Non staremo a fare troppi discorsi, probabilmente non c’è nessuna grande evoluzione in corso, nessun salto di categoria. Come al solito, invece, inizieremo pian piano ad utilizzare semplicemente un nuovo mezzo per veicolare il nostro progetto.
Partiremo da una versione “beta” che subirà nel tempo modifiche, aggiornamenti, cambiamenti di ogni sorta, in itinere.
Come sempre i primi tempi faremo fatica, ma alla fine lasceremo che il mezzo che utilizziamo si plasmi al meglio attorno alle nostre esigenze, in costante evoluzione.
Il perché di questo cambiamento è semplice: al giorno d’oggi abbiamo scoperto che gli strumenti che ti offre la rete riescono a farti gestire un sito esattamente come un blog, e allora che sito sia.
In questo modo avremo più possibilità grafiche e strumenti a disposizione.
Certo, ci dispiace lasciare così noblogs. Con lui siamo cresciuti, abbiamo imparato un po’ di grammatica html, css. Noblogs ci ha dato grandi possibilità nonostante le nostre poche capacità informatiche, e tutto questo a titolo totalmente gratuito, senza mai chiederci niente in cambio e con l’assistenza, tramite forum, di chi come noi ha imparato passo passo a gestire tale piattaforma.
Ora è giunto il momento di cambiare. Ci piace dire che ancora una volta lo facciamo con le sole nostre forze e l’aiuto di un amico in più che si è aggiunto al progetto.
La struttura del sito che troverete da oggi in poi, all’indirizzo autautpisa.it, è ancora poco collaudata, in via di miglioramento e potrebbe diventare perciò tutt’altra cosa tra meno di un mese.
Questo non perchè ci piaccia essere imprevedibili, ma perché cambiamo spesso idea e difficilmente ci accontentiamo dei risultati.
Il lavoro che continueremo a fare sarà più o meno lo stesso, anche se partiranno a breve nuove collaborazioni che arricchiranno il progetto.
Pochi giorni fa, durante un’iniziativa, uno di noi descriveva così il nostro progetto:
Credo che per spiegare cos’è l’Associazione Aut Aut, sia fondamentale spiegare chi è che la compone: siamo un gruppo di studenti, studenti-lavoratori precari o solo precari che provengono da diverse esperienze di lotta politica e che stanchi di subire passivamente il totale asservimento dei mass media ai poteri forti di turno, hanno deciso di lavorare sul tema della contro-informazione.
A primo impatto il termine contro-informazione risulta altrettanto vuoto e abusato del termine mass-media. Tenterò di spiegare dunque il modo esatto in cui i componenti dell’associazione intendono questo termine.
Cominciamo col dire che nessuno di noi è un giornalista, né pretende di esserlo. Essere un giornalista significa avere tempo, e soprattutto energie mentali e materiali. Tutte cose che persone che si devono fare in quattro tra lavoro, studio e impegno politico non hanno, né cercano. Avere energie materiali per fare giornalismo, significa infatti vendere e vendere significa lavorare alla creazione di un prodotto che sia spendibile sul mercato. Ciò non significa che secondo noi un giornalista non possa, per definizione, fare contro-informazione, ma solo che non è questo il ruolo che ci siamo ritagliati.
Per noi fare contro informazione significa partire da noi stessi, dalla nostra posizione, dalla nostra vita di lavoratori, studenti, militanti. Significa raccontare ciò che ci succede, ciò che ci sta intorno, ciò che ci colpisce, che ci fa arrabbiare, che ci spaventa. E soprattutto significa farlo rinunciando in partenza a una neutralità che crediamo sia impossibile raggiungere. Pensiamo infatti che non esistano fatti nudi che, come se ci si trovasse in un laboratorio, è possibile isolare e analizzare e per questo cerchiamo di rendere il nostro essere schierati – e l’esserlo esplicitamente – garanzia di onestà.
Pensiamo poi che la contro-informazione non tocchi esclusivamente l’aspetto formale del fare infomazione.
Crediamo infatti, e in questo ci riallacciamo ad una lunga tradizione, che compito di chi fa contro-informazione sia far emergere quelle che un fumetto che tra poco presenteremo definisce perfettamente con l’espressione “zone del silenzio”. Cosa sono le zone del silenzio? Sono tutti quei luoghi in cui l’informazione ufficiale non arriva e non è mai arrivata: sono le carceri, i C.I.E, sono i luoghi di lavoro in cui si muore, sono le mura domestiche in cui si subiscono violenze e umiliazioni, sono i campi di Rosarno. Sono tutti quei luoghi che vengono sistematicamente tagliati fuori dal moderno imperativo della visibilità.
Attraverso il sito, attraverso iniziative editoriali, attraverso altre iniziative, cerchiamo di far parlare le zone dal silenzio, dando loro voce quando non ce l’hanno, e rivendicando le loro ragioni quando la loro voce è distorta.
Penso che questo sia quello che siamo.
Da oggi in poi continuate a seguirci su:
L’indirizzo è pure più facile, no?