Riprendendo concetti quali contaminazione e influenza,
ecco un altro esempio di come mischiando e sperimentando forme diverse
di musica e tecnica musicale, si ottengono risultati nuovi, freschi e
di indubbio fascino.
Gli ingrendienti di questo album sono tre: jazz, elettronica e rap (con una spruzzata di trip-hop).
"ORRORE!!"
Sicuro pensiero magari di chi sta leggendo, certo che almeno uno (se
non due) di questi generi c’azzecca zero con gli altri. Eppure vi posso
assicurare che dopo due tre ascolti delle tredici tracce, di cui è
composto l’album, dal calderone esce un profumo niente male!
Rvan Ritche e Tamil Rogeon
sono il cervello motore della band e di talento ne hanno a quintalate.
Gli arrangiamenti sono di loro invenzione, ma la band tutta è formata
da musicisti di prim’ordine…e si sente.
Vengono da Melbourne,
Australia, e suonano un bel jazz nuovo (prevalente nella prima parte
dell’album), ma allo stesso tempo che ammicca allo stile classico, come
se volessero ritrasformarlo per renderlo fruibile ai giovani sclamanati
dei giorni nostri che al solo nominare Duke Ellington cadono tramortiti al suolo in un sonno profondo.
Ci riescono? Arduo dirlo.
La
seconda parte dell’album invece è molto “spaziale”, come la copertina,
suoni dilatati ed elettronici e forse qui si spingono troppo nella
sperimentazione e le tracce arrancano un po’.
Che dire…vi piaccioni i The Cinematic Orchestra? Amate i Gothan Project?
Non siamo di certo a questi livelli, ma i numeri per me ci sono tutti per un futuro interessante.
Rasmas