, Paolo Pietrangeli, Griot Metropolitaine – ore 21,00, ingresso gratuito
18 luglio – Torano (Carrara, MS) – scuole – festa per Umanità Nova
20 luglio – Genova, piazza Alimonda – per Carlo
 
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