Il nuovo anno inzia con i migliori auspici, l’Ateneo di Pisa infatti riesce ancora una volta a dimostrare non solo che la crisi non è affatto finita, ma anzi che in alcuni settori proprio adesso incomincia a fare seri danni.
Se di danni si parla, è evidente che a subirli sono i soggetti più deboli, quelli su cui vengono scaricati anni di malgestione e i sempre maggiori tagli.
Le questioni che in questo momento attanagliano i lavoratori di questo Ateneo sono più o meno tre.
1° Gli stabilizzandi tecnici amministrativi.
Nella graduatoria dei tecnici amministrativi da stabilizzare, ovvero quelli con contratti a tempo determinato e con le clausole idonee alla stabilizzazione, ci sono attualmente una novantina di persone.
Tramite un lungo braccio di ferro e un’azione legale, visto che le stabilizzazioni sono previste per legge, i precari sono riusciti a far firmare all’Università un’intesa presso la direzione provinciale del lavoro. Tale firma, arrivata dopo una delibera del consiglio d’amministrazione, prometteva l’assunzione di tutti gli stabilizzandi in tre “tranche” di 30 lavoratori ciascuna.
La prima tranche, ovvero i primi 30 lavoratori precari, dovevano essere assunti entro dicembre 2009, per la seconda e la terza, i restanti 60 lavoratori, la situazione è più complicata.
L’università promette di assumere a giugno 2010 i secondi trenta e a dicembre 2010 gli ultimi. Queste due ultime tranche però sono legate al famoso tetto del 90% di spesa al personale in rapporto al fondo di funzionamento ordinario che arriva dal ministero. Se il tetto viene sfondato, niente assunzioni, finchè non si rientra. Dunque almeno la prima tranche doveva essere “sicura”.
Purtroppo però a gennaio 2010, al rientro in servizio, i precari non vedono stabilizzazione. Viene meno un patto sottoscritto, viene meno il diritto dei lavoratori. Per alcuni di essi l’Ateneo pratica un aumento delle ore di servizio, quasi a dare un contentino per addolcire la pillola amara rappresentata dalla promessa non mantenuta.
Atto ignobile e contro ogni limite, direte voi? Ma non finisce qui.
2° Ricercatori precari.
Dicembre 2008, cade la scura dei tagli tremontiani sull’Università (ddl 133), quindi si paventano situazioni di bilancio future molto critiche. Il Rettore, nonostante questo, rassicura i precari della ricerca, nel tentativo forse di cavalcare la protesta contro la legge del governo. Esclama dunque su tutti i giornali che ci sarebbero stati 65 concorsi di ricercatore nel 2010. L’ostruzionismo della Gelmini crea però nuovi ostacoli, ma resta la possibilità di bandire 17 concorsi oltre ai 17 sicuri perché finanziati dal ministero. La tabella del ministero uscita nel dicembre 2009, parla chiara in questo senso. Ad oggi, 21 gennaio 2010, il Rettore non ha ancora risposto alla richiesta dei precari della ricerca di convocare d’urgenza un tavolo di confronto allo scopo di discutere dell’utilizzo di questi fondi che arrivano dal ministero e che riguardano l’ultima tranche dei cosiddetti "fondi Mussi".
Insomma non è dato sapere a tutto l’Ateneo, cosa intenderà fare l’Università di Pisa, perché il Rettore continua a tacere.
Come è possibile?
C’è dell’altro.
3° The last but not the least: i Bibliotecari esternalizzati.
Innanzitutto è bene sapere che c’è una cooperativa che, attualmente, gestisce attraverso 18 lavoratori tutti i servizi integrativi delle biblioteche (che poi tanto integrativi non sono…). Lavorano su appalto regolarmente affidato con gara triennale, rinnovabile per altri tre anni.
Sulla gara d’appalto si potrebbe dire molto, tipo che il criterio dell’offerta economicamente più bassa, quando si esternalizzano servizi culturali, la dice lunga su quali siano le intenzioni di questa università in ambito culturale.
Ma andando al sodo. A due giorni dal rientro in servizio, dopo le vacanze natalizie, viene comunicato ai lavoratori che alcune biblioteche hanno ridotto i servizi di apertura, conseguentemente hanno ridotto le loro ore.
