Nei giorni scorsi è partita dall’Italia una folta delegazione di pacifisti e attivisti del movimento contro la guerra per partecipare alla Gaza Freedom March. Ad un anno dai sanguinari bombordamenti contro i territori palestinesi, è ormai accertato l’uso criminale, da parte israeliana, di bombe al fosforo contro la popolazione civile.
Questa marcia ha come obiettivo non solo la consegna di fondi raccolti per finanziarie gli ospedali nei territori occupati e l’acquisto di macchinari per gli stessi, la marcia vuole richiamare l’attenzione dei media verso il dramma del popolo palestinese, per rompere quell’embargo economico che ha gettato sul lastrico migliaia di uomini e donne affamate dall’esercito di occupazione israeliano e dall’ignavia occidentale.
La delegazione italiana, alla quale si aggiungono le delegazioni di altri paesi occidentali tra i quali anche una degli Usa, è stata bloccata dall’esercito Egiziano che ne ha impedito l’ingresso in Palestina.
Gli interessi che legano alcuni paesi arabi ad Israele, la paura di ritorsioni militari ed economiche, hanno prevalso sulle ragioni umanitarie e politiche, sulla giusta e necessaria condanna dell’attacco militare di un anno fa per chiedere la distruzione del Muro che Israele ha eretto attorno ai territori occupati, un muro che impedisce ai palestinesi la libera circolazione nelle loro terre, che determina la chiusura di scuole e università e la paralisi dell’economia locale.
Per questo, solidarizzare con i pacifisti attualmente fermi al Cairo significa chiedere al Governo egiziano di aprire le frontiere e di non rendersi complice con l’occupazione militare di Israele.
Confederazione Cobas di Pisa