Il piano sanitario Regionale toscano 20024 dette vita alla Società della Salute e stabilì l’obiettivo del "rilancio della cultura dell’integrazione del sistema sanitario con quello socio-assistenziale, il controllo della spesa attraverso il governo della domanda e la promozione dell’appropriatezza dei consumi e una azione diretta sui determinanti di salute".
Tradotto in altri termini nasceva allora un sistema basato sul precariato, sugli appalti al ribasso e sullo sfruttamento della forza lavoro. Mentre ai dipendenti comunali, comandati dalla società, veniva corrisposto un incentivo economico per portare il loro stipendio al livello dei colleghi della sanità, le cooperative assumevano centinaia di lavoratori e lavoratrici (spesso con elevata specializzazione) ad uno stipendio mensile di poche centinaia di euro, con contratti precari, senza ammortizzatori sociali e nessuna certezza per il futuro.
Nascevano posti di lavoro, ma sottopagati e ad alto tasso di sfruttamento. La società della salute è nata fin dall’inizio per ridurre il costo dei servizi e questa riduzione è stata costruita sulla pelle del terzo settore con contratti sfavorevoli (a noi applicano il contratto nazionale delle cooperative sociali che se va bene arriva a 1100 euro al mese).
Il Governo Berlusconi, appena insediato, ha deciso di porre fine alla interazione tra pubblico e privato a favore di un modello tutto basato sulla esternalizzazione (si veda la regione Lombardia dove le cooperative legate a Comunione e Liberazione la fanno da padrone).
Ecco così arrivare i tagli al fondo sociale nazionale e per la Toscana sono sfumati circa 30 milioni di euro al sistema socio sanitario che solo nel territorio pisano determinano il taglio di 1,8 milioni di euro (900 mila nel 2009 e 900 mila nel 2010). Dopo la forte riduzione oraria a cui sono stati sottoposti le lavoratrici e i lavoratori nel Gennaio di quest’anno, quando il taglio ammontava a circa 650 mila euro, oggi sono 50 i posti di lavoro a rischio.
Per questo chiediamo delle risposte alle amministrazioni locali per la salvaguardia del diritto al lavoro. La regione Toscana e le amministrazioni locali hanno fatto a gara ad accettare i patti di stabilità e le politiche del governo e si sono adeguati alla politica dei tagli, salvo poi invocare comuni iniziative istituzionali contro il Governo.
E qui si giocano le contraddizioni del modello toscano e degli amministratori del Pd con i loro rinnovi degli appalti al ribasso, senza clausole sociali a salvaguardia dei lavoratori e delle lavoratrici più deboli. Colpita questa forza lavoro, colpita una utenza che ha bisogno di servizi sociali senza i quali è condannata alla indigenza, all’abbandono, alla miseria, alla malattia e all’ignoranza.
Quello che l’opinione pubblica deve sapere è che i progetti a rischio sono quelli destinati ai settori sociali più deboli: anziani, diversamente abili, minori, adolescenti, migranti. Per queste ragioni diffidiamo della falsa solidarietà di tanti assessori e sindaci che oggi ricordano i tagli del governo ma poi perseguono politiche analoghe nei comuni, nelle asl, nelle regioni, politiche di sfruttamento della forza lavoro, di compatibilità dei bilanci con i tagli, di riduzione delle spese quando invece aumentano i soldi destinati alla politica e agli staff, sempre più esosi, degli assessori.
Contro questa politica dell’oblio, la politica che dimentica gli operatori sociali, gli sfruttati e si ricorda degli utenti solo quando c’è da salvaguardare i finanziamenti regionali e statali, ci mobilitiamo rivendicando la difesa dei servizi e dei progetti ma al contempo una società della salute non costruita sul precariato e sullo sfruttamento.
COBAS COOPERATIVE SOCIALI- CONFEDERAZIONE COBAS
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