presentato in questo articolo, ma sicuramente un evergreen per gli
amanti della Black music
e certamente una compilation che in maniera competente risponde alla
domanda “Ma se dovessi ascoltare qualcosa di Black anni ’70?? Da dove
inizio??”.
L’etichetta Blood & Fire ci propone una lavoro dal titolo evocativo e che rende giustizia ai brani inseriti: Darker Than Blue: Soul From Jamdown 1973-1977.
Gli
anni settanta sono stati sicuramente per ogni genere musicale un
periodo di creazione, evoluzione e trasformazione che fece ribollire la
testa di ogni artista e di ogni produttore; in quegl’anni la musica il
più delle volte rifletteva tematiche di vita e raccontava della realtà
che la gente viveva e dalle condizioni più estreme spesso maturava il
frutto più prelibato; in più la metà degli anni settanta viveva a pieno un fenomeno comune per i tempi: la contaminazione.
L’America voleva a tutti i costi tenere il passo e assimilava tutto ciò
che accadeva nel “mondo” musicale (e questo avvenne sia per il
centro-sud America che guardavano gli U.S.A., sia per gli U.S.A. che
guardava l’Europa), la Gran Bretagna (e l’Europa) accoglieva così tanti
immigrati che con la loro forza la fecero sbalzare alla ribalta dei
nuovi generi e delle nuove sperimentazioni: sono gli anni del punk, dello ska (2tone), del nuovo blues, del rinnovato jazz, del grande funk, del rocksteady che mutava in reggae, del dancefloor e chi più ne ha più ne metta.
Darker Than Blue
scatta una foto nel momento in cui un superbo reggae giamaicano
incontra un superbo soul americano, passando per il blues e toccando
pure il funk. Gli artisti raccolti nella compilation sono tra gli
esponenti di maggior rilievo della Black music di quegl’anni, prodotta
negli Stati Uniti.
Il capolavoro che apre la raccolta “Ghetto Funk”
è il manifesto di quanto detto prima; potente rappresentazione
dell’aria che si respirava in quel tempo per strada creata
dall’incontro del bassista reggae Boris Gardiner e del maestro pianista soul Leslie Butler.
“Slipping into Darkness”,
di Carl Bradney, è una bellissima cover riarrangiata che introduce un
altro aspetto caratteristico della compilation e riprende quanto detto
nell’introduzione: la musica che racconta ciò che circonda la gente e i
testi di molti brani dell’album mandano veri e propri “messaggi”. Sono
gli anni delle lotte per i diritti civili in America e le discriminazioni razziali sono al centro di denunce forti e decise. [“Laura slipping into darkness…”] “Laura dorme nell’oscurità…” recita il testo “…nel buio della sua stanza Laura dorme nell’oscurità, e spera che i sogni la portino lontano dalle minacce (ndr Ku Klux Klan)”.
“It It Because I’m Black?” di Ken Boothe si spiega da sola nel titolo e nell’autore che la esegue e Al Brown canta un pezzo storico dal titolo “Ain’t No Love in the Heart of the City” (l’originale è di Bobby “Blue” Bland) e il tema della dura vita del ghetto entra di prepotenza nella top ten R&B del 1974.
La compilation continua anche con stupende love songs come “Give me you love” eseguita dal grande Junior Murvin e “It’s a Shame” cantata dal maestro Alton Ellis.
Si ritorna alla realtà con “Darker than blue” di un “certo” Curtis Mayfield interpretata dal rocksteady Lloyd Charmers per arrivare alla bellissima "Why Can’t We Live Together?" eseguita da Tinga Stewart and the Revolutionaries.
Questa è una produzione che racconta di anni in cui la black music
esprimeva orgoglio e potenza tali da entrare di forza nelle top ten di
tutto il mondo, impossibile non averla.
Rasmas