Honduras: dittatura, coprifuoco, resistenza.

Non è facile descrivere quello che è accaduto in questi tre mesi, soprattutto negli ultimi giorni, e quello che sta accadendo in queste ultime concitate ore. Apprensione, paura, impotenza.
Il governo golpista di Micheletti ha definitivamente gettato la maschera, le ultime parvenze di regime democratico sono miseramente crollate, il vero volto dittatoriale e fascista appare in tutta la sua brutalità. Nel pomeriggio di domenica 27 settembre è stato reso pubblico il decreto esecutivo PCM-M-016-2009.

Il decreto consta solo di due pagine, ma sono due fogli che danno i brividi: a partire dalla sua entrata in vigore, e per un periodo di 45 giorni, sono sospesi i diritti di libertà personale, di libera espressione, di libera associazione e riunione, di libera circolazione e i diritti dei detenuti. Come se non bastasse il governo golpista si riserva il diritto di chiudere i mezzi di comunicazione che risultino essere ostili al governo (di fatto due: RadioGlobo e Canal 36).
Ancora, i militari e la polizia hanno l’ordine di poter usare liberamente la violenza, che, considerando l’uso già fatto nei tre mesi passati, equivale a concedergli carta bianca.

Da ultimo, ma non meno importante, si potranno arrestare tutte le persone che si trovino fuori dall’orario di circolazione previsto (vige uno stato di coprifuoco, tal volta di giorni) o che siano ritenuti sospetti da parte di militari e polizia.
Dal canto suo il legittimo Presidente della Repubblica, Josè Manuel Zelaya, dall’ambasciata del Brasile dove si trova asserragliato dal 21 settembre (giorno del suo inaspettato e clandestino rientro), ha denunciato e definito, all’emittente RadioGlobo, il provvedimento come “una barbaridad que indigna”, facendo un ulteriore appello all’articolo 3 della Costituzione, ossia alla legittimità del popolo all’insurrezione.

All’appello, definito da Zelaya l’“offensiva finale” e reiterato anche nei giorni precedenti, hanno risposto in massa e dal resto del paese continuano a mobilitarsi per raggiungere la capitale del paese, Tegucigalpa, con ogni mezzo, per l’immensa manifestazione prevista per il 28 settembre, a tre mesi esatti dal colpo di stato.
Ma lo sconsiderato governo illegittimo di Roberto Micheletti non finisce di stupire. Nei giorni scorsi ha lanciato un ultimatum al governo brasiliano affinché chiarisse lo status di Zelaya.

A seguito del rifiuto del Presidente Lula, il quale ha dichiarato di non voler accettare proposte fatte da un governo golpista e quindi illegittimo, il governo del regimen de facto ha dichiarato, nella mattinata di domenica 27 settembre, che tra dieci giorni a partire da oggi (27.09.09 n.d.r.) la delegazione brasiliana perderà il suo status diplomatico. Lula per tutta risposta ha reiterato come Zelaya sia l’unico e il legittimo Presidente dell’Honduras, sottolineando che se i golpisti entreranno con la forza nella sede diplomatica, violeranno tutte le norme di diritto internazionale.

Nelle ultime ore il governo de facto ha continuato a isolarsi politicamente dal resto della comunità internazionale, passando all’offensiva con la stessa precisione di un cieco con la pistola, rompendo le relazioni diplomatiche con Argentina, Spagna, Messico e Venezuela (i cui funzionari dovranno consegnare i carnet diplomatici e le ambasciate ritirare le bandiere dagli edifici).

La furibonda offensiva del governo golpista è stata fatta, sorprendentemente, dopo l’annuncio da parte dell’Unione Europea e dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA, nella sua sigla in spagnolo) di ordinare ai propri ambasciatori il ritorno a Tegucigalpa, dopo che gli stessi erano stati ritirati in seguito al 28 giugno, come gesto di protesta nei confronti del governo di Micheletti, al fine di favorire la ripresa del dialogo, che stava avendo luogo nei giorni scorsi, ma che ora pare giacere sotto un cumulo di cenere fumante.
Inoltre, nell’intensa mattinata del 27 il governo golpista ha impedito l’ingresso al paese agli alti funzionari dell’OEA, generando lo sdegno del Segretario Generale di quest’ultima, Josè Miguel Insulza. Il principale obiettivo della commissione era preparare la visita nella capitale di una Missione composta da funzionari dell’OEA e Ministri degli Esteri di vari paesi.

Nel frattempo, durante le notti in Honduras impera il terrore. La dittatura ha trasformato il Paese in un immenso carcere, dove durante il coprifuoco polizia e militari umiliano, sequestrano, torturano e ammazzano gente. Veicoli con militari e poliziotti incappucciati pattugliano le strade e rastrellano membri della resistenza, sparando e entrando illegalmente nelle case. Per tutta la città gli unici rumori udibili sono quelli degli spari, delle sirene della polizia e delle grida terrorizzate della gente, mentre le stazioni di polizia si riempiono di persone sanguinanti.

Tutt’ora non si conosce il numero preciso di persone detenute ogni notte. Non si sa quanti corpi sono feriti, umiliati, maltrattati durante le notti in Honduras. Non si conosce il numero di donne che sono violate. Non si conoscono i nomi, l’età, non si conoscono i testimoni, perché a questo serve il coprifuoco. Nelle notti in Honduras non brillano le stelle, ma solo le luci delle pattuglie e il sangue di quelli che cadono per mano di queste fiere in uniforme.

Nonostante tutto questo, il sole sorge la mattina e l’indignazione per quanto accaduto durante la notte fa sì che sempre più gente si unisca alla resistenza e i fieri honduregni riprendono a manifestare, a occupare strade, a organizzare blocchi.
Dopo novanta giorni di resistenza, di corpi contro proiettili, di bestialità contro speranza, di campi da baseball trasformati in campi di concentramento, le organizzazioni dei diritti umani contano più di 600 detenuti, almeno ufficiali, innumerevoli feriti e morti di cui si saprà il numero preciso, forse, solo alla fine di questa barbarie. Però molti sono gli incarcerati e torturati durante la notte che non vengono denunciati per paura.

Alto è il numero di persone che ha subito minaccia di morte o che è stata costretta a lasciare il paese, come durante le più feroci dittature degli anni ’80 in questo continente.
Le terribili violazioni di diritti umani commessi, in uno degli stati più poveri del continente e ora anche sull’orlo della guerra civile, e il terrore che questa dittatura sta seminando, non fanno paura. Domani è un altro giorno, domani è un altro giorno di lotta e resistenza.

NOS TIENES MIEDO PORQUE NO TENEMOS MIEDO
Hanno paura perché non abbiamo paura

CON LA RESISTENCIA DEL PUEBLO DE HONDURAS HASTA EL FINAL

Alessandro Bello,
Tegucigalpa, 27 Settembre 2009

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