Il Comune di Prato mette al bando kebab, sexy shop e lavanderie a gettoni nel centro storico della città. E’ quanto prevede una disciplina approvata in via transitoria dalla giunta e che costituirà parte integrante del nuovo regolamento comunale e del programma di qualificazione commerciale e rivitalizzazione del centro storico che l’amministrazione di centrodestra nel giro di pochi mesi approverà in via definitiva.
L’iniziativa è stata illustrata dall’assessore alle Attività produttive, Roberto Caverni, insieme al presidente della circoscrizione Prato Centro, Massimo Taiti, e ai rappresentanti delle categorie del commercio e dell’artigianato: Cna, Confartigianato, Confesercenti e Unione Commercianti. Secondo l’assessore della giunta retta dal sindaco Roberto Cenni, vale
per tutti «l’esempio di via Pier Cironi», dove i negozi sono ormai in
mano alla comunità nigeriana e dove anche l’estetica lascia a
desiderare.
Con il provvedimento il Comune di Prato, spiega una nota, si propone quattro obiettivi: individuare le merceologie incompatibili con le esigenze di tutela della zona Apu (Area Pedonale Urbana) e di quelle incompatibili con l’intero centro storico; stabilire norme a tutela delle tradizionali caratteristiche culturali ed ambientali della zona; individuare criteri e requisiti per l’apertura delle attività commerciali nel centro storico; individuare criteri per il mantenimento del decoro cittadino e per prevenire il degrado.
”Si tratta – ha sottolineato l’assessore Caverni – di un provvedimento condiviso da tutte le categorie che la giunta comunale farà entrare subito in vigore. Il nostro intento è quello di arginare la situazione di degrado in cui purtroppo versano alcune parti del centro storico della città e favorire un decoro sempre più elevato che possa riqualificare tutta la città”.
Tra le attività incompatibili all’interno dell’Apu ci sono le attività artigianali di cottura alimenti, quali kebab e similari, ”diverse da quelle tradizionali”; lavanderie self service e a gettone; sale giochi; sexy shop; discount e hard-discount; phone-centre, internet-point e money transfer. Nell’intero centro antico, prevede il provvedimento, ”non possono essere insediate attività ritenute incompatibili con l’esigenza di tutelare le tradizionali caratteristiche culturali ed ambientali della zona”. La decisione del Comune riguarda inoltre attività rumorose, autofficine, carrozzerie e altre.
Il precedente lucchese. La giunta di Lucca (Pdl più lista civica) a gennaio aveva approvato a
maggioranza un regolamento comunale su locali, bar e ristoranti: la
nuova disciplina (dalla quale si erano dissociati le minoranze Pd e
Prc) vietava ristoranti etnici in centro storico. «Non è ammessa
l’attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività sia
riconducibile ad etnie diverse», recitava l’ordinanza che poi è stata
modificata e ammorbidita.
Fonte: Adnkronos, Repubblica
Zeliha P.
Lucca vs. Pisa: la guerra delle ordinanze
29 Gennaio, 2009