A partire dall’alba di quest’oggi [22/09/09, n.d.r.], centinaia di agenti paramilitari francesi hanno smantellato e abbattuto un campo di immigrati privi di documenti situato a Calais di fronte il canale della Manica, meglio conosciuto come la "Giungla" a causa della sua posizione tra i rovi e le dune di sabbia e alla presenza di una fitta boscaglia che ne occultava la presenza.
La decisione di eliminare le tende e le case fatiscenti attorno al porto è stato presa proprio per bloccare i tentativi degli immigranti senza documenti di entrare in Gran Bretagna, e contemporaneamente per interrompere la rete dei trafficanti che li assistevano proprio lì nella "giungla".
Il campo, con capanne e una moschea fatta di casse di imballaggio, coperte e teloni, è nato in seguito alla chiusura di un centro di accoglienza della Croce Rossa a Sangatte alla fine del 2002.
L’operazione era stata segnalata da parte delle autorità e molti immigrati – forse 1.000, secondo le notizie riportate – sono scappati via prima del raid.
Lo sgombero, iniziato alle 7:40, ha comportato una prima fase di allontanamento degli abitanti del campo, per lo più afghani, che si erano riuniti silenziosamente sotto uno striscione scritto in pashto e inglese che dichiarava: "La giungla è casa nostra, vi prego non distruggetela, se lo fate qual è allora il posto dove andare?".
Non sono mancati degli scontri tra i poliziotti e gli immigrati, oltre che con attivisti del gruppo No Borders, situazione che si è conclusa con l’arresto di 276 persone-tra cui 135 ragazzi- il cui destino sarà valutato caso per caso secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Immigrazione Eric Besson.
Nel corso di una dichiarazione alla radio RTL il ministro ha affermato che la Giungla "Non è un campo umanitario, ma è una base per trafficanti. Le autorità francesi hanno dichiarato che alcuni immigrati torneranno nei loro paesi di origine, altri potranno fare richiesta di asilo in Francia e altri saranno espulsi verso la Grecia, nazione attraverso la quale la maggior parte di loro è entrata nell’Unione Europea.
Pierre Henry, presidente del gruppo della campagna "France Terre d’Asile", ha definito tale operazione come uno sforzo per far sparire i clandestini, esattamente come "una moneta nel trucco magico dei tre bicchieri" spostandoli verso i vicini Belgio o Paesi Bassi.
"L’operazione a Calais non fermerà partenze da Kabul", ha detto. "I trafficanti troveranno altre vie che sono più complesse e più pericolose".
Il ministro degli Interni britannico Alan Johnson ha negato che la Gran Bretagna sarà costretta a prendere gli immigrati della "Giungla di Calais" e ha inoltre affermato che i rifugiati dovrebbero richiedere la tutela nel primo paese dell’Unione europea che raggiungono.
Johnson ha dichiarato che la Gran Bretagna sta lavorando a stretto contatto con la Francia proprio per prevenire l’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani, "Stiamo lavorando con i francesi, non solo per rafforzare la nostra frontiera comune, ma quella di tutta l’Europa", ha aggiunto.
Tuttavia, Sir Andrew Green, presidente della "Migrationwatch think-tank", ha suggerito che la politica della Gran Bretagna in materia di immigrazione è parte del problema. "Questa è una decisione apprezzabile, ma non affronta la causa principale del problema, vale a dire che la politica in tema di immigrazione della Gran Bretagna è considerata come un ‘soft touch’. "Perché altrimenti la gente è in coda fino a Calais?" ha aggiunto.
Secondo Sir Andrew il governo dovrebbe essere più serio sulla rimozione dei richiedenti di asilo respinti, ed esclude assolutamente il parlare di una possibile amnistia.
Vari attivisti per i rifugiati hanno accolto con favore la chiusura del campo, ma hanno avvertito che il problema si sposterà altrove. "E’ giusto che debba essere chiuso", ha detto Dan Hodges dell’associazione Refugee Action. "Ma se è possibile spazzare via il campo, non si può semplicemente spazzare via il problema". Questo è un problema di portata europea, che ha bisogno di una soluzione a livello europeo.
ALESSIA CARLOZZO per Agenzia Radicale
Nella foto (Reuter): il campo di Calais, Aprile 2009.