Un bel boccone. Linguaggio più colorito non avrebbe potuto utilizzare Paolo Scaroni, l’amministratore delegato dell’ENI, per commentare l’assegnazione alla compagnia petrolifera italiana della licenza per il giacimento di Zubair – il quarto dell’Iraq.
E’ soddisfatto Scaroni, o almeno tale si mostra, dopo lo smacco di Nassiriya, il cui petrolio, ormai è praticamente sicuro, andrà ai giapponesi di Nippon Oil.
L’ENI conferma di essersi aggiudicata la licenza per Zubair – a capo di un consorzio che vede come "operatore" la società italiana, e del quale fanno parte anche la statunitense Occidental Petroleum Corporation, e la sudcoreana Korea Gas Corporation.
Ieri ad annunciare il raggiungimento dell’accordo da parte di Baghdad era stato il ministro del Petrolio, Hussein al Shahristani.
Zubair – riserve stimate in 4 miliardi di barili di greggio – è uno dei sei giacimenti petroliferi che l’Iraq aveva offerto nel primo round di gare d’appalto – il 30 giugno scorso, risoltosi quasi in un nulla di fatto. Perché di contratti ne era stato assegnato uno solo: quello per Rumaila, il maggiore giacimento, andato a un consorzio guidato dalla BP, con dentro anche i cinesi della CNPC, la compagnia di Stato.
Allora l’offerta del consorzio guidato dall’ENI per Zubair era risultata la migliore, ma la compagnia italiana e i suoi soci avevano sbattuto la porta, come la maggior parte delle altre major: troppo basso il prezzo offerto da Baghdad – 2 dollari al barile. Loro di dollari ne volevano quasi cinque: niente da fare.
E adesso, che cosa è cambiato? Molto, a detta di Scaroni.
"E’ cambiata la struttura del contratto", ha detto ieri da Londra l’amministratore delegato della compagnia petrolifera italiana.
"Oggi accettiamo due dollari al barile di fee perché sono cambiati molti aspetti del contratto. Non si possono paragonare i 4,80 dollari che chiedevamo allora con i due dollari di oggi". Se lo dice lui.
Un altro prezzo da pagare per concludere l’affare è stato sbarazzarsi dei cinesi di Sinopec. Facevano parte del consorzio originario, quello di giugno, ma ora che il contratto è stato approvato Baghdad non ne vuole sapere: lavorano nella regione kurda, e quindi sono sulla "lista nera" del ministero del Petrolio.
Contratto di servizio, joint venture
L’accordo concluso da ENI & Partners per Zubair in gergo tecnico si chiama "contratto di servizio": la compagnia, o le compagnie straniere vengono pagate per il lavoro fatto, ma non partecipano agli utili della produzione, a differenza di quanto avviene con i Production Sharing Agreement, i contratti preferiti dalle multinazionali, che gli iracheni vedono come il fumo negli occhi.
Ma dall’ENI ammettono che l’importante è entrare in Iraq. E di buono c’è che il contratto ha la durata di 20 anni, estendibili a 25.
A Zubair, come anche Rumaila, opererà una joint venture: il 25% resta all’Iraq, nello specifico alla South Oil Company, la compagnia di Stato che gestisce i giacimenti del sud, il 75% va alle compagnie straniere. L’ENI comunica di avere il 40%, "con possibili piccoli aggiustamenti nei prossimi giorni".
Sfida ambiziosa
Cosa dovranno fare la compagnia italiana e i suoi partner a Zubair? Aumentare la produzione: oggi si estraggono circa 195.000 barili di greggio al giorno, nell’arco dei prossimi sette anni bisogna arrivare a un plateau di 1,125 milioni di barili.
Scaroni parla di "sfida ambiziosa", a cui "dedicheremo tutto il nostro impegno".
E a chi gli chiede se l’ENI ha intenzione di partecipare ad altre gare in Iraq risponde che "oggi è prematuro dire quale sarà il nostro appetito in futuro".
A Baghdad, il ministro del Petrolio, Hussein al Shahristani, che il 27 ottobre dovrebbe andare a riferire in Parlamento, dove la sua politica è sotto accusa, ostenta soddisfazione. Oltre all’ENI e ai suoi partner, anche la russa LUKOIL e l’americana ConocoPhillips stanno riconsiderando la loro offerta per West Qurna Fase 1, un altro dei sei giacimenti che erano stati offerti a giugno.
Le compagnie straniere che allora avevano sbattuto la porta hanno fatto marcia indietro – la nostra fermezza ha pagato, dice il ministro nel corso di una conferenza stampa. E promette di rendere pubblici i contratti una volta che saranno stati firmati.
di Ornella Sangiovanni
Osservatorio Iraq, 14 ottobre 2009
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