Secondo la Prefettura di Pisa le domande presentate in Toscana per la
regolarizzazione dei rapporti di lavoro irregolari di colf e badanti
extracomunitari sono state 15.863. Dalla nota emerge che Firenze è al
primo posto con 4.496 domande seguita da Pisa (2511), Prato (1724),
Livorno (1389), Lucca (1067), Arezzo (1003), Pistoia (797), Siena
(722), Massa Carrara (584). Ultima Grosseto con 570 domande presentate.
Riportiamo un interessante intervento di Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa:
L’Inps attendeva tra le 500.000 e le 700.000 domande di emersione dal
lavoro irregolare ed invece, le statistiche del Ministero, con i dati ufficiali di fine procedura, parlano di neppure 300.000 moduli inoltrati.
La regolarizzazione riguarda per la maggiore cittadini provenienti
dall’Ucraina, oltre quarantamila, seguiti dai cittadini del Marocco,
della Moldavia, gli unici a superare il tetto delle 30.000 domande
inoltrate.
Sono colf circa 175.000, badanti invece, poco più di
100.000. Non è però ancora possibile sapere (il Ministero non ha reso
pubblici i dati) quale sia la distribuzione per sesso delle domande.
Questi i dati diffusi dal Viminale che però non ha diramato alcuna
notizia rispetto all’emersione di cittadini italiani o comunitari. Non
c’era dubbio, prevedere la loro possibilità di regolarizzazione era
apparsa fin dall’inizio come una operazione di facciata.
Ma davvero colf e badanti "in nero" sono solamente 300.000?
Le domande inviate con il decreto flussi 2007
riguardavano per la metà proprio lavoratori domestici. Si trattava di
350.000 richieste di assunzione. Sono passati due anni da quel famoso
click day e se è vero che molti nulla osta sono stati consegnati e che
alcune di quelle domande riguardavano lavoratori veramente ancora
residenti nel loro paese d’origine, è vero anche che moltissimi altri
cittadini stranieri, in questo biennio, avranno fatto ingresso nel
territorio dello stato italiano.
In più, la previsione della
possibilità di emersione legata esclusivamente al settore
dell’assistenza alla persona e del sostegno al bisogno familiare, ha
sicuramente incentivato molti, magari impiegati in altri settori, ad
inserirsi nella procedura figurando come colf o badanti per ottenere il
tanto sperato permesso di soggiorno.
Perchè allora così poche domande?
Le risposte sono sotto gli occhi di tutti.
Certo, la crisi ha mutato radicalmente l’impatto delle
migrazioni nel mercato del lavoro. Il lavoro migrante non è più, come
un tempo, il motore dell’economia. Ma delle badanti, dell’assistenza,
crisi o non crisi, non possiamo fare a meno, dentro un quadro di totale
esaurimento del welfare sociale.
Quando parliamo del lavoro di cura,
ci addentriamo in un settore che più di altri sottintende la
disponibilità a mettere di mettere al lavoro il proprio corpo, la
propria mente, i proprio affetti, la totalità del proprio tempo di
vita. E per rispondere a questa inalienabile esigenza niente di meglio
dei lavoratori extracomunitari, soprattutto se ricattabili perchè senza
permesso di soggiorno.
Lo stesso impianto della norma di regolarizzazione ha funzionato da disincentivo all’emersione dei lavoratori.
I parametri di reddito per regolarizzare un lavoratore come colf si
attestavano sui 20.000 euro, una capacità economica che in pochi
possono vantare. Inoltre l’impianto della procedura di regolarizzazione
ha funzionato da deterrente verso i datori di lavoro, che spesso si
sono rifiutati di mettere in regola i lavoratori.
L’assunzione è sconveniente, mentre invece il mantenimento della
situazione di irregolarità, con stipendi ovviamente più bassi rispetto
a quelli previsti dal contratto collettivo nazionale e soprattutto
senza dover pagare i contributi, insieme all’implicita possibilità di
ricatto legata all’introduzione del reato di clandestinità, permette
certamente una flessibilità ed una utilità maggiore del rapporto
lavorativo a vantaggio del datore di lavoro.
La norma poi, pur prevedendo la sospensione dei reati commessi dal
momento dell’invio della domanda, non offre alcuna sicurezza. Solo con
il perfezionamento del contratto di soggiorno infatti si avrà
l’estinzione dei reati, sia relativi alle norme sull’ingresso ed il
soggiorno, sia relativi alla normativa sul lavoro. Ma tra la data di
invio della domanda e quella della convocazione presso lo Sportello
Unico potrà passare molto tempo durante il quale potranno verificarsi
le situazioni più disparate.
In questo senso la sanatoria è stata scritta lasciano spazio a dubbi ed incertezze dai risvolti ovviamente drammatici.
Le uniche precisazioni del Ministero dell’Interno sono arrivate
attraverso le faq pubblicate nel sito del Viminale ed in ogni caso non
sono sembrate così sufficienti da regalare qualche certezza a datore di
lavoro e lavoratore.
Il testo poi è sembato fin da subito lasciare allo
stesso datore di lavoro la facoltà di scegliere se regolare o meno il
rapporto di lavoro. Questo forse è stato il punto che più di tutti ha
contribuito a mantenere così bassi i numeri delle domande inviate.
Ma davvero non vi era l’obbligo di regolarizzare il lavoratore?
Impiegare una persona irregolarmente costituisce un illecito. Vi è
sempre un obbigo di formalizzare e regolare un rapporto di lavoro.
Tant’è vero che quando i controlli da parte delle autorità competenti
verificano l’esistenza di un rapporto di lavoro sommerso, subentra in
primo luogo l’intimazione a regolarizzare quello stesso rapporto.
Questo obbligo dovrebbe essere rafforzato proprio nel momento in cui vi
è anche una norma, quella di regolarizzazione, che mette in campo una
facilitazione.
Più semplicemente: esiste un rapporto di lavoro irregolare, non è
lecito, sempre e comunque sarebbe dovuto essere stato regolarizzato,
tantopiù nel momento in cui una norma prevede la possibilità di farlo.
In questo senso è stato illuminante il caso sollevato davanti al
Tribunale di Brescia da parte di una cittadina straniera che, dopo aver
chiesto di essere regolarizzata, è stata licenziata dal datore di
lavoro. Il Tribunale di Brescia ha intimato l’immediata emersione di
quel rapporto decretando l’illegittimità del licenziamento proprio
perchè legato alla volontà di evitare la procedura di emersione.
Caso però troppo isolato e forse anche verificatosi troppo a ridosso
della conclusione dei tempi della procedura, per dare un pò di speranza
in più a quei lavoratori che dopo la data del 30 settembre, oltre ad
essere impiegati "in nero" e magari sottopagati, dovranno anche
guardarsi continuamente intorno per fuggire ai controlli che dall’8
agosto, con l’entrata in vigore del pacchetto sicurezza, comportano la
denuncia per il reato di ingresso e soggiorno irregolare.
Una sanatoria che lascia dunque l’amaro in bocca e dal
30 settembre proietta un’ombra sulla vita di centinaia di migliaia di
lavoratori stranieri.
Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa