La politica che Tel Aviv porta avanti contro i palestinesi è "un crimine contro l’umanità". Il pesante giudizio non arriva da un gruppo filopalestinese, ma dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha stilato un raporto in 99 punti per sollecitare Israele a cambiare politica. Per Richard Falk, che ha presentato il rapporto, l’assedio della Striscia di Gaza rappresenta una punizione collettiva che colpisce tutta la popolazione civile, e quindi un crimine contro l’umanità sul quale sarebbe giusto indagasse il Tribunale internazionale delle Nazioni Unite. "Il governo di Israele sta ricevendo moltissime critiche da ufficiali solitamenti molto cauti, ad un livello che non si vedeva più dai giorni dell’apartheid sudafricano – ha dichiarato Falk – ma nonostante questo mantiene l’assedio di Gaza in tutta la sua violenza, permettendo l’ingresso di una quantità di cibo e carburante che basta a mala pena a ritardare la fame e le malattie fra la popolazione".
Il Consiglio per i diritti umani ha chiesto a Tel Aviv, fra le altre cose, di cessare immediatamente l’assedio e di liberare i detenuti arabi.
Israele ha esercitato uno stretto controllo su tutte le merci in entrata nella Striscia, dove vivono circa un milione e mezzo di palestinesi, dal giugno del 2007, da quando cioè Hamas ha vinto le elezioni ed è salita al potere.
”Sarebbe un dovere per una Corte criminale internazionale investigare sulla situazione e determinare se i leader politici israeliani e i comandamenti militari responsabili dell’assedio di Gaza non andrebbero accusati e processati per violazioni contro le leggi criminali internazionali”.
Una rapporto spinoso. Parole pesanti come macigni, anche perché a pronunciarle non è un attivista filo palestinese, ma Richard Falk, docente universitario di diritto internazionale, ebreo statunitense. Il professor Falk, ieri, ha relazionato così davanti al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra. Il Consiglio, composto da 47 membri, ha discusso due giorni della situazione a Gaza, ascoltando il suo inviato. Falk ha esposto la situazione del rispetto dei diritti umani nella Striscia di Gaza, dove era stato inviato dall’Onu in qualità di inviato speciale, tracciando un quadro disarmante. Falk si è spinto fino a rinvenire nella politica israeliana a Gaza gli elementi della ‘punizione collettiva’ di un popolo, un ”crimine contro l’umanità”. L’inviato dell’Onu ha concluso il suo intervento chiedendo alle Nazioni Unite un intervento urgente sulla questione. Anche Aaron Leshno Yaar, ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, ha presenziato all’audizione, traendone però conclusioni opposte. Yaar, alla fine, si è infatti detto soddisfatto del dialogo in Consiglio, definito ”positivo e produttivo”.
Gaza appesa a una promessa. Produttivo di sicuro, visto che il Consiglio stesso ha diramato alla fine una lista di 99 raccomandazioni per il governo d’Israele, finalizzate al miglioramento del rispetto dei diritti umani dei palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Il governo di Tel Aviv si ripresenterà di fronte al Consiglio entro marzo di quest’anno per rendere conto delle iniziative prese in tal senso.
Nessun palestinese è stato invitato. Nessuno ha potuto quindi raccontare la vita quotidiana del milione e mezzo di palestinesi rinchiusi nella Striscia e soffocati dall’embargo che Israele ha posto in essere dopo la guerra civile che ha portato il movimento islamico di Hamas a scacciare Fatah e a prendere il controllo di Gaza nel 2007. Ma già dopo la vittoria elettorale di Hamas l’anno prima, in elezioni definite trasparenti da tutti gli osservatori internazionali. Da un anno a questa parte, Israele a Gaza fa entrare solo aiuti umanitari, ma solo quando lo ritiene opportuno. La popolazione è allo stremo. Dovrà aspettare almeno fino a marzo per un’altra riunione.
(Peacereporter.net)