La situazione è questa, a Medicina si chiude il sabato mattina, ad Antichistica invece che alle 20.00 si chiude tutti i giorni alle 18.00, il sabato pomeriggio a Matematica e Fisica vuole essere abolito e stessa sorte per il sabato mattina ad Economia.
Scelte fatte, in molti casi, dalle direttrici, ma c’è da dire che alcune (non tutte) avevano previsto di non far perdere ore agli esternalizzati, magari attraverso qualche spostamento.
Non tutte però ci riescono, qualcuno dei lavoratori perde comunque fino a 10 ore settimanali, perde la possibilità di avere un contratto decente, ma non è ancora tutto…
Si ventila l’ipotesi che due strutture chiudano i servizi di apertura serale, che doveva riprendere a metà febbraio, appena finiti gli appelli d’esame (logico no?).
Le strutture sono, Ingegneria ed Economia, due delle più grandi biblioteche universitarie. Niente più apertura fino alle 23.00 insomma, alle 20.00 tutti a casa, o forse pure alle 19.00.
Sempre idea di alcune direttrici, che commentano dicendo che il serale è un lusso che non si possono più permettere. Chissà se invece il servizio bibliotecario si può permettere il numero spropositato di dirigenti, messi lì a dirigere un esercito di soli generali. Ma tant’è…
Per i lavoratori iniziano ad essere dolori, si paventano licenziamenti.
Poi martedì mattina (19/01) c’è una riunione di tutte le direttrici, dovranno decidere il da farsi sul serale e sul nuovo orario, ed ecco che arriva il colpo di scena.
La dirigente in capo (dirigente dei dirigenti) dice di aver avuto un’incontro con la ragioneria dell’ Ateneo e spiega a tutte quanto segue:
Da bilancio preventivo 2009, approvato in cda a dicembre, il servizio bibliotecario d’Ateneo, per tutto il 2010, ha risorse da investire per l’appalto con la cooperativa di non oltre 100.000 euro.
Considerando che l’anno scorso la spesa è stata di 239.000, il taglio è di oltre il 50%.
Hanno calcolato che anche abolendo il serale in ogni sede (tutte le biblio chiudessero alle 19.00), la spesa diminuirebbe di soli 47.000 euro, motivo per cui sono in discussione tagli anche a tutti i servizi giornalieri.
La dirigente passa quindi a chiedere ad ogni struttura di presentare un piano di tagli per la propria sede, specificando che è ovvio che se qualcuno taglia 30, qualcunaltro dovrà tagliare 70.
L’unico modo per attutire i tagli è che le varie sedi paghino con soldi loro le ore d’appalto, ma visti i tagli dell’anno scorso alle biblioteche e considerando che da facoltà e dipartimenti arrivano sempre meno fondi, il finale è scontato.
Alla situazione attuale quasi tutti i lavoratori della cooperativa stanno per perdere in media il 50% delle ore. Tutte le strutture bibliotecarie, o quasi, avranno significative riduzioni negli orari di apertura.
I lavoratori rischiamo di perdere il lavoro, gli studenti e tutta l’utenza delle biblioteche perdono la possibilità di studiare in strutture provviste di materiale di approfondimento allo studio e di personale capace di aiutare dando informazioni bibliografiche e non solo.
La situazione è drammatica, quanto scritto verrà formalizzato domattina in un’incontro tra la coordinatrice della cooperativa e l’Università.
L’università comunque ha già deciso, vuole arrivare con questi 100.000 euro fino a dicembre 2010. La motivazione? Semplice, non ci sono soldi e quindi hanno deciso di stringere la cinghia… sul collo dei lavoratori.
Questi tagli cadono ovviamente sui lavoratori come su tutti gli utenti, in primis gli studenti che ormai pagano fino a 1.900 euro l’anno di tasse.
Insomma tra una decina di giorni troverete dei nuovi orari attaccati alle porte delle vostre biblioteche, vi ho avvertito.
Già… perchè tutto ciò dovrebbe entrare in vigore a febbraio e i lavoratori lo sapranno ufficialmente domani.
Quando vogliono sanno essere veloci, pure troppo.
La lista non finisce certo qui, ma diciamo che queste sono le questioni più "scottanti".
Come potete capire non c’è bisogno di andare a Termini Imerese per vedere i lavoratori sui tetti, basta avere pazienza e guardare in direzione del Palazzo “Alla Giornata”, la cui scritta adesso mi è molto più chiara.
Vinz